L’economia globale verso la deglobalizzazione, le cause: tensioni geopolitiche ed emergenza Covid

I vari Paesi del mondo avranno tempistiche diverse per quel che riguarda la ripresa, ed il divario non sarà solo tra grandi economie e Paesi in via di sviluppo. Secondo le considerazioni di Patrice Gautry, Chief Economist di Union Bancaire Privée (UBP), ad incidere sui tempi della ripresa saranno diversi fattori, a cominciare dal livello di diffusione del virus.

Si devono quindi considerare anche le misure restrittive adottate nel periodo di lockdown, ed in questo quadro a guidare la ripresa nel terzo trimestre dovrebbe essere proprio la Cina, che come più volte accennato, sembra aver affrontato l’emergenza sanitaria nel modo più efficace, subendo notevolmente meno danni anche dal punto di vista economico.

Seguirà la Germania, poi Stati Uniti e Gran Bretagna, che essendo tradizionalmente molto flessibili dovrebbero riuscire a recuperare terreno rapidamente.

Secondo il Chief Economist di UBP “è probabile che nell’economia post-lockdown gli Stati e i settori non si muovano in sincronia” una situazione che potrebbe essere amplificata in base alle politiche che sono state adottate per rilanciare l’economia interna ed in particolare per spingere i consumi.

Vi è poi da considerare anche un altro fattore: quello delle tensioni sullo scacchiere internazionale, che interessano in particolar modo Cina e Stati Uniti. Nel report di Gautry leggiamo che “le rinnovate tensioni commerciali a livello globale e l’emergere di una nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Cina potrebbero far sì che l’economia mondiale si orienti maggiormente verso il regionalismo”.

“Le politiche economiche dovrebbero sostenere i processi produttivi a livello locale e regionale e le principali potenze cercheranno di trarre il massimo vantaggio dalla loro leadership in ambito regionale” spiega Gautry, inoltre, l’emergenza sanitaria legata alla pandemia di coronavirus ha messo in risalto quanto le economie siano dipendenti dalla Cina per la produzione non solo di farmaci ma anche di beni di consumo e di prodotti industriali.

Questa constatazione sta spronando le economie occidentali a cercare una maggiore autonomia produttiva, anche attraverso il cosiddetto reshoring di settori strategici come quello farmaceutico in primis.

Secondo Gautry “anche il contrasto alla disoccupazione ha incrementato analoghe pressioni politiche su altri settori” e questo ha prodotto come risultato l’innescarsi di un processo di deglobalizzazione dell’economia globale, e viste le crescenti tensioni con la Cina, sembra che lo scopo finale degli Stati Uniti sia quello di indebolire la Cina minando lo strapotere del suo comparto manifatturiero.

Con la fine del lockdown è facile che i consumi riprendano ad aumentare, mentre è evidentemente più difficile che riprendano a crescere gli investimenti. “La ripresa non sincronizzata e le tensioni commerciali infatti ostacolano un rapido rimbalzo di esportazioni e ordinativi oltre a ridurre la visibilità sugli sviluppi futuri”.

Non solo, il prolungarsi delle interruzioni delle supply chain potrebbe creare notevoli difficoltà ad alcune società nella ricerca dei componenti di cui necessitano, con aziende che a causa delle pesanti difficoltà economiche hanno aumentato l’indebitamento oppure sono fallite.

Gautry spiega che le priorità delle imprese saranno: “stabilizzare la produzione, dare slancio all’attività e rafforzare i bilanci anche se banche centrali e governi le hanno incoraggiate a chiedere finanziamenti offrendo garanzie e moratorie sul pagamento degli interessi”.

“Pertanto” spiega ancora l’esperto “il rimbalzo degli investimenti potrebbe essere in ritardo rispetto alla ripresa di altre aree” con un “ruolo nuovo nel panorama post lockdown” assunto dall’investimento nel settore pubblico. I governi infatti, secondo Gautry “hanno lanciato o predisposto piani per rivitalizzare gli investimenti e utilizzano la situazione attuale per favorire lo sviluppo di nuovi settori strategici“.

Per quel che riguarda la Cina, gli investimenti vengono fatti nella realizzazione di nuove infrastrutture e tecnologie, e spesa al consumo, mentre con il Recovery Fund recentemente approvato ma sul quale ancora dovrà lavorare il Consiglio Europeo, l’Ue mira a sostenere gli investimenti green e legati al clima.

Negli Stati Uniti si parla soprattutto di reshoring, divenuto il tema predominante della campagna elettorale del partito repubblicano. Gautry spiega che si tratta di “reshoring dei settori tradizionali” con “un focus strategico sull’IT”.

“La necessità di operare un reshoring al fine di garantire la produzione, evitare le barriere al commercio e i dazi doganali e proteggersi da nuovi shock esterni espone le società al rischio di trovarsi con fattori produttivi in eccesso e non utilizzati in modo efficiente. Inoltre, il bisogno di sostituire i canali di produzioine e di distribuzione globalizzati ampliando la capacità produttiva a livello locale richiederà l’impiego di ulteriore capitale” secondo l’esperto di UBP.

Vi è poi il tema dell’occupazione, altro fattore di importanza fondamentale nell’ambito della ripresa economica all’indomani della pandemia di coronavirus. Gautry spiega che “tutti i governi hanno adottato misure di congedo e sono riusciti a compensare le perdite in termini di reddito” ma questo non impedirà l’emergere di maggiori incertezza nella delicata fase della ripartenza.

Potrebbe infatti esserci un’accelerazione non troppo rapida dell’attività, e questo imporrebbe alle società di ridurre la forza lavoro in via definitiva, con gravi conseguenze sui livelli di occupazione. In questo caso i governi si troverebbero costretti a ricorrere a misure di sostegno con una più ampia platea e ad adottarne di nuove focalizzate sul lavoro.

E se da una parte possiamo aspettarci che il ritmo della crescita subisca una accelerazione rapida, dall’altra dobbiamo fare i conti con tempi più lunghi per giungere ad una piena ripresa.

A tal proposito l’esperto di UBP spiega che “dati i piani di stimolo in essere, un rimbalzo rapido dopo una crisi grave come quella attuale appare relativamente automatico, ma la vera sfida consisterà nel colmare il gap in termini di perdita di ricchezza. In base alle simulazioni, nella migliore delle ipotesi occorrerà un anno perché il PIL nominale torni ai livelli pre-crisi” conclude Patrice Gautry.

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