Il Pianeta torna a respirare. Con il diffondersi del coronavirus precipita l’inquinamento atmosferico

Con la diffusione del coronavirus, i livelli di inquinamento atmosferico e di CO2 sono calati drasticamente in diverse città del mondo, ma in modo particolare in Cina e nell’Italia del nord.

I satelliti della Nasa e dell’Esa (Agenzia Spaziale Europea) hanno catturato immagini che mostrano in maniera evidente la netta riduzione delle emissioni di biossido di azoto, che sono quelle rilasciate dai veicoli, dalle centrali elettriche e dagli impianti industriali nelle più grandi metropoli della Cina nei mesi di gennaio e febbraio.

Sopra le centrali elettriche industriali, fino a qualche settimana fa stazionava una nuvola visibile di gas tossico, ed ora è quasi del tutto scomparsa. Quando le fabbriche hanno chiuso, parliamo della Cina, i livelli di smog si sono ridotti e la media dei giorni con ‘aria pulita’ è cresciuta del 21% nel mese di febbraio 2020. Di ciò si trova conferma osservando le immagini scattate dai satelliti, che ora mostrano un calo significativo dell’inquinamento atmosferico anche nel nostro Paese.

Nel prossimo futuro probabilmente avverrà qualcosa del genere anche negli USA, dove si stima che la metà dei tragitti percorsi in automobile siano per recarsi e tornare da lavoro o per portare e riprendere i figli da scuola. Abbiamo ad esempio il dato relativo alla città di New York, dove la congestione del traffico in questo periodo è calata dal 52% del 2019 all’attuale 17%.

Stando a quanto rilevato dalla Bbc incrociando i dati che arrivano dalla Columbia University e da altri studi compilati in questi giorni, i livelli di monossido di carbonio prodotti principalmente dal transito delle automobili sono scesi del 50% circa proprio come conseguenza della riduzione del traffico nelle città. Su scala globale la riduzione è stimata mediamente sul 35%.

Sul sito Carbon Brief è stata pubblicata una analisi secondo la quale in Cina nelle ultime due settimane si è verificato un calo del 25% dell’utilizzo delle fonti di energia e delle emissioni, che corrisponde circa all’1% delle sue emissioni annuali.

Calano anche i livelli di diossido di azoto, sia in Cina che nell’Italia del nord. Queste emissioni sono prodotte invece dal settore dei trasporti e dell’attività industriale, che data l’emergenza dovuta al coronavirus hanno subito un pesante arresto, ed i risultati in termini di qualità dell’aria sono documentati anche dalle immagini satellitari dell’Agenzia spaziale europea scattate sopra i focolai di Covid-19 in Lombardia e Veneto.

Le emissioni di CO2 sono nettamente diminuite anche a New York, si parla di un calo del 5-10% per il momento, che si accompagna ad una evidente riduzione delle emissioni di metano. Il gruppo di ricerca della Columbia University, stando alle proiezioni, si aspetta che nelle prossime settimane si tocchi il livello più basso di CO2 dalla crisi finanziaria del 2008.

Corinne Le Quère dell’università britannica dell’Anglia orientale ha spiegato che “dipenderà dalla durata della pandemia e da quanto sarà diffuso lo stop delle attività economiche, in particolare negli USA. Se durerà altri 3 o 4 mesi sicuramente registreremo riduzioni delle emissioni globali per il 2020″.

Si deve però tener conto anche del fatto che lo smart working e il confinamento nelle rispettive abitazioni dei cittadini sottoposti a misure restrittive per il contenimento del contagio, portano inevitabilmente ad un incremento del consumo individuale di elettricità e riscaldamento.

Ad ogni modo, quando sarà finalmente superata la pandemia di Covid-19, ricercatori e scienziati concordano nell’affermare che il successivo rilancio delle attività economiche rischia di ripristinare lo status quo in termini di inquinamento, e che pertanto si pone comunque l’esigenza di mettere in campo metodi innovativi e più rispettosi dell’ambiente.

Non possiamo infatti aspettarci che la pandemia di coronavirus trasformi l’economia rendendola più efficiente sotto il profilo energetico. Durante le fasi di recessione è già avvenuto in passato che le emissioni inquinanti si riducessero, per poi tornare a crescere insieme alla ripresa dell’economia. Un effetto rimbalzo, peraltro già visto in Cina, è in grado di riportare la situazione esattamente ai livelli pre-crisi.

Tornando al 2009 infatti, ricordiamo che all’indomani della crisi finanziaria globale il governo cinese varò un provvedimento con incentivi per un totale di 586 miliardi di dollari, che per buona parte furono destinati a progetti infrastrutturali su larga scala.

Negli anni seguenti si assisté ad una rapida crescita dei livelli di inquinamento, in special modo nell’inverno 2012-2013, che fu poi battezzato ‘airapocalypse‘ e che indusse la Cina a mettere in cantiere il primo piano d’azione nazionale contro l’inquinamento atmosferico, avviato poi nel settembre 2013.

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