Carenza di chip: ecco com’è iniziata e quando finirà la crisi delle componenti elettroniche

In questa fase di ripresa post-emergenza Covid-19, tanto in Europa quanto negli altri Paesi del mondo seppur in misura diversa a seconda dei casi, ci sono alcuni fattori che determinano un rallentamento della ripartenza.

Il primo fattore che frena la ripresa economica globale è la crisi energetica, ma ancor prima di questo, fin dai primi mesi del 2021, abbiamo toccato con mano gli effetti di un’altra crisi, quella della carenza di chip che ha tra le altre cose prodotto un inevitabile calo della qualità dei materiali con cui venivano prodotte alcune componenti elettroniche.

Ma com’è iniziata la crisi dei chip e, soprattutto, quando dobbiamo aspettarci che finisca? Abbiamo visto che la ripresa all’indomani dell’emergenza sanitaria Covid-19 è frenata dalla crisi del settore energetico, ma nel frattempo abbiamo una carenza di molte materie prime e appunto di chip, indispensabili per la ripresa di diverse industrie, da quella degli smartphone a quella dell’automobile.

Le conseguenze nell’immediato del rallentamento della produzione dovuto alla carenza di componenti elettroniche fondamentali sono l’aumento dei prezzi e un allungamento dei tempi di consegne.

Assistiamo quindi alla domanda che supera l’offerta, sia nel mercato dell’auto che nel mercato della telefonia. Infatti il gigante delle telecomunicazioni Apple ha annunciato di non essere in grado di consegnare ai suoi clienti i nuovi modelli di smartphone iPhone 13 Pro e iPhone 13 Pro Max che sono stati già venduti a settembre 2021.

Chi ha comprato i nuovi modelli di smartphone dovrà attendere almeno fino a novembre, e ciò è dovuto alla carenza di materie prime indispensabili per l’assemblaggio. E anche le vendite del periodo di Natale 2021 potrebbero essere compromesse da questa crisi dei chip.

Com’è iniziata la crisi dei chip

Torniamo quindi alla domanda: com’è iniziata la crisi dei chip? Come anticipato l’origine della carenza di queste componenti elettroniche è la gestione dell’emergenza Covid-19, e tutto inizia con la crisi del mercato dell’automobile. Le principali cause sono sostanzialmente queste:

  • Crisi del settore dell’auto: il settore dell’auto è stato uno dei primi a subire le conseguenze della politica di restrizioni adottata dalla maggioranza dei Paesi del mondo. Nel 2020 lockdown e restrizioni anti-contagio hanno fermato la produzione di automobili, e le case automobilistiche si sono viste costrette a rivedere le stime di vendita per il futuro abbassandole notevolmente. Il meccanismo domanda e offerta è stato così completamente rivisto.
  • Si adotta la formula just in time: è nel settore dell’auto che si inizia subito ad utilizzare la formula just in time, sulla base della quale si rinegozia continuamente il contratto di fornitura di chip in modo tale da avere le scorte vicine allo zero e ridurre al minimo la spesa. La rinegoziazione è rimasta ferma per diversi mesi ma con il 2021 l’emergenza sanitaria ha iniziato ad arretrare e la domanda ha subito superato l’offerta.
  • Il progresso tecnologico del 5G: a determinare un’ancor più accentuata inadeguatezza dell’offerta è stato anche il progresso tecnologico della rete 5G che ha bisogno di chip per i nuovi apparati di telecomunicazioni.
  • Aumento della domanda di dispositivi tecnologici: con l’introduzione della didattica a distanza e della modalità di lavoro agile o smart working, la domanda di dispositivi elettronici è notevolmente cresciuta con l’emergenza Covid-19, specie se si considera che tuttora il lavoro a distanza continua ad essere utilizzato in diversi ambienti.
  • Il fattore geopolitico: non dimentichiamo che la maggior parte dei produttori di microchip si trovano in Taiwan, ed in particolare in tutto il mondo sono due le maggiori aziende che producono semiconduttori, la Tsmc (Taiwan) e la Samsung (Corea del Sud). Il Taiwan però si trova in questi mesi a fare i conti con l’aggressione cinese che vuole annettere l’isola dopo 72 anni di autonomia.
  • La rivalità tra Cina e Stati Uniti: a complicare ulteriormente il quadro la rivalità nella produzione di componenti elettroniche esistente tra Cina e Stati Uniti. Le due superpotenze infatti si stanno contendendo la leadership in questo mercato da 500 miliardi di dollari. Ma è la Cina ad essere in vantaggio, e le aziende statunitensi Intel e Qualcomm non sono in grado di competere con quelle asiatiche specie nella produzione di chip di fascia bassa. Senza contare le difficoltà nell’approvvigionamento di materie prime necessarie come le terre rare che si trovano prevalentemente in Africa e, appunto, in Cina.

Ed ecco quindi come è iniziata la crisi dei chip, ma quando finirà? Bloomberg ritiene che per allineare domanda e offerta di chip serviranno dai 12 ai 18 mesi di tempo. Nel frattempo andrà avanti la rivalità tra Usa e Cina, con il presidente Joe Biden che ha previsto un disegno di legge specifico che si chiama Chips for America Act.

Con questo disegno di legge, che prevede lo stanziamento di risorse pari a 50 miliardi di dollari, dovrebbero essere introdotti degli incentivi in grado di spingere la ricerca e lo sviluppo di chip e semiconduttori. Goldman Sachs intanto stima che la tensione su domanda e offerta di chip e semiconduttori dovrebbe migliorare entro la fine del 2021.

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