intelligenza artificiale e investimenti
Gli ETF come strumento per investire sullo sviluppo dell'intelligenza artificiale - BorsaInside.com

L’intelligenza artificiale è ormai parte integrante del lavoro degli sviluppatori. Non si tratta più di una novità o di uno strumento sperimentale: secondo un recente studio del team DevOps Research and Assessment (DORA) di Google Cloud, il 90 percento dei programmatori utilizza già l’AI nei propri flussi di lavoro, con un incremento del 14 percento rispetto allo scorso anno. Eppure, nonostante l’adozione massiccia, permane un divario significativo sul fronte della fiducia.

Il rapporto evidenzia infatti che solo il 24 percento degli intervistati afferma di nutrire “molta” o “grandissima” fiducia nei risultati generati dall’intelligenza artificiale, mentre il 30 percento confessa di fidarsi “poco” o “per nulla”. Una contraddizione apparente che, secondo Ryan Salva, senior director of product management di Google, indica che l’AI viene percepita come utile e produttiva, pur non essendo ancora considerata totalmente affidabile.

Una lettura condivisa anche da Matt Kropp, managing director e senior partner di Boston Consulting Group, per cui l’AI è già profondamente integrata negli ambienti di sviluppo. “Oggi è utilizzata per suggerimenti di codice, ricerca, generazione di test, documentazione e perfino per attività di refactoring di base”, spiega. “L’adozione è ampia, ma ancora superficiale.”

Nonostante questo, l’impatto sulla produttività è evidente. Oltre l’80 percento dei 5.000 sviluppatori intervistati dal DORA conferma un miglioramento tangibile nella velocità del proprio lavoro, mentre il 59 percento osserva progressi nella qualità del codice prodotto.

Un esempio concreto arriva dal settore finanziario. Citi, uno dei colossi bancari globali, ha comunicato di aver superato nel 2025 oltre un milione di revisioni di codice automatizzate tramite AI, con un beneficio stimato di circa 100.000 ore di capacità settimanale liberata. Un miglioramento definito “molto significativo” dalla CEO Jane Fraser durante la presentazione dei risultati del terzo trimestre.

Tuttavia, se l’AI ha già alleggerito molte delle operazioni più ripetitive legate allo sviluppo software, il potenziale non è ancora esaurito. Secondo Kropp esistono margini di crescita in ambiti come il refactoring strutturato, la copertura dei test e le migrazioni più complesse. “L’AI dà il meglio di sé sui nuovi percorsi di codice,” afferma, “ma rimane meno affidabile sulle basi storiche delle aziende, dove mancano contesto e informazioni pregresse.” Per questo motivo, aggiunge, servono guardrail solidi: pattern di sicurezza, regole chiare nei repository e processi di revisione rigorosi per trasformare le opportunità immediate in veri risultati aziendali.

La fotografia restituita dallo studio è chiara: l’AI sta rivoluzionando il modo in cui si sviluppa software, aumentando velocità ed efficienza, ma per conquistare una fiducia piena serve ancora un lavoro profondo sulla trasparenza, sulla qualità dei modelli e sulla loro capacità di operare in sistemi complessi e legacy.

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