Imu Chiesa cattolica: la sentenza Ue che impone la riscossione dell’imposta ignorata per tre anni

La questione dell’Imu non pagata dalla Chiesa cattolica è tornata alla ribalta della cronaca per via delle recenti dichiarazioni di Fedez, personaggio sulla cresta dell’onda non solo nel suo campo di competenza, visto che le sue esternazioni su alcuni temi di attualità tendono a richiamare l’attenzione mediatica con certa facilità.

Fedez: “il Vaticano ha un debito stimato di 5 miliardi di euro”

Il noto cantautore italiano, nel corso del suo intervento riguardante il Ddl Zan, ha toccato anche lo spinoso tema dell’IMU non pagata dallo Stato del Vaticano per gli immobili commerciali, guadagnandosi così la replica del presidente dell’Amministrazione patrimonio Sede apostolica, Nunzio Galantino.

“Ignora le cose o è in malafede” ha risposto Galantino “per fermarci al 2020, l’Apsa ha versato 5.950.000 euro di Imu e 2.880.000 di Ires, solo per il patrimonio della Santa sede: E vanno aggiunte le imposte pagate dal Governatorato, Propaganda Fide, Vicariato di Roma, Conferenza episcopale italiane e singoli enti religiosi”.

Sull’argomento Fedez aveva detto la sua ricordando che “il Vaticano ha un debito stimato di 5 miliardi di euro su tasse immobiliari mai pagate dal 2005”. Una questione annosa quella del mancato pagamento dell’IMU sugli immobili ad uso commerciale di proprietà della Chiesa cattolica, un ritardo ad oltranza che prosegue peraltro anche dopo la sentenza della stessa Ue.

Sono almeno 15 anni che la storia va avanti, senza che vi sia alcuna svolta significativa, e persino la chiarezza su quali siano gli importi effettivamente dovuti continua ad essere un miraggio.

Su Il Fatto Quotidiano leggiamo infatti che “a tre anni dalla sentenza della Corte di Giustizia europea che impone all’Italia di recuperare le illecite esenzioni concesse tra il 2006 e il 2011 ancora non esiste un dato ufficiale su quanti siano i soldi in ballo”.

Ci si continua a basare sulle stime, ma anche qui ci sono differenze piuttosto significative tra le somme che vengono fuori. Si va da un minimo di 1 miliardo e mezzo di euro, fino a 11 miliardi in 5 anni. Si tratta di tasse che lo Stato italiano di fatto non ha mai chiesto al Vaticano, né tantomeno ne ha preteso il pagamento.

L’esenzione dal pagamento dell’ICI arriva con il primo governo Berlusconi

È con una legge del 1992 che l’allora governo Berlusconi stabiliva che la Chiesa Cattolica sarebbe stata esente dal pagamento dell’ICI (Imposta Comunale sugli Immobili) ma solo per i fabbricati destinati “esclusivamente all’esercizio del culto” e relative pertinenze, nonché per quelli che venivano utilizzati da enti non commerciali, sia ecclesiastici che laici, per attività assistenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, ricreative e sportive.

Era sicuramente un buon inizio per lo Stato del Vaticano, che dall’oggi al domani si trovava sollevato dall’onere relativo al pagamento dell’imposta sugli immobili con un mancato incasso per gli enti locali di circa 100 milioni di euro l’anno, secondo i calcoli del gruppo di lavoro sull’erosione fiscale coordinato da Vieri Ceriani.

Ma siccome era ancora troppo poco, il secondo governo Berlusconi decide di ampliare il provvedimento, e nel 2005 estende l’esonero dal pagamento dell’ICI anche agli immobili con fini commericali, a patto che non avessero “esclusiva” natura commerciale.

In questo modo la Chiesa cattolica ha smesso di versare l’imposta anche per i locali adibiti ad attività come alberghi, cliniche, scuole gestite da enti ecclesiastici, sia quelle gestite da associazioni, comitati, fondazioni, onlus e ong.

Ed è stato a questo punto che la corda alla fine si è spezzata, visto che a distanza di un anno dal nuovo provvedimento un gruppo di b&b, hotel e scuole private non religiose si è rivolto alla Commissione europea facendo notare che questo stato delle cose favoriva alcune attività penalizzandone altre e rappresentava pertanto un problema di sleale concorrenza.

Il caso del mancato pagamento dell’imposta arriva a Bruxelles

A questo punto a Bruxelles non possono che prendere in esame il caso, viene aperta un’indagine che però nel dicembre 2012 si conclude con un sostanziale buco nell’acqua.

In pratica dall’Ue sanciscono effettivamente che in questo caso si trattava di aiuti di Stato di natura anticoncorrenziale in quanto “gli enti non commerciali interessati dalle misure in questione svolgevano, almeno parzialmente, attività economiche” e “la natura selettiva della misura fiscale” non era “giustificata dalla logica del sistema tributario”.

Insomma il gruppo di albergatori che aveva chiamato in causa Bruxelles aveva ragione, tuttavia lo Stato italiano sosteneva che non fosse possibile individuare retroattivamente gli immobili in cui si erano svolte anche attività commerciali e in questo modo chiedere che venisse versata l’Imu relativa agli anni precedenti per quegli specifici immobili. In altre parole da Bruxelles fanno spallucce, non si può fare nulla.

Arriva la sentenza della Corte di giustizia europea

Con il governo Monti l’ICI viene sostituita dall’IMU, e per la Chiesa cattolica iniziano a cambiare le regole. Non ci saranno esenzioni per gli enti ecclesiastici che svolgono attività commerciali, sia che si tratti di attività ricettive che di attività scolastiche.

La normativa però non è adeguatamente chiara, e così qualcuno inizia a sfruttare le maglie troppo larghe per eludere il fisco. Alcuni alberghi si presentano al fisco come strutture di accoglienza ai fedeli senza scopo di lucro e riescono a non pagare l’IMU, ma la cosa non passa certo inosservata.

A dar battaglia con il sostegno dei Radicali è una scuola elementare montessoriana di Roma, che tra l’altro aveva già preso parte alle prime denunce, e nell’aprile 2013 fa ricorso contro la Commissione. Il risultato però è deludente e nel 2016 il Tribunale Ue conferma che recuperare le somme non pagate al fisco per via delle agevolazioni concesse alla Chiesa dal governo Berlusconi non è possibile.

Un paio d’anni più tardi però la Montessori e il titolare di un bed & breakfast di San Cesario ottengono il parere positivo della Corte di Giustizia Europea. La sentenza emessa nel novembre 2018 infatti stabilisce che il governo italiano deve recuperare le somme non raccolte tra il 2006 e il 2011, e che sostenere che i soldi persi non si potevano recuperare non era motivazione valida.

Non si poteva insomma “comunicare alla Commissione difficoltà interne, di natura giuridica, politica o pratica e imputabili alle azioni o alle omissioni delle autorità nazionali, senza intraprendere alcuna vera iniziativa presso le imprese interessate al fine di recuperare l’aiuto e senza proporre alla Commissione modalità alternative di esenzione”.

Anche in Italia però qualcosa inizia a muoversi, con la sentenza della Cassazione che conferma che il Comune di Livorno avrebbe potuto chiedere l’IMU alle scuole paritarie. Lo stesso Papa Francesco nel frattempo aveva ammesso che “un collegio religioso, essendo religioso, è esente dalle tasse, ma se lavora come albergo è giusto che paghi le imposte. In caso contrario, il business non è pulito”.

Quanti soldi deve allo Stato italiano la Chiesa cattolica?

La questione delle cifre è ancora piuttosto ingarbugliata. Pare proprio che stabilire la somma esatta che il Vaticano dovrebbe pagare per l’IMU non versata tra il 2006 e il 2011 sia tutt’altro che un facile compito.

Ora, da almeno 3 anni a questa parte se non altro, sappiamo che la Chiesa cattolica è tenuta a versare l’Imu non pagata, come stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia europea. Ma a quanto ammonta il debito? In questi giorni il tema è tornato in auge, e sono spuntate nuove stime.

Pare che l’Anci abbia fatto una stima in base alla quale lla somma si aggirerebbe intorno ai 4-5 miliardi di euro pari a circa 800 milioni di euro l’anno per sei anni. Tuttavia dall’Anci negano di aver diffuso questa cifra che peraltro è stata indicata anche dal Movimento 5 Stelle nel ddl del 2019 con cui si proponeva di far pagare alla Chiesa cattolica l’Imu non versata.

Nell’archivio storico dell’Ansa troviamo qualche informazione in più. Pare che la somma da versare si aggiri intorno ai 600-700 milioni di euro l’anno calcolando anche le esenzioni per gli immobili delle associazioni no profit. A quantificare l’esborso sarebbe stato nel 2005 l’allora vicepresidente dell’Anci Fabio Sturani, ma poi una nota ufficiale dell’Anci ridimensiona la somma fino a 300 milioni per i soli immobili religiosi.

Stando a quanto riportato da Il Fatto Quotidiano “l’assessore al bilancio del Comune di Roma, Marco Causi, temeva un ammanco di 24,5 milioni solo per la Capitale, di cui 16 da enti religiosi e 8,5 dal no profit”.

Tuttavia un paio d’anni più tardi dall’Ares, Agenzia per la Ricerca Economico Sociale, fanno sapere che l’esenzione interessava 45 mila immobili della Chiesa, compresi molti alberghi in zone strategiche della Capitale, quindi la cifra andava rivista. Si arriverebbe fino a 2,2 miliardi per 5 anni, ma è evidente che una somma ufficiale ancora non c’è, e finché non si avrà un dato certo difficilmente si procederà con la riscossione degli importi.

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