Banca Popolare di Bari, i banchieri rovinano i loro stessi famigliari vendendo azioni a mogli e fratelli

E’ costato caro l’errore a chi aveva investito nella Banca Popolare di Bari. Ad una signora, ex insegnante di religione di scuola elementare, vedova e con figli da mantenere, affetta da sclerosi multipla complicata da progressiva sordità da entrambe le orecchie e da una grave osteoporosi, comprare le azioni della Banca Popolare di Bari è costato 181 mila euro, cioè tutti i risparmi della sua famiglia.

Ora per la sua situazione c’è in ballo il ricorso all’Arbitro per le controverse finanziarie e al Tribunale per provare a farle avere un indennizzo completo, ma non è l’unico caso, purtroppo. Il fatto è che tra le vittime dello scandalo ci sono anche parenti stretti degli stessi banchieri.

Tra il 2014 e il 2016 gli impiegati della Banca Popolare di Bari hanno venduto azioni ai loro stessi familiari, e non si parla di qualche cugino lontano, ma di fratelli, sorelle, madri e padri anziani, e in alcuni casi persino alle mogli. Azioni che sono state vendute anche a cognati e amici, così come racconta l’avvocato Antonio Pinto che sta presentato per Confconsumatori i ricorsi per circa 200 risparmiatori.

“Sto difendendo una valanga di parenti stretti dei dipendenti della banca” racconta l’avvocato “sempre più spesso mi capita di fare lo psicologo tra fratelli e sorelle, mogli e mariti”.

Distrutti 550 milioni di euro di risparmi

L’avvocato Pinto ha stimato che con le ondate di aumenti di capitale più recenti che riguardano la Banca Popolare di Bari, gli impiegati hanno distrutto qualcosa come 550 milioni di euro di risparmio delle famiglie.

Come detto però succedeva che gli impiegati della banca, i direttori di filiale stessi e i consulenti finanziari, vendevano le azioni ai loro stessi parenti, il che dimostra che fino a tre anni fa non avevano idea di cosa stessero facendo. I conti dei loro clienti venivano riempiti di titoli impossibili da rivendere, a prezzi altissimi, senza nessuna informazione in merito al livello di rischio, e a volte senza neppure tutte le firme necessarie.

In alcune filiali quindi non si trattava di malafede, ma di certo vi è stata anche molta incompetenza. Stiamo parlando di un’azienda che seleziona quadri capaci di rovinare i loro familiari, il che non depone certo a favore dei vertici della banca.

Ora infatti l’ex presidente Marco Jacobini e i suoi figli Gianluca e Luigi, rispettivamente co-direttore e vicedirettore generale, nonché l’ex amministratore delegato Vincenzo De Bustis dovranno rispondere davanti alla legge dei reati di cui sono accusati, uno dei quali è quello di ostacolo alla vigilanza della Banca d’Italia.

La prospettiva della nazionalizzazione della banca

Venerdì la Banca Popolare di Bari è stata commissariata dalla Banca d’Italia, e nel frattempo il Consiglio dei ministri ha varato il decreto per il salvataggio dell’istituto di credito pugliese.

Una linea iniziale, quella dell’esecutivo Conte bis che non trova grande consenso né nel Movimento 5 Stelle né in Italia Viva, infatti i due partiti disertano il vertice di venerdì sera. La soluzione per la quale si è deciso di optare alla fine, l’unica condivisa tra le varie componenti politiche della maggioranza giallo-rossa, prevede di sostenere la Banca Popolare di Bari attraverso il varo prima della riapertura dei mercati.

Il testo del provvedimento prevede un finanziamento ad Invitalia “fino ad un importo complessivo massimo di 900 milioni per il 2020” che servirà per rafforzare il patrimonio del Mediocredito Centrale “affinché questa promuova, secondo logiche di mercato, lo sviluppo di attività finanziarie e di investimento, anche a sostegno delle imprese del Mezzogiorno, da realizzarsi anche attraverso il ricorso all’acquisizione di partecipazioni al capitale di società bancarie e finanziarie, e nella prospettiva di ulteriori operazioni di razionalizzazione di tali partecipazioni”.

In pratica verrà costituita una Banca di Investimento attraverso un decreto col quale il Ministero dell’Economia acquisirà attività e partecipazioni, con l’intero capitale sociale, senza nessun corrispettivo da riconoscere. Inoltre tutte queste operazioni avverranno in un regime di totale esenzione fiscale, con risorse che arriveranno dal fondo del ministero dell’Economia destinato alla “partecipazione al capitale di banche e fondi internazionali”.

Di Maio: “non sarà come con Banca Etruria”

L’intervento del governo ci sarà. Lo ha annunciato il premier Giuseppe Conte, che ha assicurato: “tuteleremo i risparmiatori e non concederemo nulla ai responsabili di quella situazione critica e auspichiamo anzi azioni di responsabilità a loro carico”.

Non sono mancati però i momenti di tensione nella maggioranza. Luigi Di Maio si è rivolto al leader di Italia Viva, Matteo Renzi dicendo: “chi chiede di fare autocritica? Io vorrei dire una cosa anche con cordialità perché non vogliamo creare tensioni: non faremo perdere soldi ai risparmiatori e non ripuliremo la banca con soldi pubblici per venderla ai privati, come in passato. Banca Etruria ha fatto perdere soldi ai risparmiatori che stiamo risarcendo e le banche venete furono ripulite con i soldi degli Italiani e rivendute ad un euro”.

Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri intanto ha spiegato che sarà l’intervento del fondo del ministero a garantire la solidità della banca e che “il potenziamento delle capacità patrimoniali” del Mediocredito Centrale che “il governo vuole rendere una vera banca pubblica di investimento, consentirà di concorrere al rilancio” della Banca Popolare di Bari “nel quadro di un più ampio disegno che punta a sostenere lo sviluppo del sistema del credito del Sud“.

Un piano che, spiega a Il Messaggero il ministro Gualtieri “richiede la presenza di intermediari finanziari focalizzati sul territorio, a sostegno delle famiglie capaci di favorire la crescita delle imprese meridionali”.

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio aveva già espresso la propria posizione riguardo al salvataggio della Banca Popolare di Bari. Parlando a Il Messaggero aveva chiesto la “nazionalizzazione” e la “banca pubblica degli investimenti” e aveva spiegato quindi che: “la solidità del sistema è fondamentale, ma se ci sono manager che hanno prestato soldi allo scoperto, devono pagare”.

Un’opinione condivisa anche dal premier Giuseppe Conte, che ha ribadito: “non tuteleremo alcun banchiere”. Quanto al come fare, è sempre Luigi Di Maio a propone di avviare “il procedimento che metta agli atti i nomi di chi ha ricevuto soldi allo scoperto, facendo chiarezza sui legami politici locali, e contestualmente mettere al riparo i risparmi. E bisogna far partire la commissione d’inchiesta sulle banche”.

Parla invece di “incidente chiuso” il leader di Italia Viva Matteo Renzi, che chiede le scuse per gli attacchi che ha ricevuto venerdì. “Attacchi vergognosi” a suo dire quelli che gli sono stati mossi per il salvataggio delle banche nel 2015 e nel 2017, ai quali risponde spiegando che il governo di allora mise in atto un “intervento coordinato e richiesto da Banca d’Italia” che non avrebbe intaccato però le finanze pubbliche.

“Nel 2017 il governo Gentiloni fece un’operazione giusta in difesa soprattutto delle banche venete massacrate da una vergognosa rete di connivenze politiche ed economiche” spiega ancora Renzi, che poi accusa il M5s e la Lega di essersi serviti di quello stesso modello per Genova.

“Oggi per Bari si fa molto di più. Se ci fosse un briciolo di onestà intellettuale oggi chi ha fatto lo sciacallaggio vergognoso contro di noi, e mi riferisco a politici, opinionisti, commentatori, dovrebbe riconoscere che salvare i risparmiatori era giusto allora, è giusto oggi” ha concluso Renzi.

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