
Il rally del prezzo del petrolio è l’effetto più evidente della recrudescenza della tensione in Medio Oriente dopo l’attacco di Israele contro siti nucleari iraniani. La correlazione tra i due eventi (azione di Gerusalemme e rialzo del greggio) non ha stupito nessuno. Da sempre, infatti, gli eventi nell’area mediorientale influenzano in modo marcato le quotazioni petrolifere.
Questa volta, però, siamo andati decisamente oltre quello che, di media, è avvenuto nelle passate situazioni. Non appena sono arrivate le prime notizie dell’attacco, il prezzo del petrolio è arrivato a guadagnare ben il 13 per cento. Successivamente il rialzo si è smussato ma anche quell’8 per cento di rialzo in atto a metà giornata (Brent sopra ai 75 dollari al barile e WTI oltre i 73 dollari al barile) fa impressione.
Conseguenza inevitabile della dinamica in atto sul mercato del petrolio è il riversamento dei trader su questo asset. Ora, come si può intuire facilmente, il greggio fisico non si può comprare. Ci sono tanti ETF sul petrolio ma essi sono più che altro adatti a strategie di investimento di lungo termine. Se l’obiettivo è speculare sul boom odierno delle quotazioni, lo si può fare con strumenti derivati come i contratti per differenza. Tra i broker che permettono di fare trading con i CFD sul petrolio a condizioni competitive e spread molto bassi c’è FP Markets.
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La paura che spiega il rally del prezzo del petrolio
Non basta dire che il prezzo del petrolio sta volando perchè Israele ha attaccato l’Iran. Questa è una spiegazione generale ma dinanzi alle dimensioni del rally (se qualcuno non se ne fosse accorto si tratta del più grande balzo intraday messo a segno dall’epoca del covid) è necessario focalizzare quella che possiamo chiamare come la madre di tutte le preoccupazioni.
Quale è questa grande paura che sta spingendo a comprare in modo quasi forsennato? Ovviamente la possibile interruzione delle forniture mondiali di greggio attraverso lo Stretto di Hormuz. Il rischio che l’Iran possa decidere di chiudere il passaggio alle navi da questo lembo di acqua c’è e sarebbe un grave problema visto che dallo stretto transita il 25 per cento degli scambi mondiali di petrolio.
Ovviamente l’OPEC+ non resterebbe ferma dinanzi ad una simile ritorsione e riattiverebbe la sua capacità fin ad ora inutilizzato. Lo stop dell’Iran al traffico attraverso Hormuz, limerebbe il potenziale di contrappeso che questa reazione può comportare.
Insomma, forse quel 13 per cento che le quotazioni petrolifere sono arrivate a perdere è irrazionale, ma le preoccupazioni ci sono tutte.
Cosa fare con il petrolio dopo l’attacco di Israele? Le opinioni degli analisti
Dinanzi alla rapidità di crescita del prezzo del petrolio, gli interventi degli analisti non si sono fatti attendere.
Secondo gli analisti di Equita, il rialzo recente – stimato in circa 10 dollari al barile – riflette la crescente preoccupazione per un possibile deterioramento della sicurezza nell’area mediorientale e, in particolare, per il rischio di interruzioni delle forniture.
In una nota la sim milanese ha affermato che a maggio, l’Iran ha prodotto 3,36 milioni di barili di greggio al giorno, poco più del 3 per cento della produzione mondiale. Circa metà di questi volumi è stata destinata all’export. L’ipotesi di un conflitto diretto o indiretto con Teheran alimenta i timori di un blocco – anche temporaneo – dello stretto di Hormuz. Anche se 6-7 milioni di barili potrebbero teoricamente essere reindirizzati via pipeline, un’interruzione sullo stretto provocherebbe turbulenze immediate sui prezzi globali.
Non solo petrolio: il gas naturale liquefatto (LNG) è anch’esso esposto. Si stima che fino al 25 per cento dei volumi globali di LNG transiti attraverso quest’area, mettendo ulteriormente sotto pressione i prezzi europei. A testimonianza, ad Amsterdam il prezzo del gas è salito del 3 per cento a quota 37 €/MWh.
Secondo ING, la situazione “aumenta significativamente l’incertezza geopolitica e richiede al mercato di prezzare un rischio maggiore legato a potenziali interruzioni”. Anche Priyanka Sachdeva (Phillip Nova) avverte che la giornata odierna sarà dominata da volatilità estrema, e che “la propensione al rischio degli investitori nel settore oil sarà messa seriamente alla prova“
Nonostante queste prospettive, va però precisato che i fondamentali di domanda e offerta continuano a restare sotto controllo, grazie ai recenti annunci di aumento della produzione da parte dell’OPEC. Ovviamente in presenza di un’escalation bellica, l’equilibrio tecnico del mercato potrebbe cedere di fronte a shock esogeni, e i prezzi – già elevati – potrebbero ulteriormente salire nel breve termine.
Come investire sui CFD petrolio con FP Markets

Dal punto di vista operativo, in un contesto di forte volatilità e possibili shock rialzisti, è essenziale adottare strategie flessibili tra cui:
- posizioni di breve termine, con monitoraggio attento dei livelli di supporto e resistenza
- uso di stop-loss ragionati per contenere il rischio in mercati compressi dalla geopolitica
Il broker FP Markets (regolamentato ASIC e CySEC) noto per l’esecuzione rapida, gli spread competitivi e l’accesso a piattaforme avanzate come MetaTrader 4 e 5 può essere l’ideale per implementare questo genere di strategie sui CFD petrolio.
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Il petrolio è disponibile nelle varianti WTI (West Texas Intermediate) e Brent, entrambi con leva.
Una volta definita la strategia sul prezzo del petrolio, il trader può:
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