Il 2022 è destinato a chiudersi come un buon anno per gli utili delle società quotate italiane. Il problema è, semmai, il 2023: è in questo esercizio che verranno alla luce i problemi appena accennati nell’anno che si accinge a conclusione, sebbene gli analisti siano comunque discretamente ottimisti sul fatto che il contesto saprà reggere all’impatto con le determinanti più negative.

Insomma, se al momento gli utili da inizio anno sono cresciuti del 32% rispetto a 12 mesi prima (ma grazie principalmente al comparto energetico, al netto del quale gli utili sarebbero risultati sostanzialmente stabili anno su anno), è anche vero che per il 2023 il dato dovrebbe mostrare una buona tenuta: gli analisti di Intermonte stimano ad esempio una crescita dei profitti del 34,6% quando si guarda all’intero 2022, seguita da una frenata del 5,1% nel 2023.

In termini assoluti, questo significa che l’ammontare complessivo degli utili prodotto da Piazza Affari scenderà dai circa 76,2 miliardi attesi quest’anno ai poco meno di 73 miliardi del prossimo, mantenendosi pur sempre al di sopra dei livelli pre-pandemia.

Ora, come ogni media, anche questa non può che essere il frutto di una ponderazione tra i settori che andranno meglio e quelli che soffriranno di più. Tolto il contributo del settore energy, per esempio, l’incremento registrato da Piazza Affari quest’anno sarebbe più contenuto (+ 13,9%), mentre per il 2023 la situazione dovrebbe ribaltarsi: il confronto con gli utili record del 2022 sarà relativamente penalizzante per Eni e soci, e senza il calo atteso del 26,4% per il comparto energetico, il resto delle società quotate dovrebbe portare gli utili in aumento dello 0,7%.

Peraltro, l’ulteriore incremento dei profitti dovrebbe sfiorare il 10% per gli istituti di credito più tradizionali e spingersi addirittura oltre il 18% nel risparmio gestito. A ciò bisognerà aggiungere anche la crescita del 16,4% per le società maggiormente legate ai consumi.

In ogni caso, invita la società di analisi, i dati devono essere presi con estrema cautela vista “l’incertezza economica e le politiche monetarie ancora poco favorevoli”.

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