Confindustria: “i sovraccosti generati dall’inerzia burocratica costano 600 milioni al Paese”

In questi giorni la Commissione Europea, con il sostegno totale a Bruxelles e il silenzio in Italia, ha approvato il Piano nazionale integrato energia e ambiente, che ora diventerà finalmente operativo. Ma adesso il problema è che per l’Italia sarà parecchio difficile raggiungere gli obiettivi che si è data.

A causa della lentezza che caratterizza l’apparato burocratico e di tutti i comitati del “no” nel comparto energetico, gli investimenti in nuovi impianti alimentati da energie rinnovabili sono letteralmente paralizzati. Le gare al ribasso bandite dal Gse, che avevano lo scopo di assegnare gli incentivi rinnovabili, sono infatti state quasi del tutto deserte. Le imprese che vi hanno partecipato hanno fatto pochissime offerte e con prezzi elevatissimi del chilowattora.

Ciò ovviamente non porta che a uno svantaggio per il nostro Paese, traducendosi in una spesa di oltre 600 milioni l’anno. Soldi che, tra l’altro, come avverte un documento di sintesi intitolato “il costo dell’inefficienza delle procedure autorizzative per la transizione energetica e la sostenibilità”, vengono pagati da famiglie e imprese attraverso le bollette elettriche.

Secondo Confindustria le soluzioni esistono e sono da ricercare tra una serie politica di semplificazioni normative e “responsabilizzare in modo efficace Regioni ed enti locali”, come afferma lo stesso Aurelio Regina, presidente del gruppo tecnico Energia della Confindustria.

Il blocco delle rinnovabili

Il vicepresidente del Kyoto Club, Francesco Ferrante, aveva censito ben 160 progetti di impianti che permettevano di produrre biometano da rifiuti organici e scarti agricoli, ma sono stati bloccati da comitati di quelli che vengono definiti “cittadini informati” e sindaci non proprio soddisfatti dell’idea.

L’Anie Rinovabili, i costruttori di centrali, avevano notato che in media al mese si realizzano impianti eolici per una capacità di 6 megawatt e impianti fotovoltaici per 54 megawatt. “Si è ancora lontani dalla media eolica di 83 megawatt al mese e fotovoltaica di 250 megawatt al mese per raggiungere gli obiettivi del Pniec entro il 2030″, afferma l’Anie Rinnovabili.

Non è un caso, infatti, se Terna è stata costretta a costruire l’elettrodo di alta tensione “Adriatic Link” tra Marche e Abruzzo stando attenta ad evitare di attraversare zone restie alla transizione energetica. Per questo motivo la linea di alta tensione dovrà essere posata al largo, sul fondo del mare, comportando un aumento notevole dei costi di produzione che naturalmente verrà pagato da tutti i cittadini italiani.

L’analisi di Confindustria

L’analisi di Confindustria che esamina i sovraccosti generati dall’inerzia burocratica e dalla tendenza alla ribellione nei confronti della transizione energetica, ha stimato che il blocco dovuto a questa situazione pesa circa 400 milioni di euro l’anno al Paese per i mancati investimenti, e almeno altri 200 milioni a causa della minore sicurezza generale del sistema energetico.

Condivisione tra Regioni

Il documento di Confindustria, che propone delle soluzioni per sbloccare la costruzione di centrali pulite, evidenzia anche un altro problema. L’Italia verrà pesantemente multata dall’Europa se non sarà in grado di raggiungere tutti gli obiettivi prefissati. Per conseguirli però bisogna sostituire le reti di alta tensione più vecchie con degli impianti rinnovabili specifici nei punti in cui è presente una data risorsa.

Ad esempio, gli impianti eolici dovranno essere costruiti nelle zone in cui è presente più vento, le centrali solari nelle zone più soleggiate, le centrali idroelettriche nei punti con maggiore presenza d’acqua e così via. Se però i Tar, i nimby, le procure, i sindaci, le sovrintendenza e le Regioni bloccheranno questi progetti saranno loro a pagare le multe provenienti direttamente dall’UE o, come al solito, ciò si rifletterà su tutti gli altri, cioè cittadini e imprese?

Ciò che Confindustria propone nel suo documento è di condividere gli obiettivi tra lo Stato e le Regioni in una forma di “burden sharing“, ossia una mirata suddivisione dei compiti. Il presidente del gruppo tecnico Energia di Confindustria, Aurelio Regina, sottolineato l’importanza della condivisione locale degli obiettivi nazionali: “poiché l’energia è un servizio a rete e il raggiungimento dei target europei è compito del Governo centrale, non è immaginabile una pianificazione degli investimenti così rilevante senza responsabilizzare in modo efficace Regioni ed enti locali rispetto all’obiettivo nazionale. Questa è una delle più grandi sfide che avrà di fronte il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani”.

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