Il vertice europeo in corso a Bruxelles è uno dei più complessi e delicati degli ultimi anni. Al centro dell’agenda c’è il sostegno finanziario all’Ucraina e, soprattutto, il possibile utilizzo degli asset russi congelati nei Paesi occidentali dopo l’invasione del 2022. Una scelta che potrebbe cambiare gli equilibri geopolitici, ma che solleva forti dubbi giuridici, economici e politici, spaccando l’Unione europea e provocando la dura reazione di Mosca.
Cosa sono gli asset russi congelati e perché valgono così tanto
Con l’espressione “asset russi congelati” si fa riferimento principalmente alle riserve della Banca centrale della Federazione Russa bloccate nei sistemi finanziari occidentali a seguito delle sanzioni internazionali. Il valore complessivo di questi fondi è stimato tra i 300 e i 350 miliardi di dollari.
La quota più rilevante si trova in Europa: circa 190-210 miliardi di euro sono custoditi soprattutto presso Euroclear, il grande depositario finanziario con sede in Belgio. Negli Stati Uniti sono invece presenti circa 100-110 miliardi di dollari, prevalentemente sotto forma di titoli del Tesoro americano. Il resto delle riserve è distribuito tra Giappone, Regno Unito, Canada, Australia e altri Paesi del G7.
Per l’Unione europea, queste risorse rappresentano una leva finanziaria strategica. L’idea è quella di utilizzarle, direttamente o indirettamente, per sostenere Kiev, contribuire alla ricostruzione del Paese e garantire il rimborso dei prestiti concessi all’Ucraina. Per Mosca, però, si tratta di beni sovrani inviolabili, la cui eventuale confisca o utilizzo viene considerato una violazione grave del diritto internazionale.
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Il nodo politico e giuridico all’interno dell’Unione europea
Sul piano formale, la maggioranza degli Stati membri si è detta favorevole all’utilizzo degli asset russi. Venticinque Paesi hanno espresso parere positivo, mentre Ungheria e Slovenia hanno votato contro. Tuttavia, dietro questo consenso apparente si nascondono forti perplessità.
Belgio, Bulgaria, Italia e Malta hanno presentato una dichiarazione congiunta in cui invitano la Commissione europea e il Consiglio a valutare soluzioni alternative, più solide dal punto di vista giuridico e meno rischiose sul piano finanziario. Secondo questi Paesi, il trasferimento o l’uso degli asset russi potrebbe avere conseguenze che vanno ben oltre il caso ucraino, creando precedenti pericolosi per il sistema finanziario internazionale e per la tutela della proprietà sovrana.
La richiesta è quella di approfondire meccanismi diversi, come prestiti europei garantiti dagli Stati membri o soluzioni temporanee che consentano di mantenere il sostegno a Kiev senza esporsi a contenziosi legali di lunga durata.
I dubbi dell’Italia e l’alternativa dei prestiti europei
L’Italia si è mostrata particolarmente prudente. Roma contesta il fatto che, finora, la Commissione europea abbia concentrato quasi esclusivamente l’attenzione sull’opzione degli asset congelati, senza esplorare con sufficiente convinzione altre strade.
L’ipotesi alternativa è quella di tornare a uno schema già utilizzato in passato, basato su prestiti diretti garantiti dai singoli Stati membri, su base volontaria. Un modello simile a quello adottato nel 2023 con l’Assistenza Macro-finanziaria, che consentì all’Ucraina di ricevere oltre 18 miliardi di euro. Secondo fonti diplomatiche, non sarebbe nemmeno indispensabile trovare subito una soluzione valida per i prossimi due anni: in caso di necessità, potrebbe essere introdotto un meccanismo ponte per guadagnare tempo e ridurre i rischi.
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Lo scontro tra i Paesi membri e il rischio di una Ue a più velocità
La partita politica si annuncia estremamente dura. Il fronte dei Paesi più rigoristi, con la Germania in prima linea, spinge per non arretrare sull’utilizzo degli asset russi. Alcuni governi si dicono pronti ad andare avanti anche a maggioranza, se necessario, senza attendere l’unanimità.
All’interno delle istituzioni europee sta prendendo piede l’idea che, di fronte a snodi storici come questo, l’Unione possa procedere anche lasciando indietro alcuni Stati membri. Uno scenario che alimenta tensioni e rafforza il dibattito su una possibile Europa a più velocità.
La reazione della Russia e le minacce di ritorsione
Dal Cremlino la risposta è stata immediata e durissima. Mosca ha definito l’eventuale utilizzo degli asset congelati un atto illegale e ha annunciato contromisure. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha parlato di violazione grave del diritto internazionale, accusando Bruxelles di tentare di mascherare una confisca come se fosse un prestito o una forma di compensazione.
Secondo la diplomazia russa, la strategia europea non solo danneggia la Russia, ma sta già producendo effetti negativi sull’economia dell’Unione stessa. Le autorità di Mosca sostengono che misure concrete di risposta siano già in fase di attuazione, lasciando intendere possibili ritorsioni economiche e legali nei confronti dei Paesi coinvolti.
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