La Banca Mondiale da alcuni anni ha introdotto una serie di obblighi e parametri destinati a integrare la finanza climatica nelle proprie decisioni operative. Ogni progetto deve dichiarare come contribuisce agli obiettivi di mitigazione e adattamento, e la selezione degli investimenti utilizza un prezzo ombra del carbonio, uno strumento teorico che attribuisce un valore economico alle emissioni evitate.

Sulla carta, questi strumenti dovrebbero orientare il portafoglio verso settori e interventi a maggior impatto climatico. Ma quanto riescono davvero a modificare i finanziamenti? Una nuova analisi, basata sulle tendenze dei flussi di credito e su 347 documenti di valutazione dei progetti presentati nel 2024 al Consiglio della Banca, arriva a una conclusione chiara: l’effetto esiste, ma non sembra profondo.

La distribuzione geografica dei fondi resta quasi immutata

Il primo indicatore riguarda la ripartizione dei finanziamenti tra i Paesi. Studi precedenti mostrano che la finanza climatica della Banca Mondiale non è particolarmente allineata né con i bisogni di adattamento né con l’importanza dei singoli Paesi nella lotta alla mitigazione globale. Il motivo principale è che i meccanismi di allocazione:

• per l’IDA non sono stati ripensati in funzione del clima
• per l’IBRD dipendono in larga parte dalla domanda dei Paesi clienti

In altre parole, gli obiettivi climatici non hanno ancora modificato in modo sostanziale la logica di distribuzione dei fondi.

Nessuna trasformazione nei settori finanziati

Un secondo elemento critico riguarda le tendenze settoriali. Se l’attenzione al clima avesse davvero cambiato la strategia della Banca, ci si aspetterebbe una crescita marcata degli investimenti in:

• infrastrutture sostenibili, soprattutto energia elettrica
• agricoltura resiliente
• interventi di adattamento strutturale

I dati dell’ultimo decennio non mostrano nulla di tutto ciò. La quota di finanziamenti destinata ai “settori climatici” rimane stabile, oscillando attorno al 40-50 percento, senza segnali di accelerazione significativa. Anche in presenza di nuove metodologie e criteri, la composizione del portafoglio non risulta rivoluzionata.

Alcuni progetti riflettono il prezzo del carbonio, ma il quadro generale è stabile

L’analisi dei documenti di progetto mostra casi isolati in cui il prezzo ombra del carbonio ha effettivamente orientato la scelta tecnologica, soprattutto nella produzione elettrica, privilegiando soluzioni a minore impatto emissivo anche quando non costituivano l’opzione più economica a costi diretti.

Esistono anche uno o due progetti che sembrano principalmente giustificati dal loro contributo climatico. Ma si tratta di eccezioni, non della norma.

Gli investimenti climatici non mostrano un sacrificio del rendimento economico locale

Il fattore più interessante emerge dal confronto tra:

• progetti con alta quota classificata come finanza climatica
• progetti con quota minima o nulla

I risultati non mostrano tassi di rendimento economico locale inferiori nei primi. Se la Banca Mondiale stesse scambiando “efficacia per lo sviluppo” con “benefici climatici globali”, ci si aspetterebbe che i progetti climatici avessero rendimenti economici locali più bassi. I dati non confermano questa ipotesi.

Allo stesso tempo non esiste correlazione tra:

• la percentuale del finanziamento classificata come mitigazione
• la quota del rendimento economico totale attribuibile alla riduzione delle emissioni

Questa osservazione rafforza analisi precedenti che evidenziano due criticità: la classificazione climatica non è sempre trasparente, e l’efficacia in termini di emissioni evitate varia enormemente tra i progetti, anche di ordini di grandezza.

Conclusione: cambiamenti marginali, nessuna rivoluzione

Gli obiettivi di finanza climatica e il prezzo ombra del carbonio sembrano avere avuto un impatto, ma non sufficiente a trasformare radicalmente il portafoglio della Banca Mondiale. Le logiche tradizionali di allocazione, le priorità nazionali dei Paesi mutuatari e le strutture interne dell’istituzione continuano a determinare buona parte delle scelte.

Rimane molto difficile, perfino dall’interno, stabilire quanto il portafoglio attuale sia diverso da quello che avremmo avuto senza obiettivi climatici. E i dati disponibili suggeriscono che i numeri riportati sulla finanza climatica aiutano, al massimo, a margine.

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