Le banche coinvolte nella maxi frode fiscale da 55 miliardi di euro

Tra le notizie finanziarie più interessanti di oggi c’è quella relativa alla presunta maxi frode fiscale da 55 miliardi di euro che vede coinvolte banche e fondi di investimento di molti paesi. L’indagine è stata avviata dalla Procura della Repubblica di Colonia, in Germania, e si avvale anche della collaborazione delle procure di Francoforte e Monaco.

Al centro dell’inchiesta c’è uno schema di compravendita di azioni di società quotate dietro al quale si sarebbe nascosta una evasione fiscale da capogiro. Una frode così vasta avrebbe richiesto il coinvolgimento di decine di figure e di società. Non è quindi un caso se nell’elenco dei soggetti indagati figurano broker, società di revisione, studi legali e ovviamente banche. 

Se per quello che riguarda i nomi dei soggetti fisici coinvolti vige ancora il massimo riservo, i nomi delle banche che avrebbero partecipato alla maxi frode sono invece noti. Gli investitori stanno infatti conducendo le loro indagini su centinaia di transazioni che sono state gestite da Santander, Goldman Sachs, Barclays, Bank of America, Macquarie Group, Societe Generale, BNP Paribas e ancora Credit Agricole e HypoVereinsbank, istituto che fa capo al gruppo Unicredit. Secondo alcune indiscrezioni della stampa tedesca, nel periodo ci tempo compreso tra il 2001 e il 2016, le banche al centro dell’ingagine avrebbero sottratto al fisco ben 31,8 miliardi di euro. I comportamenti illeciti si sarebbero verificati praticamente ovunque. In particolare il fisco italiano avrebbe perso circa 4,5 miliardi di euro. Decisamente maggiore il danno per il fisco francese con ben 17 miliardi sottotratti all’erario sempre seguendo lo schema della compravendita di azioni di società quotate. 

Le dimensioni della frode sono così ampie che non è errato ritenerla una delle evasioni fiscali su vasta scala più consistenti di tutti i tempi. 

Lo schema della frode fiscale delle banche 

Come hanno fatto le banche citate a frodare il fisco per così tanti miliardi? Lo schema fiscale finito sotto accusa era elaborato e per questo motivo difficile da ricostruire dagli inquirenti. Il meccanismo si basava sulla compravendita di azioni nel periodo imminente allo stacco del dividendo e sul successivo rimborso fiscale della tassa sui guadagni di capitale. 

L’origine della frode si trova nelle pur autorizzate attività di arbitraggio sui dividendi cui da sempre si ricorre  per ridurre le imposte pagate per la riscossione delle cedole. Le strategie cum ex finalizzate alle restituzione dell’imposta sui guadagni sul capitale che vengono applicati ai dividendi, vanno però decisamente oltre quella che può essere considerata come una consuetidine tollerata dal fisco. 

Concretamente nell’ambito di operazioni di cum ex, i fondi di investimento danno incarico a broker e società finanziarie di acquistare azioni di una società quotata prima del pagamento del dividendo. Tali titoli sono comprati da un venditore che, di fatto, non ha effettivamente le azioni nel momento in cui viene effettuata la vendita.

Lo schema della maxi frode scoperta in Germania era basato sull’utilizzo di fondi esteri che avevano diritto a restituzioni totali o parziali di imposte sul reddito da capitale sulla base di specifici accordi tra stati. 

A norma le operazioni di compravendita non sono registrate nello stesso momento dell’ordine ma solo in una fase successiva. Di conseguenza se il fondo di investimento dava ordine di comprare i titoli di una società di lì a pochissimo impegnata con lo stacco della cedola, quando avveniva la consegna delle azioni, il pagamento della cedola era già avvenuto. Il risultato di questo complesso meccanismo era la diminuzione del valore delle stesse azioni ex dividendo. 

Tuttavia quando il fondo di investimento che aveva commissionato l’acquisizione dei titoli, le azioni era ancora cum dividendo ossia con il valore della cedola incorporato. Di conseguenza, il venditore era tenuto a risarcire il fondo di investimento pagando una somma uguale al dividendo.

Il pagamento compensativo, per legge, era tenuto alle stesse imposte applicate sul dividendo originale. Tuttavia in questa fattispecie, l’obbligo di trattenere l’imposta spettava alla banca che vendeva i titoli. E’ proprio a questo punto del complesso meccanismo che scattava il comporamento fraudolento. Se l’istituto bancario aveva sede fuori dalla Germania allora non era tenuto ad applicare le ritenute fiscali. Pur in presenza di questo limite, il fondo di investimento della banca che aveva acquisito le azioni e che quindi aveva ricevuto il pagamento compensativo, poteva comunque attestare che le deduzioni erano state pagate al Fisco tedesco. Grazie a questo certificato maturava il diritto di poter poi chiedere alle autorità fiscali della Germania il rimborso di una imposta che, nella realtà dei fatti, non era mai stata pagata.

Come si può notare, quindi, lo schema della maxi frode fiscale sui dividendi attuata anche dalle citate banche, prevedeva un complesso passaggio di azioni tra ben tre investitori. Il danneggiato, ossia chi ci rimetteva, era il fisco ossia i singoli stati nazionali. Era lo stato, infatti, che andava a perdita con il sistema dei rimborsi mentre i tre investitori coinvolti nella maxi frode si spartivano la somma sottratta all’erario. 

Maxi frode fiscale: chi è l’ideatore?

Dinanzi ad un meccanismo così elaborato per frodare il fisco, è logico chiedersi chi sia stato l’ideatore di questo schema fraudolento in cui sono state coinvolte banche, fondi di investimento, broker e studi legali di mezza Europa e non solo. Secondo i magistrati tedeschi, in vetta a questa gigantesca truffa vi era una sola persona: l’ex ispettore del fisco tedesco Berger, poi diventato consulente fiscale di molte banche. Secondo i magistrrati tedeschi che stanno indagando su questa colossole frode, Berger già nel lontano 2008 aveva consigliato alla banca australiana Macquarie (istituto che è coinvolto nello scandalo) di effettuare trading cum ex. 

Secondo l’ideatore del meccanismo finito sotto accusa, però, non ci sarebbe stata in realtà alcuna evasione fiscale e quindi alcuna frode all’erario. Berger ha infatti affermato che fino al 2012 quella che oggi viene considerata frode era semplicemente un meccanismo, come tanti, non vietato da alcuna legge. Secondo l’ex ispettore del fisco tedesco, quindi, non c’è stata alcuna violazione di legge perchè la scappatoia a cui tanti hanno fatto ricorso non era vietata. Ovviamente la procura e i giudici sono di avviso diverso e ritengono che quella ideata da Berger sia stata una delle più grandi e complesse frodi fiscali degli ultimi decenni. Una frode che macchia tante banche di primo piano europee ma non solo. 

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