La spaccatura nel Movimento 5 Stelle si allarga, sarebbero 70 i Parlamentari grillini contrari al governo Draghi

Si avvicina il giorno in cui il Parlamento sarà chiamato a votare la fiducia al presidente del Consiglio incaricato da Sergio Mattarella, che appena un paio di giorni fa ha presentato la nuova squadra di governo. Un appuntamento che di certo non preoccupa Mario Draghi né il presidente della Repubblica, vista la larga base di consenso che le varie forze politiche hanno già garantito.

Questa base però ha iniziato ad assottigliarsi in questi pochi giorni che intercorrono tra l’assegnazione dell’incarico a Mario Draghi e il voto di fiducia delle Camere. Il Movimento 5 Stelle infatti, nonostante la votazione su Rousseau, sosterrà il nuovo esecutivo ma a quanto pare tutt’altro che all’unanimità.

Avevamo già rilevato la defezione di Alessandro Di Battista, che con un video su Facebook aveva annunciato dopo il voto della base degli elettori grillini, di aver lasciato il Movimento 5 Stelle. Ad aver votato No su Rousseau erano stati però altri esponenti a 5 Stelle, come l’ex ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, o la ex ministra per il Sud, Barbara Lezzi.

Allora si parlava di una cinquantina di parlamentari del Movimento 5 Stelle che stavano avendo qualche difficoltà a digerire questo ennesimo ed eclatante voltafaccia, numero che in pochi giorni è alquanto cresciuto fino a raggiungere quota 70 parlamentari, 40 deputati e 30 senatori.

Nel Movimento 5 Stelle insomma rischia di formarsi una bella spaccatura, e anche se questa non potrà mai essere sufficientemente ampia da impensierire Mario Draghi, è comunque degna di nota per il suo significato politico.

Tra l’altro sul Movimento 5 Stelle, su quella parte che sostiene il governo Draghi se non altro, il Partito Democratico contava per le future elezioni, e rischia di ritrovarsi con un alleato ancor meno influente.

Il M5s di pezzi ne ha già persi eccome, strada facendo, e con essi una consistente percentuale del suo elettorato, ma ora con questa spaccatura rischia di ridursi ulteriormente di peso, fino a raggiungere percentuali di consenso così basse da potersi contare sulle dita di una sola mano.

Ne sono ben consapevoli i vertici del M5s, e ne è consapevole lo stesso Davide Casaleggio, figlio di Gianroberto, il quale ha lanciato un appello ai ‘dissidenti’. “Se non siete favorevoli, considerate almeno la via dell’astensione” ha detto il socio di Beppe Grillo.

Un parere che però quell’ala sempre più nutrita di Parlamentari 5 Stelle non ha gradito, e qualcuno ha parlato di “inaccettabile ingerenza”. La senatrice salentina, Barbara Lezzi, ha confermato il proprio No a Mario Draghi chiedendo anche una seconda votazione su Rousseau, subito affiancata dal senatore 5 Stelle Mattia Crucioli, e dal deputato Pino Cabras.

Per il no a Draghi tra i 5 Stelle troviamo anche Francesco Forciniti, Alvise Maniero e Raphael Raduzzi, ed inizia a circolare l’idea di formare un nuovo gruppo che li porterebbe definitivamente fuori dal M5s e che prenderebbe posto all’opposizione.

I dirigenti del M5s intanto cercano di correre ai ripari, e stando a quanto riportato dall’Huffington Post, “ha aperto un canale di dialogo con tutti i dissidenti sul cosiddetto ‘lodo Brescia’ dal nome di Giuseppe Brescia che sabato ha fatto notare come si possa incidere sulle scelte del governo più come voce critica all’interno del Movimento che non fuori dalla maggioranza di governo”.

La stessa fonte spiega che “martedì 16 febbraio si voterà su Rousseau sulla nuova governance del Movimento che prevede un direttorio di 5 persone, entro cui potrebbe trovare posto la voce della minoranza, che avrebbe dunque garanzie interne”.

Uno strenuo tentativo insomma di riportare nei ranghi i 5 Stelle più oltranzisti. L’idea sarebbe quella di ridurre il più possibile il numero dei ‘dissidenti’ fino a scendere a 20 senatori sui 92 complessivi, e 10 deputati sui 190.

E dalla parte di Draghi con convinzione c’è lo stesso Beppe Grillo, a spingere in questa direzione con un post nel quale afferma: “now the environement. Whatever it takes” cioè “ora l’ambiente, a qualsiasi costo”, come a dire che i valori fondanti del M5s sono stati sì sacrificati, ma solo per salvare l’ambiente.

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