Rincari record, l’energia elettrica costa 10 volte di più che nel 2020 e nessuna soluzione all’orizzonte

Si tratta di un aumento oltremodo preoccupante, soprattutto in considerazione del fatto che ben poco si sta facendo, e ben poco si può fare al momento, per ridurre in modo apprezzabile il duro impatto che questi rincari stanno avendo, e continueranno ad avere nei mesi a venire, su famiglie e imprese italiane.

Il prezzo dell’energia elettrica, per via degli aumenti del costo del gas, sta continuando a salire. Nella mattinata di ieri, 21 dicembre, in Italia l’elettricità in consegna oggi ha raggiunto un prezzo 10 volte superiore a quello che aveva nel 2020, quando il prezzo medio si attestava sotto i 40 euro al MegaWattora.

Gli aumenti che si sono registrati ieri non rappresentano peraltro un caso isolato, infatti nella settimana tra lunedì 13 e domenica 19 dicembre, stando ai dati pubblicati dal GME (Gestore del Mercato Elettrico) si è registrata una crescita del PUN dell’energia elettrica del +26%.

Il PUN rappresenta la media nazionale del prezzo all’ingrosso, ed ha raggiunto quota 322,24 euro al MegaWattora. Le conseguenze non si faranno attendere, e si potranno letteralmente toccare con mano quando arriveranno le prossime bollette della luce, nelle quali tra l’altro vengono addebitati anche altri costi, almeno per ora, come ad esempio il Canone RAI.

Si registra quindi un aumento del +26% del prezzo dell’energia elettrica in una settimana, che non è cosa da poco, soprattutto se si considera che questo ulteriore rincaro arriva dopo una lunga serie di rincari che ha portato il prezzo dell’energia elettrica su vette impensabili solo un anno fa.

Poi nelle prime ore della giornata di ieri si è anche registrato un incredibile aumento anche in molti altri Paesi d’Europa, con il MegaWattora per il giorno dopo ha sfondato il tetto dei 400 euro.

Ad aver provocato questo improvviso ulteriore rincaro del prezzo dell’energia sarebbe stata anche la chiusura delle centrali nucleari francesi. I reattori infatti avevano bisogno di manutenzione straordinaria e lo spegnimento era di fatto obbligato. Il risultato però è che la domanda diventa sempre più forte con il progressivo abbassamento delle temperature mentre l’offerta continua a indebolirsi.

Il rischio quindi non è solo quello di un costante aumento del prezzo, ma si fa sempre più tangibile anche quello del tanto temuto blackout generale. Le riserve di gas infatti scarseggiano in tutta l’Unione Europea, e per quanto riguarda i prezzi ad influire è anche il fatto che i Paesi dell’Ue affidano il prezzo dell’energia al mercato.

Siamo infatti di fronte ad un classico esempio di come funziona il mercato della domanda e dell’offerta. Nel momento in cui la domanda si rafforza e l’offerta si indebolisce il prezzo della materia prima, in questo caso del gas, e quindi dell’energia elettrica, aumenta.

Ma quali potrebbero essere le soluzioni da mettere in campo? In realtà di concreto si può fare poco finché si accetta la logica che è vietato intervenire direttamente sui prezzi. I consumatori continueranno a pagare di tasca propria per la stragrande maggioranza, con tutto ciò che questo comporta anche sul piano della ripresa economica che ne risulterà oltremodo ostacolata.

Il ministero greco dell’Energia ha calcolato che i cittadini europei si troveranno a far fronte per il 2022 ad una maggior spesa per l’energia elettrica e per il gas, che si dovrebbe aggirare intorno ai 350 miliardi di euro.

Un impatto decisamente pesante, in grado non solo di compromettere la tanto attesa ripresa economica, ma di causare un disastro sociale. Uno shock che colpirà la produzione specie in alcuni settori, e che potrebbe letteralmente distruggere le imprese cosiddette energivore, costrette a sospendere la produzione a oltranza.

Un esempio pratico è l’inizio della cassa integrazione alla zincatura sarda di Portovesme a partire da lunedì. Un altro scenario da non escludere è quello della cosiddetta demand destruction, vale a dire una distruzione della domanda determinata da prezzi eccessivamente alti. In questo modo si otterrebbe da una parte il risultato di un abbassamento dell’inflazione, ma dall’altro non si può che parlare di vera e propria macelleria economica e sociale.

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