Contro l’evasione fiscale, nuove leggi sul contante. Ora quanti soldi posso portarmi dietro?

Era inevitabile che si diffondesse questa sensazione che il contante sia “mal visto” dalle istituzioni, con tutto quel che si è sentito in queste ultime settimane per quel che riguarda i progetti del governo in merito alla lotta contro l’evasione fiscale, con interventi mirati a ridurre l’uso del contante a favore di metodi di pagamento tracciabili per i propri acquisti.

Così è passato il messaggio che l’uso dei contati sia in un certo qual modo indice di evasione fiscale, quando naturalmente così non è. O quantomeno così non è detto che sia, mentre usando metodi di pagamento tracciabili (come bonifici, o sistemi ancora più rapidi come le classiche carte di credito e bancomat) è chiaro che viene fatto tutto alla luce del sole.

Ma da qui a dichiarare illegale il contante ce ne passa. I contanti si usano e si possono usare per le operazioni più disparate, basti pensare al gruzzoletto nel porcellino salvadanaio di casa, o a tesoretti ben più sostanziosi come quello derivante dalle “buste” consegnate agli sposi al termine del pranzo di nozze, per non parlare del movimento di contanti in occasioni delle festività natalizie, specie quando si tratta dei regali di zii e nonni.

Eppure il fisco i contanti li guarda con estremo sospetto, questo è innegabile, e in alcuni casi il sospetto diventa un ragionevole dubbio con conseguente accertamento che scatta da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Una verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate non la si augura a nessuno, quindi come si fa ad essere sicuri di poter stare tranquilli? Insomma i contanti si possono usare serenamente ma non troppo, perché cosa succede se nel portafogli, per un motivo o per l’altro, mi ritrovo ad avere ben più dei soliti 50 euro? E in casa mia, posso accumulare denaro contante tranquillamente o rischio di avere problemi con la legge?

Quanti contanti posso tenere in casa?

Proviamo a fare un po’ di ordine tra quello che dice la legge e situazioni di vita pratica che possono verificarsi comunemente. Diciamo che esistono dei comportamenti ritenuti “normali” o quantomeno socialmente accettati, che in un modo o nell’altro sono sotto gli occhi di tutti quasi ogni giorno.

Prendiamo ad esempio un giovane tecnico neolaureato che inizia a riparare pc e cellulari di amici o parenti, che per sdebitarsi gli pagano il disturbo permettendogli di iniziare a mettere da parte qualche spicciolo. Ma il nostro giovane tecnico o è molto bravo o ha molti parenti con pc difettosi, fatto sta che inizia a mettersi in tasca ogni mese un piccolo stipendio, a nero naturalmente.

La cosa può andare avanti per un bel po’ prima che il nostro giovane tecnico prenda la coraggiosa decisione di aprire partita Iva, e mettere su un negozietto con tanto di Pos. Così intanto gli incassi crescono e il denaro non passa dalle banche, si tratta di denaro contante che finisce ‘sotto la mattonella’ di casa sua.

Ecco il nostro primo caso, quello che riguarda non un delinquente ma un comune lavoratore alle prese con le prime non proprio limpide entrate. Ma come può gestire ora il gruzzoletto che ha accaparrato? Il Fisco non vieta di tenere contanti in casa, questo è chiaro, e salvo validi indizi non può presumere che i soldi in contante siano frutto di evasione fiscale.

Possiamo anche escludere una perquisizione del domicilio, che viene autorizzata dalla procura solo in seguito ad una indagine che si basa su prove concrete. Finché il denaro contante resta sotto la mattonella insomma il fisco non lo degnerà di alcuna attenzione, ma le cose cambiano completamente se si decide di depositare quel denaro in banca.

E’ qui che la situazione potrebbe complicarsi. Perché la legge stabilisce che se il contribuente effettua un versamento di contanti in banca, l’Agenzia delle Entrate può presumere che il denaro sia frutto di attività lavorativa, e cioè che derivi da lavoro nero, insomma da reddito non dichiarato. E’ qui che il fisco inizia a interessarsi a quei soldi.

L’ufficio delle imposte andrebbe quindi a verificare se il correntista ha riportato tali proventi nella dichiarazione dei redditi, e se non ci sono né fatture né altre specifiche che giustifichino quegli utili ecco che parte l’accertamento fiscale. Per il fisco quei soldi sarebbero quindi il risultato di una retribuzione per attività lavorative ed in quanto tale la somma verrebbe decurtata degli importi dovuti a titolo di tasse, nonché delle sanzioni amministrative eventualmente applicate.

Nessun procedimento penale, è chiaro, ma la multa da pagare potrebbe essere decisamente salata, ed è una cosa che è sicuramente preferibile evitare. Meglio quindi continuare a conservare i contanti in casa.

Depositare i contanti in banca non è l’unico modo in cui richiamare su di essi l’attenzione del fisco, potrebbe anche succedere che arrivi il momento di spendere una parte di quei soldi, ed è qui che bisogna fare attenzione.

Quanti contanti posso portare con me?

Anche qui, la legge non vieta di portarsi dietro un piccolo malloppo di contanti, ma in alcune situazioni la cosa potrebbe destare dei sospetti, ed innescare dei controlli che potrebbero avere esiti tutt’altro che graditi per il contribuente.

Facciamo un esempio pratico, e torniamo al nostro tecnico neolaureato. Ipotizziamo che decida di acquistare un computer, che magari userà proprio per il lavoro che un domani svolgerà a norma di legge, e che per acquistare quel computer decida di prendere 2.000 euro dai soldi che ha messo da parte e che conserva a casa.

Il caso vuole però che il tecnico viene fermato da un controllo della polizia e che nel produrre all’agente i documenti richiesti mostri involontariamente il contenuto del portafogli. Una somma simile può significare qualsiasi cosa, ma di certo non passa inosservata. Di per sé non rappresenta alcun illecito, ma potrebbe, e allora l’agente non potrà fare a meno di fare qualche legittima domanda.

E alle domande dell’agente conviene rispondere con cautela. Infatti se il tecnico dice che il denaro è stato appena prelevato dalla banca, è bene che sia la verità, perché basterebbe un rapido controllo per scoprirlo. Non va bene nemmeno dire che quei soldi sono il frutto del regalo di una nonna, se quest’ultima risulta percepire una pensione minima e arrivare a fine mese a stenti.

Al nostro giovane tecnico conviene dire piuttosto che il denaro è stato accumulato nel tempo, risparmi messi da parte negli anni grazie a regali di parenti e amici, che ci siamo finalmente decisi a spendere. In questo modo, anche se dovesse scattare un accertamento, cosa estremamente improbabile, se non altro non si rischia alcuna condanna penale, ma solo sanzioni amministrative, nella peggiore delle ipotesi.

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