
Il presidente argentino Javier Milei si trova di fronte a una contraddizione economica complessa: nonostante l’entusiasmo degli investitori per le sue riforme libertarie, l’Argentina rimane esclusa dai mercati internazionali dei capitali per i finanziamenti in valuta estera. La storia di nove default sovrani del paese sudamericano, l’ultimo dei quali nel 2020, continua a pesare sulle decisioni degli investitori istituzionali. Il premio per il rischio richiesto per detenere titoli argentini denominati in dollari si attesta a 7,71 punti percentuali sopra i Treasury americani, un livello che pur rappresentando un miglioramento rispetto ai 20 punti del precedente governo peronista, rimane troppo elevato per consentire emissioni sostenibili.
L’economista libertario ha ottenuto risultati significativi nell’eliminazione del deficit fiscale e nel contenimento dell’inflazione severa che affliggeva il paese. Tuttavia, come osserva Gabriel Caamaño di Outlier, si tratta di un circolo vizioso: Milei necessita dell’accesso fluido ai mercati per rendere sostenibile il suo programma, ma per ottenerlo deve prima dimostrare che il programma stesso è sostenibile. Il ministro dell’Economia Luis Caputo, ex trader di Wall Street che aveva già guidato il ritorno dell’Argentina sui mercati nel 2016 sotto Mauricio Macri, ha ottenuto quest’anno un prestito aggiuntivo di 20 miliardi di dollari dal FMI e 22 miliardi da altri prestatori multilaterali, oltre a negoziare 3 miliardi in accordi di riacquisto con banche internazionali.
Le elezioni di medio termine come banco di prova per la credibilità internazionale
La memoria degli investitori resta segnata dall’esperienza del 2016-2018, quando il ritorno trionfale dell’Argentina sui mercati capitali sotto Macri si trasformò in una crisi che portò al più grande pacchetto di salvataggio nella storia del FMI. Il legame del 100 anni emesso nel 2017, simbolo della riabilitazione della reputazione argentina, fu successivamente ristrutturato nel 2020, causando perdite sostanziali agli investitori. Il principale fattore di rischio identificato dagli analisti rimane quello politico: i precedenti piani di stabilizzazione sono falliti quando i governi hanno perso il sostegno per i tagli di spesa impopolari.
Le elezioni di medio termine di ottobre rappresentano un momento cruciale per il futuro economico dell’Argentina. I sondaggisti prevedono che la coalizione La Libertad Avanza di Milei potrebbe conquistare fino al 40% dei voti, espandendo significativamente la sua minoranza congressuale. Secondo Nicolás Dujovne, ex ministro dell’Economia durante il governo Macri, una vittoria elettorale convincente potrebbe ridurre gli spread dei bond argentini sotto i 6 punti percentuali rispetto ai Treasury, aprendo la possibilità di rifinanziare i debiti in scadenza. Tuttavia, il vero test arriverà nei mesi successivi alle elezioni, quando la pressione si concentrerà sulla capacità di Milei di implementare riforme strutturali profonde, incluse quelle del mercato del lavoro e misure per aumentare la competitività delle esportazioni, compromessa dal peso forte adottato per contenere l’inflazione.
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