Il parere del Comitato bioetico sul vaccino: “obbligo solo in alcuni casi”

In questi giorni è stato pubblicato un nuovo documento intitolato “Vaccini e Covid-19: aspetti etici per la ricerca, il costo e la distribuzione”, elaborato dal Comitato nazionale per la bioetica e curato dal presidente Lorenzo d’Avack e dal vicepresidente vicario Laura Palazzani, con anche il contributo di esperti, medici e scienziati facentiparte dell’organismo istituito dalla presidenza del Consiglio.

I punti principali affrontati nel documento sono:

  • la sicurezza del vaccino;
  • che questo sia un bene comune non per “dichiarazione d’intenti” ma per imposizione;
  • la disponibilità per tutti, anche se questa avverrà in tempi diversi;
  • l’obbligatorietà solo in casi di emergenza, per un breve periodo o per evitare nuovi lockdown del Paese.

Nel documento infatti si legge: “prendendo atto delle numerose sperimentazioni in corso, il Comitato nazionale bioetico sottolinea sul piano etico come l’emergenza pandemica non debba portare a ridurre i tempi della sperimentazione, indispensabili sul piano scientifico, bioetico e iuridico, per garantire la qualità e la protezione dei partecipanti”.

Vaccino come bene comune

Il Comitato nazionale bioetico inoltre afferma che “il vaccino debba essere considerato un bene comune, la cui protezione e distribuzione a favore di tutti i Paesi del mondo non sia regolata unicamente dalle leggi di mercato“.

Una raccomandazione, inoltre, che non è solo una speranza del comitato ma che bisogna far diventare a tutti gli effetti un obbligo a cui poi deve far fronte la politica di tutti gli Stati del mondo. Ma in che modo?

L’Organizzazione mondiale della Sanità ha più volte sostenuto il processo per rimuovere i brevetti sul vaccino, anche se ciò rischia di far rallentare in modo significativo la ricerca e il numero di competitori.

“Qualora, comunque, sia ammesso il brevetto, almeno nelle prime fasi più drammatiche dela pandemia, se ne dovrebbe prevedere la sospensione e al contempo si dovrebbe prevedere la concessione di licenze obbligatorie, regolate tramite accordi internazionali”.

Trovandoci tutti davanti ad una pandemia che solo nel nostro Paese ha già fatto migliaia di morti, il Comitato nazionale bioetico ritiene “eticamente doveroso” raccomandare la collaborazione a livello globale, “l’apertura scientifica ed economica come unico valido percorso per superare questa crisi a cui l’umanità è chiamata a fare fronte”.

Inoltre il Comitato ritiene indispensabile che le case farmaceutiche riconoscano ed ammettano la loro responsabilità sociale in questa situazione, dato anche l’enorme contributo economico che proviene dal pubblico.

Vaccino per le categorie più a rischio

D’Avack scrive: “a fronte delle incertezze sui vaccini, il Comitato ritiene che i criteri anche etici per individuare le priorità di categorie non possano in questo momento che essere tendenzialmente generali, da ulteriormente precisare in funzione delle nuove conoscenze scientifiche sul vaccino e della quantità di dosi inizialmente disponibili, sapendo che non sarà possibile curare tutti allo stesso momento“.

In ogni caso, il Comitato bioetico sottolinea che ogni piano di distribuzione dovrà essere organizzato sulla base del “principio morale, deontologico e giuridico generale della uguale dignità di ogni essere umano e di assenza di ogni discriminazione, oltre che al principio integrativo dell’equità, ossia della particolare considerazione di vulnerabilità per specifici bisogni”.

Per questo motivo i primi ad essere vaccinati saranno i lavoratori più a rischio, quindi tutti gli operatori sanitari, e tutte le persone appartenenti alle fasce di età o aventi condizioni di salute considerate più a rischio. Il Comitato chiede quindi che venga rispettato questo ordine e non la solita filosofia del “chi prima arriva meglio alloggia”.

Obbligo? Solo in alcuni casi

Mentre i governi discutono sulla necessità di rendere o meno obbligatoria la vaccinazione per tutta la popolazione, il Comitato bioetico ritiene che bisogna invece cercare di raggiungere una copertura vaccinale ottimale, valutando l’obbligatorietà solo per i casi di emergenza e soprattutto per i gruppi professionali che sono più a diretto contatto con il virus oppure che risultano più esposti alla trasmissione dello stesso.

Nel documento inoltre si legge: “il Comitato auspica che tale obbligo sia revocato qualora non sussista più un pericolo importante per la società e sia privileggiata e incoraggiata l’adesione spontanea da parte della popolazione”.

Insomma il Comitato chiede che non venga istituito alcun trattamento sanitario obbligatorio. Tuttavia, nel documento viene anche specificato che, qualora la situazione dovesse continuare ad essere grave e non si potessero più sostenere tutte le limitazioni a livello sociale ed economico, allora il Comitato afferma che, “a fronte di un vaccino valido e approvato dalle autorità competenti”, non possa essere esclusa l’obbligatorietà, soprattutto, come già ribadito, per i gruppi professionali più a rischio di infezione e trasmissione del virus.

In conclusione, si legge che questo obbligo dovrà essere discusso all’interno delle associazioni professionali stesse, e si sottolinea che dovrà essere rimosso qualora non dovesse più sussistere un pericolo concreto per la popolazione.

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