Nuova Via della Seta, la Cina continua ad acquisire sempre più potere commerciale: ecco come

La Cina procede con il progetto di collegamento di oriente e occidente. Il nome del progetto è “nuova Via della Seta” e il suo scopo è quello di costruire una fitta rete di collegamenti via mare e via terra, per collegare meglio la Cina al resto del mondo.

L’investimento da parte della Cina nel porto del Pireo, in Grecia, ha fatto parecchio discutere in Europa. Infatti mentre l’Ue cerca, più che di agire, di rallentare la rapida avanzata cinese, la Cine ha aumentato il suo controllo sul porto, passando dal 51% al 67%.

Ma questo non è tutto. Pare infatti che la Cina abbia di recente stipulato un nuovo contratto per rilevare anche il 35% di un terminal tedesco.

La Cina si fa largo in Europa via mare

Quella della Cina viene definita un’ “avanzata”, come se si trattasse di un’operazione militare, ma non è così. Quella adottata dal governo cinese è infatti una strategia commerciale annunciata già nel 2013 con il rilancio della Via della Seta e che continua a compiere passi avanti a ritmo abbastanza sostenuto.

Così, dopo aver allargato il proprio controllo su buona parte dell’Africa, ora la Cina si spinge in Europa. E proprio qui, quest’anno, viene compiuta un’altra grande “impresa”. Si tratta dell’ultimo accordo stipulato tra il terminalista tedesco Hhla e la compagnia di spedizioni di stato cinese.

La compagnia in questione è la Cosco, ossia la terza linea di container a livello globale, presente in tutti i maggiori porti europei. L’accordo con uno dei terminal più piccoli di Amburgo non rende però bene il quadro generale della continua avanzata cinese. Per avere un’idea più chiara bisogna osservare il piano della Via della Seta nel suo complesso, solo così si può notare in che modo, passo dopo passo, la Cina stia acquisendo sempre più potere commerciale.

Germania e Grecia, due porti con due valori differenti

Il governo cinese ha già investito e continua ad investire in tutto il mondo. Secondo alcuni dati pubblicati nel 2019, erano già presenti oltre 1.700 cantieri attivi, con un investimento complessivo di circa 900 miliardi. Tra questi risulta anche l’acquisizione della quota sul porto del Pireo, in Grecia, che rappresenta lo scalo più importante della penisola.

Il caso del porto di Amburgo, poi, è emblematico dei nuovi rapporti commerciali tra Cina e Germania. Angela Titzrath, presidente del cda del terminal tedesco Hhla, ha affermato che le attuali relazioni di fiducia con la Cina sono “a lungo termine“.

Tra il porto di Amburgo e le varie destinazioni cinesi sono già stati creati 230 collegamenti, che hanno portato ad un incremento del 7% dei traffici in un solo anno. Quindi, considerando il caso tedesco e e quello greco, oltre a tutti gli altri accordi commerciali stretti (e che verranno stretti in futuro) tra Cina ed Europa, il giro di affari tra i due partner commerciali ora si aggira attorno ai 530 miliardi di euro all’anno.

Nonostante l’incredibile giro di affari che deriva da questi accordi, molti esponenti politici tedeschi ritengono che questo sia in realtà un metodo che porta ad un’apertura all’influenza diretta del Partito comunista cinese. Anche l’Italia si è detta della stessa opinione, sebbene sia stato uno dei primi Paesi che per primo ha appoggiato il progetto della nuova Via della Seta.

Quindi la Cina avanzerà anche in Italia?

L’impero cinese ha più volte sottolineato di non essere interessato al porto di Taranto, e le stesse autorità italiane hanno affermato di non voler cedere alle influenze del governo cinese. Ad oggi, però, sono in molti a guardare con preoccupazione al recente investimento da parte della Cina nell’hub di ingegneria navale in cooperazione con l’Università di Bologna.

Ma a destare ancora più preoccupazione è il porto triestino, che finisce sulle prime pagine dei giornali locali con titoli come “nelle mire di Pechino“. Tutto ciò avviene per un motivo: il colosso tedesco di Amburgo, Hamburger Hafen und Logistik Ag (Hhla), esattamente quello che ha ora stretto un accordo con la Cina, è l’azionista di maggioranza del porto giuliano, con il 50,01% della piattaforma.

Per questo motivo il capogruppo di Forza Italia in consiglio regionale, Giuseppe Nicoli, ha affermato con non poca preoccupazione: “è chiaro il rischio di finire in mani cinesi, grazie alle operazioni immobiliari dal sapore geopolitico penalizzanti per il Friuli Venezia Giulia e a favore di cinesi e antieuropeisti ungheresi”.

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