Taiwan ha respinto con decisione la proposta americana di dividere in parti uguali la produzione globale di semiconduttori tra Taipei e Washington. Il chiarimento è arrivato direttamente dal Vice Premier Cheng Li-chiun, che ha ribadito come l’isola non abbia mai preso un impegno del genere e che un accordo al 50% non sarà accettato.
Secondo quanto riportato dalla Central News Agency di Taiwan, Cheng ha risposto alle dichiarazioni del Segretario al Commercio degli Stati Uniti Howard Lutnick, che nei giorni scorsi aveva anticipato in un’intervista televisiva l’intenzione di proporre una condivisione paritaria della produzione di chip tra le due economie.
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Il ruolo centrale di TSMC e la strategia americana
Taiwan rappresenta oggi il cuore della catena globale dei semiconduttori grazie a TSMC, il più grande produttore di chip al mondo per conto terzi, leader nelle tecnologie più avanzate utilizzate anche da colossi dell’intelligenza artificiale come NVIDIA. Proprio la dipendenza da TSMC spinge gli Stati Uniti a cercare di riportare una parte significativa della produzione in patria, con l’obiettivo di garantire maggiore sicurezza economica e tecnologica.
L’idea di Washington sarebbe quella di trasferire almeno metà della produzione attualmente concentrata sull’isola verso impianti americani, ma il piano appare difficile da concretizzare, soprattutto alla luce del rifiuto esplicito arrivato da Taipei.
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I rapporti commerciali tra Taiwan e Stati Uniti
Il settore dei semiconduttori costituisce la principale voce dell’avanzo commerciale di Taiwan con gli Stati Uniti, ma le esportazioni verso il mercato americano sono tuttora soggette a tariffe del 20%. Nonostante ciò, la cooperazione resta fondamentale: i chip taiwanesi sono indispensabili non solo per l’industria dell’IA, ma anche per smartphone, computer, auto elettriche e tecnologie di difesa.
Cheng ha sottolineato che i colloqui bilaterali proseguiranno, evidenziando come l’obiettivo di Taipei non sia quello di ridurre la propria centralità nel settore, bensì di ottenere un trattamento commerciale più favorevole da parte di Washington.
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Una partita geopolitica ed economica cruciale
Il braccio di ferro sui semiconduttori non è solo una questione industriale, ma si inserisce nello scontro geopolitico tra Stati Uniti e Cina. Taiwan, che da sola produce la stragrande maggioranza dei chip più avanzati al mondo, si trova al centro di un equilibrio delicato, con il compito di difendere la propria leadership tecnologica senza compromettere i rapporti con i suoi partner internazionali.
Il messaggio di Taipei è chiaro: nessun accordo che riduca il ruolo strategico dell’isola nella catena produttiva dei semiconduttori sarà accettato.
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