Si consolida ancora di più il primato di Telecom Italia sul Ftse Mib. L’ex monopolista è oramai da tempo la miglior quotata 2025 del paniere di riferimento di Piazza Affari forte di un rialzo di ben il 105 per cento da inizio anno. Per farsi un’idea della vera e propria scalata al vertice di TIM è sufficiente tenere conto che i soli due altri titoli capaci di registrare una progressione a tripla cifra (Banca Popolare di Sondrio e Iveco) sono in realtà più o meno fuori dai giochi visto che la BPSO è stata acquisita da BPER Banca e Iveco, ad eccezione della divisione veicoli industriali, è stata ceduta a Tata Motors.
Telecom Italia, invece, era e resta una storia del Ftse Mib e per questo il suo rialzo del 105 per cento fa ancora rumore. Al di là dei primati c’è un secondo motivo per cui l’attenzione degli investitori resta inchiodata su TIM. Di solito, infatti, quando c’è una forte crescita nel lungo periodo, il rischio che su intervalli di tempo più brevi possa esserci un rallentamento tende ad aumentare. Spesso non servono neppure notizie negative per far scattare i realizzi. Ebbene di tutto questo nella dinamica di Telecom Italia non sembra proprio esserci traccia alcuna. L’ex monopolista, infatti avanza anche su base mensile, intervallo su cui evidenzia un verde del 7 per cento. E che dire poi del +2 per cento a quota 0,503 euro che è in atto oggi?
Insomma con queste premesse non sarebbe strano ritrovarsi Telecom Italia protagonista anche nel 2026.
Perchè le azioni TIM continuano a piacere agli investitori
Il rialzo di oltre il 100 per cento messo a segno da TIM nel 2025 e soprattutto il fatto che il titolo non stia battendo la fiacca hanno sollevato interrogativi tra gli operatori di mercato, soprattutto se confrontati con una performance economico-finanziaria che, nelle comunicazioni trimestrali, non ha mostrato un miglioramento altrettanto eclatante. La spiegazione di questo grande appeal va quindi cercata meno nei fondamentali correnti e più nelle aspettative strategiche che il mercato sta progressivamente incorporando nel prezzo del titolo.
Il primo fattore chiave è il contesto di consolidamento atteso nel settore delle telecomunicazioni europee. Gli investitori stanno scontando uno scenario in cui la frammentazione del mercato non è più sostenibile nel medio termine, soprattutto in presenza di elevati fabbisogni di capitale per reti, 5G e servizi digitali. In questo quadro, TIM viene percepita come un asset centrale negli equilibri futuri del settore italiano ed europeo, sia per dimensioni sia per infrastrutture, indipendentemente dalla debolezza di alcuni indicatori di breve periodo.
Un secondo elemento rilevante riguarda il cambio di percezione sulla governance e sull’azionariato. L’incremento della partecipazione di Poste Italiane fino al 27,3 per cento tramite l’acquisto della quota residua precedentemente detenuta da Vivendi, ha rappresentato un passaggio strategico. Non tanto per l’entità dell’investimento in sé, quanto per il segnale implicito al mercato: Poste si consolida come primo azionista stabile e rafforza l’idea di una presenza attiva nelle scelte industriali di TIM, anche senza il ricorso immediato a una OPA totalitaria.
Questa mossa riporta inoltre al centro il tema delle soglie rilevanti di partecipazione. Il dibattito regolatorio su un possibile innalzamento del livello di attenzione verso il 30 per cento alimenta aspettative su scenari futuri, mantenendo elevata la sensibilità del titolo a qualsiasi sviluppo normativo o societario. In termini finanziari, ciò si traduce in un premio per l’opzionalità strategica incorporata nel prezzo dell’azione.
Telecom Italia come equity story
Scendendo ancora più nello specifico, un ulteriore driver è rappresentato dalla maggiore reattività del titolo alle notizie su governance e operazioni straordinarie. TIM è diventata un equity story fortemente event-driven: indiscrezioni su assetti, partnership, integrazioni industriali o tempistiche regolatorie hanno un impatto immediato sulle valutazioni. Questo aspetto è particolarmente apprezzato dagli investitori istituzionali e speculativi, che vedono nel titolo un veicolo per posizionarsi su possibili catalizzatori di medio periodo.
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E per finire, pesa il sentiment positivo degli analisti, che tendono a valutare Telecom Italia più per il suo potenziale strategico che per i numeri attuali di conto economico. Le valutazioni enfatizzano il miglioramento del profilo finanziario post-riorganizzazione degli asset, la riduzione del rischio sistemico e la possibilità di valorizzazioni future attraverso integrazioni industriali o razionalizzazioni del perimetro.
Volendo trarre delle conclusioni, quel rialzo del 105 per cento del 2025 non riflette un improvviso salto dei fondamentali, ma una rivalutazione del ruolo strategico di Telecom Italia. Il mercato non sta comprando il presente, bensì una combinazione di opzioni: consolidamento settoriale, stabilità dell’azionariato, flessibilità industriale e potenziali operazioni straordinarie.
È questa asimmetria tra risultati correnti e aspettative future a spiegare perché, nonostante il forte rialzo, TIM continui a risultare attraente per una parte significativa degli investitori.
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