Vaccino Pfizer efficace solo tra il 19% ed il 29%? Non si tratta di una bufala, ma ecco cos’è successo

Non è certo passata inosservata la notizia dell’editoriale apparso qualche giorno fa sul British Journal of Medicine in cui si affronta la spinosa questione dell’efficacia del vaccino Pfizer contro il Covid-19, e mentre alcuni media nazionali hanno parlato di notizia “bomba”, altri si sono preoccuapti solo di fare alcune, seppur doverose, precisazioni.

Una notizia che forse avrebbe meritato un maggior risalto mediatico e maggiori attenzioni dal mondo scientifico nonché da parte delle istituzioni. Parliamo dell’Italia naturalmente, del modo in cui questi temi molto delicati vengono gestiti nei vari ambiti, a cominciare da quello dell’informazione, con bufale e relativi ‘chiarimenti’, e persino episodi di censura.

Di certo non possiamo dimenticare che l’Italia si trova al 43esimo posto nella classifica stilata da Reporter senza Frontiere, che indica il livello di libertà di stampa Paese per Paese. L’Italia si trova agli ultimi posti tra i Paesi che da questo punto di vista si trovano in una situazione definita ‘soddisfacente’, insomma veramente a un passo dalla condizione successiva, definita: “con problemi notevoli”.

Vaccini Pfizer e Moderna, l’efficacia potrebbe essere tra il 19% ed il 29%

Proviamo a fare un po’ di luce sull’intera faccenda, e quindi cominciamo dall’inizio. Qualche giorno fa sul British Journal of Medicine è apparso un editoriale firmato da uno degli editori più importante della prestigiosa rivista scientifica britannica, il professor Peter Doshi.

Chi è Peter Doshi? Si tratta del professore di ricerca sui servizi sanitari farmaceutici dell’Università del Maryland, editore associato del BJM, che tempo fa fu definito dal New York Times come una delle più autorevoli voci su scala mondiale.

Premesso ciò, Peter Doshi nel suo editoriale ha preso in esame la questione dell’efficacia dei vaccini anti-Covid, per i quali in Italia si sta pensando anche ad introdurre, se non l’obbligatorietà, almeno il cosiddetto patentino vaccinale.

Un argomento molto delicato dunque, tanto più se chi ha dei dubbi sull’efficacia e/o sulla sicurezza del vaccino, rischia in Italia di trovarsi costretto a farlo comunque. Sì perché in Italia del vaccino i maggiori media nazionali tendono a decantare le lodi, più che porre legittimi interrogativi.

Il messaggio che passano i media mainstream nel nostro Paese è più o meno allineato intorno alla versione di un vaccino efficace nel 95% dei casi, sufficientemente sicuro ed efficace da spingere anche i medici più recalcitranti a porgere il braccio alla siringa, e per chi non si ‘rimbocca le maniche’ il rischio è di perdere il posto.

Ricordiamo tutti i primi annunci di Moderna, che parlava di un vaccino efficace al 94,5%, con Pfizer che subito dopo rilanciava fino al 95%. Il professor Rosario Leopardi, docente di virologia al Karolinska Institutet di Stoccolma, psichiatra e responsabile Covid di reparto dell’ospedale svedese, nel corso di una lunga ed esaustiva intervista rilasciata a Radio Radio qualche giorno fa, spiegava che questi dati non sono supportati dalla necessaria “robustezza statistica” e che pertanto non possono essere accettati come dati certi.

Un parere che però non ha ricevuto molto spazio nel dibattito nazionale, nel quale avrebbe potuto offrire un valido contraddittorio a quanti spingono per l’obbligatorietà o la ‘quasi obbligatorietà’ del vaccino anti-Covid, considerato spesso la panacea per uscire dall’emergenza sanitaria.

Qualche dettaglio in più riguardante l’efficacia del vaccino anti-Covid ce l’ha poi fornito nel suo editoriale il professor Doshi, richiamando almeno un po’ di meritata attenzione sul tema. Già il 26 novembre il professore aveva pubblicato un articolo nel quale, dopo aver analizzato tutti i documenti resi pubblici da Pfizer e Moderna, era arrivato alla conclusione che non vi era sufficiente trasparenza sui dati.

Secondo lo studioso in questo modo non è possibile affermare con certezza se il vaccino anti-Covid è efficace oppure no. Non sono stati fatti i test necessari su un sufficiente numero di anziani, di persone immunodepresse, di bambini, per capire quali siano i reali effetti del vaccino, e non è neppure chiaro quali siano gli effetti nel medio e nel lungo periodo.

Nel suo più recente editoriale pubblicato sul British Journal of Medicine, Doshi ha preso in esame due studi scientifici sui vaccini anti-Covid, nonché le 400 pagine di dati riassuntivi contenuti nei rapporti presentati da e alla FDA prima dell’autorizzazione nell’ambito dell’emergenza sanitaria.

Nell’editoriale Doshi ha affermato che “alcuni dettagli aggiuntivi sono rassicuranti, altri no” ed ha espresso la propria preoccupazione circa l’attendibilità e la significatività dei risultati di efficacia riportati.

Secondo Doshi servono “dati grezzi”, attraverso i quali “affrontare le numerose domande aperte su questi studi, ma nessuna azienda sembra aver condiviso i dati con terze parti fino a questo momento”.

Le case farmaceutiche poi si sarebbero mostrate collaborative, stando a quanto lo stesso professore ha fatto sapere. “Pfizer ha detto che sta rendendo i dati disponibili su richiesta, mentre Moderna ha affermato che i dati potrebbero essere disponibili su richiesta una volta completato lo studio”, spiega Doshi.

La fase di studio terminerà però alla fine del 2022, e non c’è modo di accorciare i tempi, perché la durata della fase di controllo deve essere necessariamente di due anni. Questo ad ulteriore dimostrazione del fatto che il vaccino è ancora in fase di studio, come le stesse case farmaceutiche non esitano a ribadire, motivo per cui chi decide di porgere il braccio lo fa a proprio rischio e pericolo.

Efficacia dei vaccini anti-Covid sotto il 29%, è una bufala?

Alcuni media nazionali, anche di un certo calibro come ad esempio Il Giornale, nel riportare la notizia dell’editoriale del professor Peter Doshi pubblicato sul British Journal of Medicine, ha utilizzato un termine sbagliato, facendo passare il messaggio che si trattasse di uno studio e non di un semplice parere.

Open-Online, il giornale online di Enrico Mentana che va a caccia di bufale, non si è fatto sfuggire l’occasione e invece di sottolineare il concetto che si sta facendo passare per sicuro al 95% un vaccino che potrebbe essere sicuro sì e no al 29%, ha messo l’accento su un altro aspetto: non si tratta di uno studio scientifico ma di un parere.

En passent però, proprio su Open Online, leggiamo anche che se da una parte è certamente vero che quello di Doshi non era uno studio, dall’altra non si può neppure affermare che l’efficacia dei vaccini Pfizer e Moderna si aggira intorno al 95%, in quanto mancano studi scientifici veri e propri a supporto di tale affermazione.

Ma vediamo cosa dice esattamente l’articolo chiarificatore apparso sul giornale di Mentana. “Il professore invitava le case farmaceutiche Pfizer e Moderna a non parlare di un 95% di efficacia per i loro vaccini anti-Covid tramite comunicati aziendali. Doshi esigeva che prima venissero pubblicati degli studi veri e propri, relativi ai dati completi su tutti i volontari”.

Insomma non ci sono studi scientifici che dimostrano che l’efficacia dei vaccini anti-Covid attualmente in commercio in Italia, in Europa e negli USA sia vicina al 95%, così come non ci sono studi che dimostrano che l’efficacia si aggiri tra il 19% ed il 29% come ipotizzato dal professor Peter Doshi.

Su Open Online tra l’altro viene anche precisato che la critica mossa dal professor Doshi è “condivisibile” aggiungendo poi che essi stessi l’hanno “sostenuta, assieme a diversi esperti come Enrico Bucci“.

Efficacia vaccino anti-Covid al 29%? Per Byoblu scatta la censura da parte di Youtube

La notizia dell’articolo apparso su British Medical Journal firmato dal professor Peter Doshi era stata riportata, tra gli altri, anche da Byoblu, testata giornalistica online regolarmente registrata, che come tante altre ha anche un suo canale Youtube attraverso il quale porta avanti il proprio lavoro di divulgazione.

Tuttavia la puntata del Tg di Byoblu in cui si riportava la notizia delle critiche mosse dal professor Doshi dalle pagine del BMJ, che era stata pubblicata su Youtube, è stata oscurata attraverso il sempre più torbido meccanismo in mano alle cosiddette task force sulle fake news.

Non è certo la prima volta che un social network decide di utilizzare il sistema della censura per mettere a tacere alcune voci fuori dal coro. In linea teorica, ma solo e soltanto teorica, questo strumento dovrebbe impedire che attraverso i social media vengano divulgati contenuti che incitano alla violenza, all’odio razziale, e più in generale ad azioni contrarie alla legge.

All’atto pratico però, e non è la prima volta, lo strumento viene utilizzato anche con tutt’altre finalità evidentemente, visto che a finire oscurati sono video che non contengono nulla di quanto sopra menzionato.

Ma cosa è accaduto esattamente? Dopo la pubblicazione della puntata del 14 gennaio del Tg di Byoblu in cui veniva riportata la notizia dell’editoriale apparso sul BMJ, Youtube ha sospeso per una settimana il canale dell’emittente. Da precisare che si tratta di una emittente regolarmente registrata come testata giornalistica in tribunale, con tanto di direttore responsabile e concessioni ministeriali, nonché sotto la supervisione dell’Agicom.

A spiegarci come funziona il meccanismo della censura di Youtube è lo stesso Claudio Messora. La prima volta si tratta solo di un avviso, il che significa che la piattaforma si limita ad oscurare il contenuto ‘incriminato’ inviando un messaggio nel quale viene comunicata la decisione e spiegato in breve il motivo, cioè in che modo sarebbero state violate le regole della community, che appunto non permettono la pubblicazione di determinati contenuti.

La vittima della censura può quindi cliccare sul link contenuto nel messaggio per ‘fare ricorso’ solo che nel giro di pochi minuti viene notificata una replica evidentemente automatica, nella quale viene comunicato che il ricorso è stato respinto. Significa che il video resta rimosso e che la prossima sarà già la seconda volta.

Non importa se nel video non vi era traccia alcuna di contenuti ritenuti in contrasto con le ‘norme della community’ non esiste la possibilità di fare alcunché. L’avvertimento successivo porterà alla sospensione per una settimana dalla pubblicazione di contenuti, dopodiché sarà il terzo ed ultimo avvertimento, con due settimane di sospensione. Il quarto video rimosso comporterà infine la cancellazione definitiva del canale Youtube.

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