Piani di emergenza al vaglio della BCE da attuare se la Bundesbank esce dal Quantitative Easing

Alla BCE serve un piano B, da attuare nel caso in cui la Bundesbank dovesse decidere di chiamarsi fuori dal Quantitative Easing, rischio che si è palesato nel momento in cui si è pronunciata la Corte Costituzionale Tedesca.

Tra le possibili conseguenze di una eventuale interruzione del Qe da parte della banca tedesca, ci sarebbero, secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, ripercussioni legali. La BCE infatti sembra non escludere affatto la possibilità di ricorrere ad azioni legali per rimettere in riga l’istituto tedesco, che verrebbe così reinserito a forza nel programma di acquisto titoli.

L’ipotesi è ancora al vaglio dell’Eurotower, e ancora non c’è stata alcuna discussione del Consiglio direttivo, pertanto si parla ancora di uno scenario poco credibile, e che rappresenterebbe l’ipotesi più estrema.

Le probabilità che la Bundesbank decida davvero di interrompere l’acquisto di titoli nell’ambito del Quantitative Easing della Bce è di fatto considerata alquanto remota. Tuttavia la sentenza della Corte Costituzionale tedesca è stata chiara, e palesemente in conflitto in più punti con quella del 2018 emessa dalla Corte di Giustizia europea.

Alla Bce, la Corte tedesca, ha dato tre mesi per rendere conto delle azioni intraprese. La Banca centrale europea dovrà dimostrare infatti che gli acquisti del Quantitative Easing (piano lanciato da Draghi nel 2015) siano proporizionati agli effetti economici e fiscali del programma. E se così non dovesse essere, la BuBa si chiamerà fuori dai giochi, interrompendo il Quantitative easing, addirittura vendendo i titoli tedeschi acquistati.

In questo scenario toccherebbe alla Bce farsi carico della quota che ora è in capo all’istituto tedesco, ma si ritiene che nonostante la sentenza della corte costituzionale, sarà la stessa BuBa a schierarsi dalla parte della Banca europea.

Il ministro per gli Affari Europei, Vincenzo Amendola, ha dichiarato oggi: “l’approccio di tutti gli interlocutori è consapevole della necessità di evitare strappi dannosi e inutili. Come hanno ribadito i rappresentanti istituzionali tedeschi, nell’interpretazione del diritto Ue l’ultima parola è della Corte di Giustizia dell’Unione europea”.

Sempre il ministro Amendola però ha anche ricordato che “il fatto che un giudice nazionale abbia ritenuto di svolgere un autonomo controllo di qualità sulla giurisprudenza della Corte Ue, giungendo a conclusioni in parte difformi, resta una forte stonatura dei rapporti tra le architetture giuridico-istituzionali dell’Unione europea e dei suoi Stati membri“.

Gli obblighi della BCE e della BundesBank, una matassa difficile da sbrogliare

Una situazione che appare però quasi senza via d’uscita perché si è venuto a concretizzare un vero groviglio politico. Da una parte abbiamo la Banca centrale tedesca ed il Governo federale che devono necessariamente rispettare sia la sentenza della Corte costituzionale che l’indipendenza della Bce, e quindi non possono sollecitare interventi.

Dall’altra ci sono invece i vincoli della Bce, che chiaramente non può rispondere ai giudici tedeschi, eppure è quasi costretta a farlo se non vuole rischiare di perdere il suo principale azionista, vale a dire la Bundesbank, che potrebbe appunto chiamarsi fuori dai programmi della stessa, causando inevitabile fine dell’euro.

La Bundesbank in teoria dovrebbe invece rispettare la sentenza della Corte costizionale tedesca, ed agire di conseguenza uscendo eventualmente dal Pspp, però è anche tenuta a seguire le decisioni della Banca europea.

Entra in gioco infatti l’articolo 7 dello statuto del Sistema Europeo delle banche centrali che stabilisce che: “né la BCE, né una banca centrale nazionale, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione, dai Governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo”.

Secondo alcuni esperti, per il futuro, l’ideale sarebbe fondere insieme il Pspp lanciato nel 2015 da Mario Draghi con il nuovo Pepp di Christine Lagarde, riducendo in questo modo il rischio di nuovi ricorsi.

Isabel Schnabel, membro del board della Bce, ha dichiarato ieri al Financial Times: “dobbiamo evitare che una banca centrale nazionale non possa partecipare ai nostri programmi di acquisto. Sono sicura che ci saranno comunicazioni tra la Bundesbank, il Parlamento e il Governo tedesco, e si troverà una soluzione”.

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