A partire da domani 28 giugno tutta Italia dovrebbe essere in zona bianca con l’arrivo nella fascia di rischio più bassa anche della Valle d’Aosta, ultima Regione a lasciare la zona gialla. La zona bianca nazionale però potrebbe durare decisamente poco vista la preoccupazione dimostrata dall’esecutivo guidato da Mario Draghi rispetto alla diffusione della variante Delta.

Il primo elemento da considerare è chiaramente quello della scarsa efficacia del vaccino nel proteggere da questa variante, e una parte del mondo scientifico ritiene che sia proprio la campagna di vaccinazione ad aver prodotto varianti sempre più contagiose e pericolose.

Quello cui stiamo assistendo in queste settimane non tanto in Italia ancora quanto invece nel resto del mondo, è che i Paesi con il più elevato numero di vaccinati per milione di abitanti sono quelli in cui si registra il più alto numero di casi della cosiddetta variante Delta, o variante indiana.

In Italia inizia a diffondersi la variante Delta e torna il rischio zone rosse

Dal 28 giugno l’Italia dovrebbe essere interamente in zona bianca, tuttavia il rischio è che questa situazione abbia durata molto breve per via della diffusione della variante Delta, in grado di ‘bucare’ i vaccini anti-Covid.

Il Comitato Tecnico Scientifico (Cts) ha già fatto sapere quindi che per contenere il contagio potrebbe essere necessario istituire delle zone rosse localizzate, ma almeno per il momento non è stata presa alcuna decisione in tal senso, anzi viene confermato l’ulteriore allentamento riguardo l’obbligo di mascherina all’aperto.

A partire da lunedì infatti negli spazi aperti sarà obbligatorio indossare la mascherina solo in caso di assembramenti, mentre fino ad oggi era obbligatorio solo laddove non fosse possibile mantenere in modo continuativo la distanza di sicurezza interpersonale.

La strategia del governo punta su tracciamento dei casi e vaccini

Stando a quanto riportato dai maggiori media italiani comunque il rischio di un’inversione di rotta è concreto e quanto mai tangibile. Basti guardare quello che accade nei Paesi con il più alto numero di vaccinati, Regno Unito e Israele, che sono anche quelli in cui la variante Delta è più diffusa, arrivando a rappresentare in entrambi i casi oltre il 70% dei nuovi casi.

In Italia, così come in Israele e Regno Unito, si continua comunque a puntare tutto sul vaccino, come se ancora oggi non esistessero cure efficaci contro il Covid, e come se fosse totalmente esclusa una correlazione tra andamento della campagna vaccinale e aumento dei casi di variante Delta.

Il governo dell’ex presidente della Bce ha già confermato l’intenzione di adottare come ‘soluzione’ al problema la strategia del tracciamento dei contagi, e dell’implementazione della campagna vaccinale.

La variante delta ‘buca’ la prima dose

In questi giorni, per via della diffusione della variante Delta nei Paesi con la più alta percentuale di vaccinati sulla popolazione totale, in Italia sta montando la preoccupazione dei cittadini, una parte dei quali teme effettivamente la variante, mentre un’altra parte altrettanto consistente teme semplicemente di dover sottostare a ulteriori limitazioni.

Se nel Regno Unito i contagi dalla nuova variante sono cica il 74,92% del totale, in Italia siamo ancora al 16,8%, ma è chiaro che questa percentuale continuerà a salire come accaduto oltre la Manica e in Israele.

Della situazione attuale ha parlato anche Anna Teresa Palamara, direttrice del Dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha descritto un “quadro in rapida evoluzione che conferma come anche nel nostro Paese, come nel resto d’Europa, la variante Delta del virus stia diventando prevalente”.

Il problema è che questa variante abbassa l’efficacia dei vaccini, ed in particolare risulta essere perfettamente in grado di ‘bucare’ la parziale protezione offerta dalla somministrazione della prima dose. Una maggior protezione, quindi, dovrebbe essere garantita dal completamento del ciclo vaccinale, eppure non sembra che in Regno Unito e Israele ciò abbia funzionato.

Ora si deve tornare a tracciare i contagi

Se contro alcune varianti il vaccino “funzionicchia”, contro la variante Delta a quanto pare la situazione è persino più incerta. Ed ecco che dove non arriva il vaccino dovranno provare ad arrivare limitazioni e restrizioni, ma per comunciare si prova a puntare sul tracciamento dei contagi, e quindi sull’implementazione dei controlli che prevede un maggior numero di tamponi.

Se dovessero emergere dei focolai non resterà che istituire delle zone rosse focalizzate. “È la flessibilità del sistema, lo stesso che abbiamo adottato per esempio per le zone dell’Umbria quando c’è stata la variante brasiliana e si è intervenuti con la zona rossa” spiega Franco Locatelli, presidente del Cts.

Perché ci si preoccupa per la variante Delta?

Il motivo per cui ci si preoccupa così tanto per la diffusione della variante Delta non si discosta molto dal motivo per cui è stata portata avanti questa campagna di terrorismo mediatico sin dall’inizio dell’intera vicenda Covid.

Ma senza soffermarci troppo sugli aspetti più controversi della pandemia, per quanto riguarda la variante Delta, le maggiori preoccupazioni sono legate alla maggiore trasmissibilità (si parla di circa il 40-60% più contagiosa) e al maggior rischio di ospedalizzazione.

Soprattutto però questa variante non sta facendo fare una bella figura ai vaccini, che non solo non sono in grado di offrire una protezione adeguata, ma potrebbero aver giocato un ruolo nella nascita della variante.

Chi rischia la zona rossa a causa della variante Delta?

A partire da domani 28 giugno tutta Italia sarà zona Bianca, inoltre ci sarà un allentamento circa l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto. Il coprifuoco è già stato superato, e anche se tutto sembra portare nella direzione di un progressivo ritorno alla normalità, il tanto ambito traguardo potrebbe essere molto più lontano di quanto si vorrebbe.

La causa di tutto sarebbe la variante Delta, che secondo quanto riportano i maggiori media si diffonde con una rapidità più alta del 50% circa rispetto alla variante inglese.

A maggio l’Istituto Superiore di Sanità aveva pubblicato un rapporto che indicave in circa l’1% l’incidenza della variante Delta (indiana) sul totale dei nuovi casi, mentre ora la percentuale è arrivata al 16% e si prevede che a settembre sia la variante dominante.

Si andrà comunque avanti con il programma delle riaperture, almeno per il momento, ma con la consapevolezza che i nuovi cluster dovranno essere isolati tempestivamente con zone rosse localizzate.

Ma dov’è che verranno instaurate le prime zone rosse per contenere la variante Delta? Su Il Messaggero Salute vengono riportati alcuni episodi di rapida diffusione della nuova variante. In Campania il governatore Vincenzo De Luca ha già provveduto ad imporre alcune limitazioni a Torre del Greco dove in poche ore si sono registrati 45 casi di variante Delta.

Sempre in Campania però sono finiti sotto la lente d’ingrandimento anche Torre Annunziata, Portici, Scafati e Caserta, ed i lavoratori sono al lavoro con i sequenziamenti che sembrerebbero indicare un’alta incidenza della variante Delta. Se la situazione continua a peggiorare verranno imposte nuove restrizioni.

Anche in provincia di Piacenza era stato individuato un focolaio di variante Delta, con alcuni lavoratori della provincia di Cremona anch’essi coinvolti nelle operazioni di monitoraggio attraverso le quali pare che il cluster sia stato circoscritto.

Il direttore del Laboratorio di Microbiologia dell’Asl Romagna, Vittorio Sambri, ha spiegato a tal proposito: “con il numero di contagi così basso come in questo periodo, riusciamo a fare tracciamento, vale a dire a individuare i contatti di un positivo e a testarli in modo da circoscrivere i focolai. Questo ci può aiutare nell’arginare la diffusione della Delta”.

Altri casi di variante Delta sono stati registrati anche in Abruzzo, ma si tratta per ora di numeri non rilevanti, non tali quindi da determinare nuove restrizioni e limitazioni.

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