Elettrodomestici intelligenti che ci spiano, il caso di Roomba e le foto finite sui social

Come per tutte le cose ci sono i pro e i contro nel riempire le nostre abitazioni private di strumenti tecnologici ultramoderni, che in alcuni casi possono arrivare a violare la nostra intimità domestica.

È quanto già accaduto in particolare con il robot per le pulizie Roomba, un moderno aspirapolvere smart che ha persino scattato delle foto piuttosto indiscrete dei suoi ‘padroni umani’.

Foto scattate dal robot aspirapolvere e finite sui social

C’è chi è rimasto ancorato alle vecchie abitudini e guarda con diffidenza molte delle innovazioni tecnologiche che stanno prendendo sempre più piede nella nostra società, occupando una porzione via via più importante della nostra quotidianità, ma per molti altri la transazione verso case smart è tutt’altro che indesiderabile.

Il risultato è che sono sempre di più le case in cui si accende la luce con un comando vocale, si mette un po’ di musica chiedendo al robot domestico di far partire il pezzo che vogliamo ascoltare, e anche le pulizie, soprattutto le pulizie, sono i robot domestici a farle.

Qualche volta però questi prototipi finiscono per riservare sorprese non del tutto gradite, proprio come accaduto con l’aspirapolvere Roomba che aveva l’abitudine di scattare di quando in quando alcune foto, e tra le tante ne aveva scattate a una ragazza in bagno e ad un bambino di un anno o poco meno.

Non ne sapremmo ancora nulla se non fosse che questi scatti sono finiti poi sui social network. Era il 2020, e gli episodi di cui parliamo si sono verificati in Venezuela, con protagonista il robot Roomba J7 iRobot, dell’azienda tra le più note produttrici di aspirapolvere intelligenti, recentemente acquistata poi da Amazon.

I soggetti fotografati dal robot aspirapolvere Roomba erano ritratti nell’intimità (perduta) di casa propria. In una foto c’è ua ragazza seduta sul wc in bagno, mentre il bimbo di meno di un anno è sdraiato sul pavimento e fissa proprio il robot che lo sta immortalando.

Si tratta di foto che sono state scattate da questi dispositivi smart, e inviate ad una startup che si occupa proprio di intelligenza artificiale. È chiaro che non dovevano finire sui social, eppure è successo, perché alcuni lavoratori di questa società le hanno condivise in un gruppo su Facebook, ma poi sono finite anche fuori da quella ristretta cerchia di utenti.

Gli scatti sono diventati virali in poco tempo, sollevando un po’ un polverone sulla questione del rispetto della privacy e inducendo qualcuno a porsi qualche doverosa domanda.

Gli elettrodomestici intelligenti possono spiarci?

Sulla società che produce il robot aspirapolvere Roomba sono piovute non poche critiche dopo che la storia è stata resa pubblica da Technology Review dell’MIT.

Presso la redazione erano arrivate diverse decine di foto, tutte scattate dallo stesso modello di aspirapolvere e la domanda, come si dice, è sorta spontanea: gli elettrodomestici intelligenti possono spiarci? A quanto pare sì, ma è stata la stessa società a dare una risposta a questa domanda.

La società, acquistata da Amazon per 1,7 miliardi di dollari, ha spiegato in realtà che tutte le immagini provengono da alcuni “speciali robot di sviluppo con modifiche hardware e software che non sono mai state presenti nei prodotti di consumo iRobot destinati all’acquisto”. In altre parole questo robot non si comporta così normalmente, erano solo dei modelli sperimentali a scattare le foto che hanno fatto il giro del mondo.

In particolare, spiega l’azienda, quelli che hanno scattato le fotografie sarebbero modelli ceduti in alcuni casi a titolo gratuito e con specifici contratti, per consentire agli sviluppatori di perfezionare il funzionamento dell’intelligenza artificiale alla base del dispositivo.

Questi robot sarebbero stati quindi consegnati a “volontari e dipendenti retribuiti” che hanno quindi consapevolmente accettato le particolari condizioni e firmato accordi scritti coi quali “riconoscevano che stavano inviando flussi di dati, compresi video, all’azienda a scopo di formazione”.

La società iRobot ha spiegato che questi dispositivi erano tutti etichettati con un adesivo verde fluorescente con la scritta “registrazione video in corso” e quindi era poi compito dei proprietari preoccuparsi di “rimuovere tutto ciò che ritengono sensibile da qualsiasi spazio in cui opera il robot”.

Le immagini però non avrebbero dovuto fare il giro del mondo, questo è certo. La colpa però in questo caso non è del robot, che ha fatto quello che era programmato per fare, e che i padroni di casa sapevano avrebbe fatto, bensì dei dipendenti della società che hanno divulgato le foto sui social violando i termini dell’accordo.

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