Brexit: lo slogan di Boris Johnson chiede di liberare il potenziale della Gran Bretagna

I sondaggi lo danno favorito e con un numero di consensi in costante crescita, così il leader Tory Boris Johnson sembra sempre più ottimista, e ora guarda alla Brexit come regalo di Natale per il Regno Unito.

I volantini della propaganda del partito conservatore riportano slogan come: “Get Brexit Done. Unleash Britain’s Potential”, insomma l’uscita dall’Ue libererebbe tutto il potenziale della Gran Bretagna. Sono questi i contenuti del manifesto elettorale conservatore illustrato il 24 novembre, un manifesto all’insegna dell’ottimismo, giustificato anche dagli ultimi sondaggi, che a meno di tre settimane dal voto danno Johnson in ascesa.

Non si è dilungato troppo sui dettagli del programma, il leader Tory, che in meno di 15 minuti ne ha sintetizzato i punti salienti tra le ovazioni del pubblico, una sala gremita di sostenitori e notabili conservatori nella città di Telford. Questo è di fatto uno dei collegi dal risultato incerto, che si trova nelle West Midlands inglesi, ed è qui che Johnson ha sostanzialmente confermato la sua intenzione di portare il Regno Unito fuori dall’Ue.

Ci sono 59 pagine nel manifesto di Telford, ma si punta molto sullo slogan “get Brexit done”, assicurando che non verranno aumentate le tasse, a fronte della promessa di una maggiore spesa. E naturalmente si parla del rivale laburista Jeremy Corbyn, che per il suo programma labourista ha avuto bisogno quasi del doppio delle pagine.

Il leader Labour ha annunciato infatti un programma da 83 miliardi di sterline, spiegato in 99 pagine, con il quale si mira a riforme radicali, si parla di giustizia sociale e fiscale, ma anche di nazionalizzazioni.

I due scenari possibili

Per Boris Johnson “le prossime elezioni saranno le più cruciali nella memoria moderna”, poi aggiunge dal palco “mai la scelta è stata così estrema”. Per ora le probabilità sembrano a suo favore, e potrebbe realmente concretizzarsi una chiara vittoria dei Conservatori.

E’ questo il primo scenario che possiamo ipotizzare, quello in cui i Tory ottengono alla prossima Camera dei Comuni la maggioranza assoluta, e se così fosse non avrebbero alcun problema a finire il lavoro iniziato col referendum in cui vinse il Sì all’uscita del Regno Unito dall’Ue. In questo scenario la Gran Bretagna otterrebbe la ratifica dell’accordo per il divorzio da parte dei 27 Paesi prima di Natale, e sarebbe fuori entro la nuova scadenza che è fissata al 31 gennaio.

Il secondo scenario possibile è quello di un “hung Parliament”, vale a dire un parlamento frammentato, nel quale laburisti e indipendentisti scozzesi dell’Snp potrebbero prolungare “incertezza e rinvii” lanciando il bis di due referendum. Uno quello chiesto più e più volte da Jeremy Corbyn sull’euro, l’altro quello che riguarda la secessione della Scozia dall’Inghilterra.

Tutt’altro che uno scenario auspicabile, per Johnson, la cui posizione politica è diametralmente opposta a quella di “monsieur Corbyn”. Così il leader Tory chiama l’indeciso leader laburista, che si ostina a cercare di strappare all’Europa un accordo diverso, con condizioni più miti, accordo che vorrebbe poi sottoporre al parere popolare.

Il programma dei Tory

Per il leader Tory Boris Johnson, il programma dei laburisti è “marxista”. I Conservatori vogliono la fine dell’austerity e la possibilità di fare nuovi investimenti pubblici, ma senza che ciò vada a pesare sulle tasche dei contribuenti.

Nessun aggravio fiscale per i 5 anni della nuova legislatura, su qualunque reddito, sui contributi assistenziali e sull’Iva. In compenso arriva la promessa di stanziamenti da 6,3 miliardi di sterline per l’edilizia e l’ammodernamento ambientale delle case, più mezzo miliardo per un fondo di aiuto ai giovani “talenti”, ma anche risorse aggiuntive per sanità, scuola e sicurezza.

Una linea che per l’altro noto leader euroscettico inglese, Nigel Farrage, non può che andar bene, tant’è che l’unica accusa che può muovere contro il leader Tory è quella di avergli rubato le idee. Scettico invece il parere di Paul Johnson, economista dell’Institute for fiscal studies (Ifs), che esprime dubbi in merito al fatto che il programma dei laburisti si possa attuare alzando le tasse solo al 5% più benestante del Paese, e ancor più che quello dei Tory sia realizzabile non alzandole affatto.

Ma che gli economisti possano credere nella ricetta dei Tory o meno, secondo gli ultimi sondaggi a crederci sono gli elettori, in numero sempre maggiore. Secondo l’ultimo sondaggio condotto da Opinum per il giornale progressista Observer prevede che il partito Conservatore di Boris Johnson raccolga il 47% dei consensi.

Secondo lo stesso sondaggio, il partito laburista di Jeremy Corbyn sarebbe invece fermo intorno al 28%, in calo i liberaldemocratici contrari alla Brexit di Jo Swinson ora intorno al 12%, mentre il Brexit Party di Nigel Farrage è sceso ad un misero 3% dopo il 30% conquistato alle elezioni europee di maggio scorso.

E’ anche vero che il sistema elettorale maggioritario britannico non ci consente di trarre conclusioni, ma di certo appare chiara la tendenza dell’elettorato, ed in base a questo sembra che Boris Johnson abbia buone probabilità di successo.

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