Il vecchio detto “se devi 100 dollari è un tuo problema, se ne devi un milione è un problema della banca” torna oggi con un nuovo protagonista: l’intelligenza artificiale. E a far scattare l’allarme non è una piccola startup, ma OpenAI, l’azienda più influente e costosa dell’intero settore tecnologico.
Durante il WSJ Tech Live di New York, la direttrice finanziaria di OpenAI, Sarah Friar, ha pronunciato una parola che ha fatto tremare gli investitori: backstop. Un termine che, in gergo finanziario, significa “garanzia pubblica”, ovvero un possibile intervento del governo come assicurazione sui debiti futuri. Secondo Friar, per sostenere la costruzione delle infrastrutture necessarie all’AI globale servirebbe un “ecosistema” di finanziamenti capace di mobilitare migliaia di miliardi di dollari.
Le sue parole arrivano in un momento delicato. OpenAI, infatti, avrebbe impegni di spesa per circa 1,5 trilioni di dollari, a fronte di entrate annue di appena 13 miliardi. Un divario enorme, che solleva interrogativi sul rischio di un nuovo “debito tecnologico” sistemico, capace di contagiare tutto il mercato.
Non sorprende che le obbligazioni Oracle – azienda strettamente legata a OpenAI – abbiano registrato un’impennata nei costi di protezione del debito (+50% in un mese). Oracle, che ha appena collocato 18 miliardi di dollari in bond fino al 2065, è una delle tante realtà coinvolte nel gigantesco intreccio finanziario dell’AI: da Microsoft ad Nvidia, da AMD ad Amazon, tutti dipendono in parte dai piani di espansione di OpenAI.
Friar ha successivamente cercato di correggere il tiro, spiegando su LinkedIn che la parola “backstop” aveva “confuso il messaggio” e che OpenAI non cerca un salvataggio governativo. Tuttavia, il concetto resta: la spinta economica dell’intelligenza artificiale è ormai sostenuta anche dal denaro pubblico, sotto forma di agevolazioni fiscali, sussidi per i chip e politiche industriali pro-tech.
Negli Stati Uniti, la legge One Big Beautiful Bill Act consente alle aziende di dedurre integralmente il costo delle nuove infrastrutture AI, rendendo gli investimenti estremamente vantaggiosi. Intanto, i leader del settore come Jensen Huang (Nvidia) e Tim Cook (Apple) vengono trattati come nuovi “eroi industriali”, accolti con onori di Stato ovunque vadano.
Ma dietro l’entusiasmo si nasconde un rischio crescente. Se OpenAI non riuscisse a finanziare i centinaia di gigawatt di potenza di calcolo promessi, le conseguenze potrebbero essere devastanti per l’intero ecosistema tecnologico. Microsoft, Nvidia, Oracle, AMD, Amazon: tutti hanno una quota, diretta o indiretta, in questa gigantesca scommessa sull’AI.
Oggi l’intelligenza artificiale è il motore principale della crescita economica globale e il cuore dei record di Wall Street. Ma se la bolla del credito che la sostiene dovesse esplodere, non sarebbe solo un problema di OpenAI. Sarebbe un problema di tutti.
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