Governo, Salvini tira ancora la corda: ora via 3 ministri 5 Stelle

Dai palazzi della politica non si allontana ancora nessuno. Matteo Salvini ha inviato un sms ai suoi col quale chiede di restare in zona, ma nemmeno Luigi Di Maio ha lasciato Roma, e ha spiegato di avere da sbrigare alcuni impegni istituzionali. 

Fatto sta che all’indomani del voto al Senato delle mozioni pro e contro la linea alta velocità Torino-Lione, la stabilità del governo è gravemente compromessa. Salvini vorrebbe andare al voto prima di subito, ma non ha ancora trovato il modo di far cadere il governo senza però che la colpa ricada su di lui. Sa bene che se per l’opinione pubblica sei responsabile della fine dell’esecutivo, i consensi calano.

Il rimpasto di Salvini: via Toninelli, Costa e Trenta. Poi forse anche Grillo e Tria

Così ecco il nuovo tentativo del leader leghista che dall’alto del suo 38% degli ultimi sondaggi, questa volta chiede che vadano via 3 ministri 5 Stelle che non gli vanno a genio. Il primo della lista non poteva che essere Danilo Toninelli, che tra le tante colpe attribuitegli da Salvini, ha quella di opporsi alla realizzazione del Tav. 

Ma Toninelli non è l’unico ministro di cui Salvini vuole liberarsi. Nella lista ci ha messo anche il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che di recente ha fatto notizia per aver preso le difese dell’orso M49, braccato dalla forestale dopo che il presidente della provincia di Trento, il leghista Maurizio Fugatti, ha dato ordine di abbatterlo.

Il terzo ministro che per Salvini deve andare via è Trenta alla Difesa. In seguito valuterà se sostituire anche il ministro Grillo alla Sanità, e il ministro Tria all’Economia, colpevole quest’ultimo di essere troppo accondiscendente con l’Europa. Il Movimento 5 Stelle ha accennato una timida reazione, provando a mettere sotto accusa il ministro della Lega Bussetti all’Istruzione, e il ministro all’Agricoltura Centinaio, che peraltro Salvini vorrebbe Commissario Ue.

Insomma alla fine quella richiesta di rimpasto di cui si parlava non più di un mese fa, che Salvini ribadiva di non volere, evidentemente adesso è arrivata senza neppure tanti giri di parole. Il leader della Lega a Conte ha detto chiaro e tondo quali sono i ministri che “non funzionano”.

E le pretese di Salvini non finiscono qui, anzi le altre forse sono ancora più difficili da digerire per i 5 Stelle. La riforma della giustizia targata Bonafede non va bene, e nemmeno il salario minimo. Le intese autonomiste vanno fatte e anche subito. Inoltre la Lega vuole il via libera per trattare a Bruxelles battendo i pugni per spuntare margini di deficit più ampi.

E mentre Conte prende nota delle richieste avanzate dal vicepremier Salvini nella serata di ieri, i pentastellati cercano di trovare il modo di concedere il meno possibile all’avversario alleato di governo, senza però rischiare di finire al voto anticipato. Un ritorno alle urne in autunno non sarebbe da escludere infatti, ma ci sono alcuni elementi da considerare.

Elezioni anticipate oppure no?

Salvini ha confessato di passare ultimamente delle notti insonni “per la grande responsabilità” derivante dal suo ruolo nell’esecutivo, ma non è difficile immaginare che una parte del sonno lo perda arrovellandosi per capire in che modo far fruttare il suo 38% dei sondaggi.

Quella attuale è sicuramente la congiuntura più favorevole alla Lega, e non è detto che i sondaggi continueranno a migliorare nelle prossime settimane. Insomma sarebbe arrivato il momento di incassare, di raccogliere i frutti di quella fabbrica del consenso che ha lavorato splendidamente dall’inizio dell’esecutivo fino ad oggi.

Anche perché viste le avvisaglie, qualche ingranaggio della suddetta macchina sembrerebbe sul punto di incepparsi, con conseguenze tutt’altro che piacevoli per Salvini e la Lega, da cui presumibilmente le notti insonni del leader del Carroccio.

Tra poche settimane l’esecutivo dovrà affrontare lo spinoso problema della legge di Bilancio, tanto per cominciare, evento che difficilmente si rivela catalizzatore di consensi per le forze al governo. Ma non è tanto quello a preoccupare Salvini, quanto temi ben più vicini alla Lega, come ad esempio le inchieste giudiziare sui presunti finanziamenti provenienti dalla Russia, le casse del partito attualmente vuote, per non parlare della sentenza che conferma l’obbligo di restituire i 49 milioni di euro che la Lega si era bellamente messi in tasca.

Eppure non è ancora tutto, perché se Salvini dice: “da qualche notte dormo poco e male”, probabilmente è anche perché pensa alla riforma costituzionale con la quale si riduce il numero dei parlamentari. Già perché i tempi della riforma potrebbero allungare quelli della legislatura, e intrecciarsi con la parlamentarizzazione della crisi.

L’ultimo voto è infatti previsto per il 9 settembre, ma l’entrata in vigore della legge non avverà prima dei 3 mesi successivi a meno che non ci sia una richiesta di referendum confermativo, possibilità quest’ultima molto gettonata.

Quindi le probabilità di tornare al voto in autunno sono estremamente basse, a meno che Salvini non decida di aprire una contesa con il Quirinale sulla manovra di Bilancio, cosa quest’ultima che porterebbe il Paese all’esercizio provvisorio, che a sua volta significherebbe per gli Italiani aumento dell’IVA nel caso di votazioni politiche tra il 13 e il 20 ottobre.

In caso di referendum si arriverebbe alla primavera, ma poi sarà necessario rivedere la legge elettorale prima di tornare alle urne, perché quella che entra in funzione dà alla Lega troppo spazio nei collegi. Le opposizioni e il Movimento 5 Stelle naturalmente troverebbero un accordo su una riforma elettorale proporzionale, soluzione che a Salvini non converrebbe affatto.

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