Il lockdown ha prodotto un inevitabile crollo dei consumi, ed ora si cerca di farli ripartire, ma chiaramente è molto più facile a dirsi che a farsi, tanto che ai fatti, specialmente in Italia, ci si passa raramente. Si parla della possibilità di andare verso un taglio dell’Iva, con lo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che nella giornata di ieri ha prospettato un taglio per un periodo di tempo limitato a causa del “costo molto alto”.

Un intervento che però potrebbe produrre qualche risultato, spingendo i consumi e quindi dando un’accelerata alla ripartenza del Paese dopo il lockdown. Ma “non c’è una ricetta pronta” per quel che riguarda la ripartenza, ha sottolineato il premier “siamo in una situazione di incertezza. Qualsiasi soluzione non può essere univoca”.

In una intervista rilasciata a IlFattoQuotidiano il presidente Conte ha poi spiegato: “qui si parla di IVA perché nel corso degli incontri avuti con associazioni di categoria e imprenditori è una delle richieste avanzate. Abbiamo detto che avremmo valutato questa possibilità, è chiaro che un calo dell’IVA costa moltissimo. Si è valutata l’ipotesi di una riduzione per un breve periodo di tempo”.

Insomma, ammesso che si arrivi davvero ad una sforbiciata sull’Iva, che nessuno si culli sugli allori perché sarà solo una cosa temporanea. Tra l’altro si tratta solo di un’idea, e da qui a diventare legge in genere ne passa di acqua sotto i ponti.

M5s per il taglio dell’Iva, ma intanto rinvio delle scadenze di giugno

Un taglio che peraltro nella stessa maggioranza non piace a tutti. Piace al Movimento 5 Stelle, il taglio dell’Iva, ma non al Partito Democratico e nemmeno a Italia Viva. Non resta che cercare di capire quali saranno effettivamente i costi di una misura di questo tipo, ancorché temporanea, e quali invece i benefici, dopodiché si tireranno le somme.

Un sì convinto, da parte del Movimento 5 Stelle, al taglio dell’Iva per rilanciare i consumi, ma prima bisogna rinviare le scadenze fiscali del mese di giugno. Il messaggio è molto chiaro, ed espresso in una nota dai deputati M5s della Commissione Finanze.

“Siamo pienamente d’accordo con chi evoca la necessità di una riforma complessiva e di una eventuale riduzione dell’Iva” scrivono i deputati grillini “ma l’urgenza del momento riguarda soprattutto le scadenze di giugno” e spiegano: “a partire dalle imposte sui redditi, vale a dire saldo e acconto Irpef e Ires, ma anche in riferimento alla dichiarazione Iva e ad altri adempimenti, è necessario prorogare la scadenza del 30 giugno al 30 settembre, senza esitazioni”.

Il ministero dell’Economia intanto si mostra più che prudente e tutt’altro che ottimista circa la possibilità di rilanciare i consumi anche attraverso il taglio dell’Iva. Per poter valutare il Mef attende le simulazioni, che chiariranno se il piano è concretamente realizzabile oppure no.

Stando ai calcoli contenuti nella dichiarazione tecnica del decreto Rilancio, se si taglia l’aliquota ordinaria del 22% di un punto, il costo dell’operazione è di circa 4,37 miliardi di euro, mentre lo stesso taglio nel caso dell’aliquota ridotta del 10% comporta una spesa di poco meno di 2,9 miliardi di euro.

Del taglio dell’Iva ha parlato qualche giorno fa anche la vice ministra dell’Economia, Laura Castelli, che ha proposto di ridurla “per qualche anno insieme a quella strategia già messa in campo dal presidente del Consiglio a favore dei pagamenti elettronici“.

Insomma si tratterebbe di affiancare i provvedimenti che riguardano la lotta all’evasione attraverso l’incentivazione dei metodi di pagamento tracciabili, alla riduzione dell’Iva. La misura potrebbe essere inserita addirittura nella prossima legge di Bilancio, e potrebbe divenire effettiva a partire dal gennaio 2021.

Non si tratterebbe solo di ridurre l’Iva, ma di un intervento che si collocherebbe in un piano più ampio di riduzione delle tasse e dell’Irpef, piano al quale il Governo sta da tempo lavorando. Il taglio dell’Iva comunque dovrebbe essere selettivo e mirato.

Tra le ipotesi che sono state ventilate, anche quella di far passare alcuni beni considerati di larghissimo consumo dall’aliquota al 22% a quella ridotta, ma al contempo si continua a valutare la possibilità di favorire tramite la riduzione alcune filiere particolarmente colpite dalla crisi, come quella del turismo, quella della ristorazione nei servizi e quella dell’auto nell’industria.

La viceministra Castelli ha infatti spiegato: “dobbiamo intervenire sui settori che sono stati maggiormente colpiti da questa crisi. Penso a tutta la filiera del turismo e della ristorazione, in primis. Ma anche all’artigianato, all’abbigliamento e all’automobile. Un’operazione che va legata al cashless, per far ripartire l’economia”.

Se non altro, anche qualora la riduzione dell’Iva non dovesse essere messa effettivamente in campo, con il decreto Rilancio è stato almeno scongiurato l’aumento dell’Iva previsto dalle clausole di salvaguardia che sono state definitivamente cancellate.

Germania e Cipro hanno già tagliato l’Iva

Intanto, mentre in Italia ci si pensa, ed in Francia e Regno Unito ci fanno un pensierino, la Germania è già passata ai fatti, con un taglio dell’Iva che scatta a partire dal 1° luglio. Per i prossimi sei mesi l’aliquota in Germania scenderà dal 19 al 16% per un costo complessivo di circa 20 miliardi di euro. Un taglio viene fatto anche sull’aliquota ridotta che invece passa dal 7 al 5%.

Eppure non è solo la Germania ad essere passata subito ai fatti, anche Cipro ha operato nella stessa direzione, con un taglio dell’Iva che ha portato l’aliquota ordinaria dal 19 al 17% già dai primi giorni dopo la fine del lockdown, mentre nel settore del turismo l’aliquota è scesa dal 9 al 5% a partire dal 1° luglio e fino al 10 gennaio 2021.

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