Banche a rischio fallimento oggi, ecco quali sono

Abbiamo assistito all’improvviso crollo di alcune delle più grandi banche Usa, la Silicon Valley Bank e la Signature Bank, e stiamo assistendo proprio in queste ore all’acquisizione di Credit Suisse da parte di Ubs, per via del fallimento della nota banca svizzera.

Molti risparmiatori non possono fare a meno di domandarsi dunque quali sono le banche a rischio fallimento oggi, e se i propri risparmi sono al sicuro oppure no.

Cerchiamo quindi di capire quali sono oggi, all’indomani del fallimento di SVB, le banche più solide, in grado di garantirci il livello di sicurezza che ci aspettiamo, e quali invece sono le banche a rischio fallimento.

Da quali fattori dipende il fallimento di una banca?

Per capire quali sono oggi le banche a rischio fallimento dobbiamo prima di tutto familiarizzare con alcuni concetti. In primis abbiamo bisogno di capire quali sono i fattori che possono determinare il crollo di un istituto di credito come abbiamo visto con SVB e Credit Suisse nei giorni scorsi.

Il fattore trasparenza è il primo da prendere in considerazione quando si tratta di banche private, quindi ci aspettiamo che tutte le informazioni importanti riguardanti l’istituto di credito siano facilmente accessibili all’utenza ed esposte in modo chiaro e completo.

Questo potrebbe essere un primo elemento che ci permette di distinguere una banca solida da una in difficoltà, infatti se la banca impiega troppo tempo a fornire determinate informazioni a chi le richiede è sicuramente un segnale di pericolo da non trascurare.

Chiaramente nella valutazione bisogna tener conto anche delle dimensioni della banca, un aspetto che offre una maggior tranquillità al cliente in quanto le banche europee più grandi sono soggette alla supervisione diretta della BCE.

Le banche sottoposte a vigilanza da parte della BCE sono in tutto 114 in tutta l’Unione Europea, e insieme detengono oltre l’80% delle attività bancarie totali.

Un altro aspetto che bisogna necessariamente considerare è la quotazione in Borsa, infatti se una banca è piccola spesso non è quotata, e questo la rende meno accessibile ai piccoli risparmiatori. Le banche quotate, dalle quali piccoli e grandi investitori si aspettano dei profitti, sono sempre sotto stretto controllo da parte degli investitori stessi, e questo le rende più affidabili.

Ogni minima vulnerabilità di una banca quotata determina una riduzione del suo valore, il che vuol dire che se il prezzo delle azioni di una banca risulta solido, o comunque in linea con l’andamento generale del mercato, significa che i grandi investitori hanno fiducia in questa banca e che la stessa è quindi probabilmente affidabile.

Se abbiamo un mercato stabile, ma nonostante questo il prezzo delle azioni di una banca quotata è in calo, è chiaro che si tratta di un segnale poco rassicurante, e che potrebbe indicare che quella banca è in difficoltà, e probabilmente vicina al fallimento.

Un altro fattore da considerare è l’indice di solvibilità, che ci permette di sapere quali sono le riserve di capitale di cui la banca dispone in caso di perdite sugli investimenti. Più è alto l’indice di solvibilità, tanto più affidabile sarà la banca, e in ogni caso il rapporto non deve mai scendere sotto il 10%.

Infine, per accertarci che una banca sia affidabile, è necessario considerare il CET1, acronimo che sta per Common Equity Tier 1 ratio, un valore percentuale che mostra la solidità di una banca in relazione agli investimenti a rischio.

L’Autorità bancaria europea ha fissato come valore minimo CET1 la soglia 8%, al di sotto della quale un istituto di credito viene considerato rischioso. Anche in questo caso naturalmente più è alta quella percentuale più si potrà ritenere affidabile l’istituto di credito.

Come fa una banca a fallire?

Per capire come avviene esattamente il fallimento di una banca proviamo a partire dalle basi. Diciamo anzitutto che il ruolo che una banca svolge è quello di raccogliere i risparmi di alcune persone e di metterli a disposizione di altre persone. Da una parte ci sono quindi clienti che aprono conti correnti e conti deposito, e dall’altra i clienti che accedono a prestiti e mutui.

Un sistema che naturalmente smetterebbe di funzionare immediatamente se tutti coloro che hanno dei risparmi in banca decidessero di prelevare i propri soldi. Nessuna banca infatti sarebbe in grado di restituire ai clienti tutto il denaro che hanno depositato.

Questo è il più evidente punto debole del sistema bancario, ma in realtà non è l’unico, infatti la solidità di una banca dipende soprattutto da come vengono gestite le risorse, in quali prodotti finanziari vengono investite e come.

Quali sono oggi le banche a rischio fallimento

Oggi ci sono in tutto 16 istituti di credito che Bankitalia Spa ha messo in regime di sorveglianza speciale, ma si tratta soprattutto di banche cooperative e piccole banche.

Anche se le banche locali sono generalmente meno inclini ad esporsi con investimenti nella finanza speculativa, molte di essere sono andate comunque incontro al fallimento. Tra le cause del fallimento il peso di prestiti inesigibili, fatti a pochi individui al di fuori della loro area locale.

Ci sono anche banche più grandi che sono andate vicine al fallimento, come Carige, Monte dei Paschi e Unicredit, mentre altre sono state salvate dal fallimento tecnico, come la Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Cassa di Risparmio di Rimini, Cassa di Risparmio di Cesena e altre.

Per salvare le banche in difficoltà sono stati istituiti appositi fondi come il Fondo di Risoluzione Interbancario, dal quale sono state infatti prelevate ingenti risorse in alcune occasioni, cosa che ha prodotto un generale indebolimento delle altre banche del sistema.

Ricordiamo poi che la Monte dei Paschi di Siena, insieme a due banche venete, ha ricevuto in modo diretto o indiretto soldi dallo Stato. Queste banche sono poi confluite in Banca Intesa.

Cosa sta succedendo nel sistema bancario

Una delle cause principali per cui il sistema bancario di oggi è in crisi è legata al legame ancora forte con vecchie concezioni. Non tutti gli istituti di credito hanno compreso che vi sono stati negli ultimi anni dei cambiamenti radicali in campo finanziario, e che il sistema bancario non può più reggersi unicamente sul modello basato sui prestiti.

Banca Intesa ad esempio ha scelto un modello di business “fee-based”, ha sviluppato nuovi prodotti di risparmio gestito come Eurizon, prodotti assicurativi come Intesa Assicurazioni, l’Investment banking fee-based, più tutta una rete di consulenza finanziaria basata sul private banking e una rete di consulenza finanziaria basata su Fideuram. Una struttura che in seguito è poi stata replicata da Credem.

Altre banche, come Unicredit, hanno venduto le proprie fabbriche di prodotti. Nel caso di Unicredit stiamo parlando delle vendite di Pioneer ad Amundi, di Bancassurance ad Allianz, e Cnp ad Aviva. Si tratta di una mossa che spesso porta a delle plusvalenze significative, ma che in questo momento non risulta la soluzione ideale.

In futuro si andrà verso banche sempre più grandi, in grado di assumere altri compiti tra cui quello di compagnie assicurative, gestori patrimoniali e distributori di prodotti finanziari.

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