Il governo Conte approva la Nadef. Per il 2021 PIL a +6%, rapporto debito/PIL al 158%

È stata già approvata dall’esecutivo la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef) con la quale si tracciano le previsioni riguardanti l’andamento economico dell’Italia per il 2021.

Si tratta del primo passo per poter procedere con l’attivazione dell’iter attraverso il quale si attiveranno i finanziamenti previsti dal Recovery Fund.

Il via libera del governo Conte bis è stato annunciato dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (Pd), che ha comunicato il parere positivo al testo programmatico via social spiegando che la strategia economica scelta dall’esecutivo mira ad avere “più crescita, investimenti, lavoro”. “Grazie anche ai fondi europei disegniamo l’Italia del futuro da lasciare ai nostri figli” scrive Gualtieri “più verde, più digitale, più giusta e inclusiva”.

All’interno della Nadef sono stati inseriti tutti gli scenari di crescita dell’Italia per i prossimi anni. Vi si trovano le prospettive e i numeri, che possono essere consultati direttamente scaricando la bozza, pubblicata da Il Corriere della Sera.

Nella Nadef PIL -9% nel 2020, +6% nel 2021

Il governo Conte ha approvato le linee programmatiche contenute nella Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza valide fino al 2023. Tra le previsioni inserite nella nota troviamo anzitutto una revisione del calo del PIL, che per il 2020 non sarà di 8 punti percentuale, ma raggiungerà evidentemente il -9%.

Nella Nadef l’esecutivo rivede anche la stima riguardante l’incremento del Prodotto Interno Lordo per il quarto trimestre 2020, spostandola da un troppo ottimistico +3,8% che era stato previsto dal DEF, ad un molto più realistico +0,4%.

Il dato va poi ad inserirsi nel quadro epidemiologico che viene rilevato ad oggi in Italia, che nella nota viene descritto come segue:

“La cautela circa l’aumento del PIL nel quarto trimestre riflette, da un lato, il forte rimbalzo stimato per il trimestre estivo e, dall’altro, la recente ripresa dei contagi, sia in termini assoluti sia in rapporto ai tamponi effettuati giornalmente. Rispetto ai minimi raggiunti nella seconda metà di luglio, sono anche risaliti il numero di pazienti Covid-19 ricoverati negli ospedali italiani e quello dei decessi”.

Ma non si tratta solo del quadro italiano a dipingere un futuro ancor più buio del previsto, ad incidere è anche la situazione che si riscontra negli altri Paesi d’Europa, visto il costante aumento del numero dei contagi seppur con delle evidenti anomalie.

Il quadro viene considerato allarmante e “tutto ciò potrebbe frenare la ripresa delle esportazioni italiane osservata negli ultimi mesi” si legge nella Nadef.

Si conferma tuttavia la previsione di un rimbalzo del PIL per il 2021 stimato intorno al 6%, con la possibilità però che una seconda ondata di coronavirus intervenga frenando ulteriormente la ripresa, fino a ridurla ad un misero +1,8% per il 2021, mentre si rischierebbe di chiudere il 2020 con un calo che dal -9% raggiungerebbe il -10,5%.

Nel frattempo il rapporto debito/Pil che aveva raggiunto nel 2019 il 134,8%, un risultato peraltro migliore rispetto alle stime che prevedevano oltre il 135%, raggiungerà grazie alle misure restrittive adottate nel periodo di lockdown e le limitazioni imposte fino ad oggi, la soglia del 158%.

A spingere vicino al 160% il rapporto debito/Pil ha contribuito l’inevitabile politica di “forte espansione di bilancio” ma anche “l’inedita caduta del PIL nominale e impatto di alcune operazioni finanziarie”.

Nonostante questo, e nonostante il fatto che gli interessi su un debito di tali proporzioni siano chiaramente alle stelle, il governo prevede per i prossimi anni una discesa del rapporto debito/Pil di 2 punti percentuali, sia per il 2022 che per il 2023, data entro la quale il rapporto dovrebbe scendere intorno al 153,5%.

Il Recovery Fund produrrà i suoi effetti a partire dal 2022

Non sta decollando con la rapidità che si sperava la strategia per la ripresa fondata sul Recovery Fund, che sembra attualmente imbrigliato dal veto di alcuni Paesi membri e rischia di slittare nei tempi di attuazione.

Nella Nota approvata dall’esecutivo si legge a tal proposito che “il contributo alla crescita rappresentato dagli interventi che verranno realizzati attraverso l’utilizzo delle risorse del Next Generation EU è relativamente più moderato nel primo anno, per poi aumentare fino a produrre un impatto dello 0,8 per cento sul PIL nell’ultimo anno di previsione”.

In parole povere si ritiene che le risorse messe a disposizione dall’Ue avranno una incidenza estremamente ridotta rispetto alle previsioni sulla ripresa economica, con un impatto sul PIL 2021 dello 0,3% soltanto, con un più ampio margine di intervento sulla manovra economica che inciderà invece con un +0,6% sul PIL.

Non si può ancora dire con certezza se i fondi destinati all’Italia arriveranno entro il prossimo anno, quindi l’Italia potrebbe trovarsi costretta ad utilizzare solo i finanziamenti a fondo perduto in modo da non gravare ulteriormente sul debito pubblico.

Nel 2022 l’impatto del Recovery Fund sul PIL dovrebbe incrementare, seppur leggermente, la sua incidenza sul PIL fino al +0,4%.

In questo quadro di per sé già non particolarmente incoraggiante si aggiunge un altro particolare. Il ministro degli Affari Europei, Enzo Amendola, qualche giorno fa aveva avvertito circa possibili difficoltà nel raggiungere un’intesa per il Recovery Fund e sull’accordo sul bilancio dell’UE.

In mancanza di un accordo la possibilità di accedere ai 209 miliardi di euro cui avrebbe diritto l’Italia slitterebbe ben oltre la data del 1° gennaio 2021.

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