Rinnovabili, ecco quale sarà lo sviluppo del sistema energetico mondiale secondo l’ETP 2020

A seguito del nuovo record storico registrato dalle emissioni di CO2 da fonti fossili, con ben 33 gigatonnellate annue nel 2019, e i conseguenti effetti del cambiamento climatico, ora più che mai è necessario capire in che modo si svilupperà il sistema energetico mondiale.

Un quadro ben dettagliato di ciò che ci attende viene fornito dall’Energy Technology Perspectives (ETP) 2020, ossia il rapporto di International Energy Agency (IEA) che valuta la transizione energetica in atto e analizza ben 800 soluzioni tecnologiche diverse per raggiungere la neutralità climatica entro il 2070.

Il 2020 è un anno difficile sotto diversi punti di vista. Se da un lato il blocco delle attività ha causato una diminuzione delle emissioni, è anche vero che se il sistema economico ed energetico non subirà dei sostanziali cambiamenti strutturali, questa riduzione sarà solo temporanea e l’emissione di CO2 comincerà di nuovo a salire a ritmi del 2-3%, seguendo l’andamento precedente il Covid.

Fatih Birol, direttore esecutivo del IEA, ha affermato: “Nonostante la grave situazione, i recenti studi in campo energetico ci danno motivo di pensare con crescente ottimismo alla capacità del mondo di accelerare la transizione green”.

Fotovoltaico più competittivo: calano i prezzi

L’ottimismo di Birol è legato soprattutto al costo del fotovoltaico. Da diversi anni, infatti, l’elettricità prodotta dai pannelli risulta tra le più competitive, con un calo dell’82% del costo del kWh prodotto rispetto a quello del 2010.

Questo fenomeno è in rapida diffusione, infatti non interessa più solamente Europa, Cina e USA, ossia quei mercati che ne hanno trainato la crescita.

Sono stati lanciati numerosi progetti a riguardo, in tutte le parti del mondo: dall’Egitto al Brasile, dal Vietnam agli Emirati Arabi Uniti.

Per avere un’idea dell’impressionante crescita del fotovoltaico, basta pensare che l’energia prodotta è aumentata del 22% già nel 2019, arrivando così a costituire il 2,7% degli approvvigionamenti elettrici globali, con 720 TWh prodotti all’anno.

L’elettricità rinnovabile solare è seconda solo al settore dell’eolico, il quale, sottolinea Birol, “grazie a miglioramenti tecnologici sostanziali è giunto a rappresentare il 5% dell’elettricità prodotta“.

Tuttavia, come ormai ben noto, il problema principale per lo sviluppo rinnovabile non è dato dalla tecnologia o dal “carburante”, che trattandosi di energia solare o vento resta comunque gratuito, ma dall’investimento iniziale, ossia dal Capex.

Birol ha poi aggiunto: “Tutti i business green possono già da ora beneficiare di tassi di interesse tra i più bassi della storia, generati dall’allentamento delle politiche monetarie delle banche centrali in risposta alla pandemia”.

Uno fra i settori che hanno maggiormente beneficiato di questo fenomeno, è quello del trasporto elettrico. Grazie a investimenti e incentivi, la quota di auto ibride e full-electric nel 2019 è arrivata al 2,6% delle vendite totali.

In Europa, invece, questa percentuale sale addirittura al 18%, confermandola così leader incontrastata del mercato.

Clean Energy Transition Summit: presentati numerosi progetti “green”

Dopo il piano annunciato dall’Europa, tra l’altro uno dei più ambiziosi proposti, di voler portare a zero le emissioni di gas serra entro il 2050, molti altri Paesi stanno intraprendendo un cammino simile.

Infatti durante il Clean Energy Transition Summit organizzato da IEA lo scorso luglio, 40 Ministri dell’Energia rappresentanti oltre l’80% dei consumi energetici mondiali e delle emissioni di CO2, hanno presentato numerosi progetti di sviluppo energetico basati su tecnologie verdi.

Birol ha infatti affermato che “la maggior parte degli investimenti in energia pulita arriva oggi da economie emergenti o in via di sviluppo“.

Si tratta di una scelta dovuta sia all’incombenza del “climate change”, sia all’enorme problema rappresentato dall’inquinamento atmosferico. In certo senso si può pensare alla decarbonizzazione, oltre che come a una necessità, anche come a un’opportunità.

Un “cambiamento di rotta” è stato intrapreso anche da molte attività del settore privato, infatti lo stesso Birol ha annunciato che “molte compagnie dell’oil and gas ad esempio hanno annunciato piani di riassetto delle loro strategie industriali, riconvertendo almeno in parte i loro core business in direzioni più sostenibili“.

Il direttore esecutivo dell’IEA è ben consapevole che vi è ancora molto lavoro da fare per “ripulire” i colossi energetici, ma “la loro conoscenza ingegneristica, unita all’esperienza di project manager e soprattutto all’enorme liquidità di cui dispongono, saranno fondamentali per sviluppare tecnologie green su larga scala quali eolico offshore, idrogeno e cattura del carbonio“.

ETP 2020: improbabile raggiungimento degli obiettivi stabiliti con gli Accordi di Parigi

L’Energy Technology Prospective (ETP) 2020 ha evidenziato tutti i limiti dellattuale sistema energetico e l’improbabile raggiungimento degli obiettivi ecologici stabiliti con gli Accordi di Parigi nel 2015.

L’attuale situazione climatica è talmente grave che nemmeno il passaggio verso fonti pulite, più il graduale abbandono di quelle fossili, basterebbero per risolverla.

Il rapporto stilato da IEA dimostra infatti che pur realizzando un settore energetico interamente green, si arriverebbe solo a un terzo della strada verso le zero emissioni entro metà secolo.

Per raggiungere l’obietivo, invece, bisognerebbe concentrare l’attenzione anche su altri settori, quali trasporto, processi industriali ed edifici, che insieme contribuiscono al 55% dei gas serra emessi ogni anno.

Tuttavia ad oggi l’ostacolo principale resta l’infrastruttura energetica esistente. Le centrali termoelettriche a carbone, infatti, riescono a rimanere in esercizio per oltre 50 anni, in media.

Allo stesso modo, asset industriali pesanti, come raffinerie, cementifici e acciaierie possono continuare ad operare per circa 30/40 anni.

Ciò implica l’esistenza, un po’ per tutto il globo, di giganti industriali che continueranno a produrre gas serra per decenni. Questo fenomeno riguarda l’Europa e gli Stati Uniti ma anche e soprattutto l’Asia.

Timur Gul, capo della divisione ETP di IEA, ha infatti affermato che in Asia “l’80% della capacità delle centrali a carbone esistenti ha meno di 20 anni. Le infrastrutture industriali ed energetiche operanti oggi continueranno ad emettere circa 750 GtonCO2 nei prossimi 5 decenni se non agiremo”.

Si tratterebbe di una quantità enorme di gas serra rilasciata nell’ambiente, con conseguenze disastrose sul ciclo del carbonio e con ulteriori stravolgimenti nel clima del pianeta.

Quali sono le possibili strategie?

Alcune delle strategie che possono essere utilizzate per cercare di risolvere il problema riguardano:

  • fine vita anticipato per gli impianti registrati come i più inquinanti;
  • cambiamento dei processi di produzione;
  • retrofit con Carbon Capture, Utilisation and Storage (CCUS).

Le soluzioni proposte da IEA sono molteplici e vanno dal riciclo dei materiali, all’aumento dell’efficienza dei sistemi di riscaldamento residenziale, per arrivare infine a una completa elettrificazione dei processi di trasporto e industriali.

Tramite questi miglioramenti, entro il 2050 dovremmo essere in grado di produrre 2 volte e mezzo l’elettricità che generiamo oggi. Per raggiungere questo obiettivo, però , bisognerebbe aggiungere 800 GW di capacità rinnovabile ogni anno fino al 2050, vale a dire 4 volte quella aggiunta nel 2019.

Per quel che riguarda l’idrogeno, che rappresenta la tecnologia chiave dei prossimi decenni, servirà invece aumentare la capacità degli elettrolizzatori a circa 100 GW annui, al fine di produrlo in maniera pulita e sostenibile.

“Obiettivo ad oggi difficilmente raggiungibile dal momento che significherebbe costruire ogni ora da qui a metà secolo l’equivalente dell’impianto più grande al mondo a Fukushima in Giappone, da 10 MW”, ha affermato Gul.

Purtroppo non ci sono buone notizie nemmeno per la cattura del carbonio, poiché per centrare gli obiettivi di COP 21 occorrerebbe “catturare” oltre 250 MtCO2 all’anno dall’atmosfera, quando in realtà attualmente se ne riescono a prelevare a malapena 3.

Gul ha poi concluso dicendo: “I mercati saranno senza dubbio vitali per catalizzare e promuovere innovazione, ma saranno le decisioni dei governi a sancire se riusciremo o meno a raggiungere zero emissioni e a scampare gli effetti più critici del global warming“.

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