Approvato il decreto intercettazioni: più potere ai pm, e sì all’uso di trojan per entrare nei dispositivi

A pochi giorni dalla scadenza del 29 febbraio, il decreto legge sulle intercettazioni ha incassato la fiducia del Parlamento. I sì alla Camera sono stati in tutto 304, contro i 226 no e un astenuto, ed ora l’entrata in vigore è prevista per il mese di marzo.

Sul decreto intercettazioni la maggioranza è risultata coesa, e persino Italia Viva che ha dato battaglia invece sulla riforma della prescrizione, ha votato a favore. Molte le novità che saranno contenute nel decreto sulle intercettazioni approvato dal parlamento in questi giorni, ed inevitabilmente si inizia a temere che alcune di esse in particolare possano minacciare le libertà individuali dei cittadini e calpestare la loro privacy.

Tra le novità, forse la più controversa è proprio quella che riguarda l’emendamento presentato dal senatore Pietro Grasso, che permette di fatto l’utilizzo di virus trojan per entrare nei dispositivi per carpire informazioni ritenute utili ai fini delle indagini. Ma vediamo di preciso quali sono le modifiche introdotte dal Decreto Legge sulle intercettazioni.

Decreto intercettazioni, ecco cosa cambia a marzo

Nell’ambito della riforma della giustizia del ministro Alfonso Bonafede (M5s), che a breve entrerà nel vivo anche con la riforma del processo penale, il Parlamento ha approvato in questi giorni il decreto sulle intercettazioni.

Il decreto legge appena approvato va a modificare la Legge Orlando che è stata varata nel corso del Governo Gentiloni, con disposizioni che entreranno in vigore a partire dal mese di marzo 2020 e saranno valide per reati iscritti a partire dal 29 febbraio.

Tra le novità introdotte dal decreto, quella che riguarda l’incremento dei poteri dei Pubblici Ministeri. Saranno i Pm infatti, e non più la polizia giudiziaria, a determinare e scegliere cosa può essere rilevante nel contesto di indagini in corso e cosa no. In questo modo, almeno in teoria, sarà possibile garantire la privacy dei soggetti intercettati escludendo le parti di conversazione che hanno carattere intimo o comunque privato.

Oltre a quello dei Pm, con il decreto intercettazioni si rafforza il potere degli avvocati difensori ai quali sarà permesso di prendere visione dei fascicoli, di ascoltare le conversazioni ed estrarne copia senza i limiti che venivano invece imposti dalla legge Orlando. Gli avvocati difensori potranno anche eseguire trasposizioni del materiale intercettato su altri supporti.

Alcune novità riguardano anche il lavoro svolto dai giornalisti. Infatti grazie al decreto presto in vigore, i giornalisti che pubblicano intercettazioni o parti di esse non commetteranno più una violazione del segreto d’ufficio.

Sempre nel contesto di questa riforma si colloca poi la digitalizzazione del procedimento, con la trasposizione in forma telematica di tutti gli atti relativi al materiale intercettato. Ci sarà quindi un deposito digitale appositamente realizzato presso la Procura della Repubblica, e nel registro verranno puntualmente annotate tutte le eventuali consultazioni del materiale raccolto, con data e ora di ogni consultazione.

Approvato l’uso del virus Trojan

Nel testo del decreto è stata inserita anche una modifica apportata con l’emendamento del senatore Pietro Grasso (Pd) che prevede l’utilizzo di virus Trojan (virus-spia) nell’ambito delle indagini. 

Il virus spia, che verrebbe installato sui dispositivi dell’indagato a sua insaputa, potrebbe essere utilizzato, secondo quanto riporta IlFattoQuotidiano “non solo per i reati contro la pubblica amministrazione commessi da pubblici ufficiali, ma anche dagli incaricati di pubblico servizio e puniti con la reclusione sopra i 5 anni”.

Inoltre si specifica che l’intercettazione potrà avvenire anche nei luoghi privati, come peraltro già previsto dalla Spazzacorrotti per i pubblici ufficiali, ma solo “previa indicazione delle ragioni che ne giustificano l’utilizzo”.

Le intercettazioni possono inoltre essere utilizzate anche per procedimenti diversi da quelli per i quali erano state disposte, purché ritenute “indispensabili” e “rilevanti” nell’ambito di reati per i quali è previsto l’arresto in flagranza e di quelli particolarmente gravi, dettagliati nell’articolo 266 del codice di procedura penale che recita:

  1. L’intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione è consentita [295 comma 3] nei procedimenti relativi ai seguenti reati:
    a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell’articolo 4;
    b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell’articolo 4;
    c) delitti concernenti sostanze stupefacenti e psicotrope;
    d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive;
    e) delitti di contrabbando;
    f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo delle persone col mezzo del telefono;
    f-bis) delitti previsti dall’articolo 600 ter, terzo comma, del codice penale, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600 quater 1 del medesimo codice, nonché dall’art. 609 undecies;
    f-ter) delitti previsti dagli articoli 444, 473, 474, 515, 516, 517 quater e 633, secondo comma, del codice penale;
    f-quater) delitto previsto dall’articolo 612 bis del codice penale.

Sempre nell’articolo 266 del Codice di procedura penale si specifica in quali casi è consentita l’intercettazione di comunicazioni tra presenti, anche attraverso “l’inserimento di un captatore informatico su un dispositivo elettronico portatile”.

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