Cambiamenti climatici, l’incendio in Siberia causa reazioni a catena

L’incendio che continua a devastare le foreste della Siberia è da collocare all’interno di un più ampio scenario, fatto di incendi nel circolo polare artico che sono una diretta conseguenza del riscaldamento globale. Un disastro ambientale di proporzioni enormi, che fornisce un’idea di quanto sia allarmante la situazione dei cambiamenti climatici in atto.

Le temperature hanno ripetutamente toccato picchi anomali nell’estremo nord del pianeta, e quest’anno lo scioglimento dei ghiacci sta raggiungendo, e probabilmente presto supererà, il record del 2012.

Gli incendi che si stanno verificando sono già di per sé una catastrofe ecologica, con oltre 3,3 milioni di ettari dati alle fiamme. Si tratta di un’area più grande dell’intero Belgio, quella che sta bruciando. I milioni di alberi trasformati in cenere e fumo hanno liberato nell’aria circa 140 milioni di tonnellate di CO2. Una quantità incredibilmente alta, pari al doppio di quella prodotta dall’Austria in un anno.

Una catastrofe appunto, che si consuma sotto i nostri occhi senza che si riesca a fermarla. Già, perché nelle zone remote del pianeta, come le foreste della Siberia in fiamme appunto, intervenire in caso di incendio non è affatto facile. Le temperature elevate e il clima secco amplificano pesantemente le probabilità che si verifichino degli incendi, i quali, ci teniamo a precisarlo, sono comunque quasi sempre dovuti a cause umane, e la mancata gestione di questi rischi porta a ciò che sta accadendo.

Alla fine, e questa è forse la parte più difficile da mandare giù, è tutta una questione di costi. La legge prevede queste cosiddette ‘zone di controllo’ che coprono il 50% delle foreste che si trovano sul territorio russo, nelle quali si ritiene che gli eventuali incendi possano essere lasciati liberi di estinguersi da soli, senza bisogno di intervenire. Insomma si ritiene che le foreste che rientrano nelle cosiddette zone di controllo, possano bruciare a oltranza, solo perché si calcola che i costi da affrontare per sedare gli incendi sarebbero superiori ai danni causati dalle fiamme.

Le battaglie di Greenpeace Russia

Greenpeace Russia che si è attivata sul campo con volontari pompieri ed è tutt’ora all’opera per sedare gli incendi, sta da tempo chiedendo interventi strutturali necessari per riscire a intervenire in maniera più efficace. Questi interventi non solo servirebbero a tutelare il patrimonio forestale, ma anche a proteggere la popolazione che vive nelle zone più vicine, che viene investita da nuvoloni di fumo denso e tossico. Nell’area limitrofa a quella in fiamme vi sono infatti diverse città: Chelyabinsk, Omsk, Novosibirsk, e Krasnoyarsk, e il fumo ha raggiunto persino gli Urali.

Un altro fenomeno che è una diretta conseguenza dell’incendio è la produzione di ‘black carbon’, ossia particelle nere che viaggiano con le correnti d’aria fino a raggiungere l’Artico dove finiscono per annerire il ghiaccio riducendo così l’albedo. L’effetto albedo, che dipende dalla capacità del ghiaccio di riflettere la luce solare, è fondamentale perché contribuisce a frenare il riscaldamento del pianeta.

Vivecersa, se l’albedo si riduce per via dell’annerimento del ghiaccio, le temperature salgono più rapidamente, e si innesca una sorta di reazione a catena che accelera il fenomeno in modo incontrollato. Le temperature elevate portano allo scioglimento del ghiaccio del permafrost liberando quantità di metano ivi intrappolate, il cui rilascio incide sul riscaldamento globale accelerandolo. 

Greenpeace Russia ha raccolto in soli 5 giorni circa 265mila firme per proteggere le foreste siberiane. Gli obiettivi sono: mandare subito altre squadre di pompieri per sedare le fiamme, fornire aiuti concreti alle popolazioni che sono investite dal fumo, rivedere radicalmente il sistema delle ‘zone di controllo’, trovare delle forme di finanziamento adeguate a proteggere le foreste dagli incendi boschivi.

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