
Dopo mesi di entusiasmo e valutazioni record, le principali istituzioni finanziarie mondiali cominciano a mostrare cautela sull’AI boom. La Banca d’Inghilterra ha avvertito che il rischio di una correzione improvvisa dei mercati azionari è aumentato, segnalando che i prezzi dei titoli tecnologici, alimentati dall’euforia sull’intelligenza artificiale, potrebbero scoppiare come una bolla. Lo stesso giorno, anche il Fondo Monetario Internazionale ha espresso preoccupazione per le quotazioni eccessive dei titoli tech, paragonandole ai livelli raggiunti durante la bolla dot-com di fine anni Novanta.
L’incertezza sulla reale portata economica dell’AI
Secondo Adam Slater, capo economista di Oxford Economics, il mercato mostra chiari sintomi di bolla: crescita esplosiva dei titoli tecnologici, valutazioni oltre i fondamentali e un ottimismo collettivo forse ingiustificato riguardo ai benefici economici dell’AI. Gli scenari sono molto variabili: alcuni economisti prevedono una rivoluzione produttiva paragonabile al dopoguerra, mentre altri, come Daron Acemoglu del MIT, stimano un impatto molto più contenuto, con un aumento della produttività di appena lo 0,7% in dieci anni. Nessuno, al momento, può dire con certezza quale sarà il reale impatto dell’intelligenza artificiale sull’economia globale.
Le valutazioni gonfiate delle Big AI
Gli investitori osservano con attenzione le alleanze miliardarie tra i giganti dell’intelligenza artificiale e i produttori di semiconduttori. OpenAI, nonostante non generi ancora profitti, ha raggiunto una valutazione record di 500 miliardi di dollari, diventando la startup più preziosa del mondo. La società di Sam Altman ha firmato accordi con Nvidia, AMD e un contratto da 300 miliardi con Oracle per la costruzione di data center dedicati. La Banca d’Inghilterra non cita nomi, ma avverte che le valutazioni di mercato sono “paragonabili al picco della bolla del 2000”, rendendo i mercati particolarmente vulnerabili se le aspettative sull’impatto dell’AI dovessero ridimensionarsi.
I rischi strutturali dietro la corsa all’AI
Oltre all’eccessiva fiducia degli investitori, le istituzioni evidenziano rischi concreti: carenze di energia, chip o dati potrebbero rallentare l’espansione dell’AI, mentre nuove tecnologie potrebbero rendere rapidamente obsolete le infrastrutture attuali. La direttrice dell’FMI, Kristalina Georgieva, ha paragonato l’attuale entusiasmo per l’AI a quello che precedette la bolla Internet di 25 anni fa, avvertendo che una correzione violenta dei mercati potrebbe trascinare al ribasso la crescita globale.
La replica dei giganti tecnologici
I protagonisti del settore, però, ridimensionano i timori. Jeff Bezos definisce l’attuale ciclo un’“ondata industriale, non finanziaria”, che alla lunga porterà benefici concreti all’economia, anche se alcune aziende falliranno. Paragona il momento all’esplosione della biotecnologia negli anni Novanta, da cui sono nate scoperte mediche fondamentali. Sam Altman, CEO di OpenAI, ammette che ci saranno “allocazioni di capitale sbagliate”, ma resta convinto che nel lungo periodo l’AI genererà una nuova era di crescita economica e creatività. Anche Jensen Huang, CEO di Nvidia, ha ammesso che molte aziende non hanno ancora la liquidità per sostenere la domanda di chip, ma prevede un futuro in cui i sistemi di intelligenza artificiale diventeranno “veramente utili”, capaci di ragionare, consultare fonti e svolgere compiti complessi per conto degli utenti.
Verso la fine dell’euforia?
Gli analisti ritengono che il 2026 potrebbe segnare la fine della fase speculativa. Come scrive Sudha Maheshwari di Forrester, “ogni bolla prima o poi scoppia, e nel 2026 l’AI perderà il suo splendore, scambiando la corona per un elmetto da lavoro”.
L’intelligenza artificiale resta una tecnologia dal potenziale immenso, ma il mercato dovrà presto imparare a distinguere tra innovazione reale e semplice euforia finanziaria.
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