
Le conseguenze della tensione tra Washington e Pechino si estendono anche al settore delle criptovalute.
Una vittima illustre della guerra dei dazi potrebbe essere infatti Bitmain, colosso cinese del mining e produttore di macchine specializzate nell’estrazione di bitcoin.
Nel mese di giugno il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti d’America ha classificato l’hardware di Bitmain, chiamato Antminer S9, come “apparecchio per macchine elettriche”, e quindi soggetto a una tariffa del 2,6%. Prima era registrato alla voce “macchine per l’elaborazione dati”.
La nuova etichetta ha fatto sì che l’Antminer, le cui vendite negli USA rappresentano il 51% del totale, finisse nell’elenco delle merci cinesi colpite da tariffe aggiuntive del 25%, entrate in vigore ad agosto.Così, dopo questa batosta, Bitmain vede i dazi sulle spedizioni negli Stati Uniti passare dallo 0 al 27,6%.
E le vendite di queste apparecchiature contano per il 91% del business dell’azienda.
Questi sviluppi avrebbero costretto Bitmain, che ha già pubblicato il suo prospetto informativo in preparazione della IPO presso la Borsa di Hong Kong, a correggere le stime sui ricavi per il 2018 da 8 a 3 miliardi di dollari, secondo alcune indiscrezioni girate su Twitter.
“Sono difficoltà ulteriori che vanno ad aggiungersi alla pressione generale esercitata sull’azionario cinese. Non è certo il migliore dei momenti per lanciare una IPO in Cina, specie se si è una società tech con forte dipendenza dall’export verso gli Stati Uniti”, commenta Anatoliy Kyazev di Exante.
>E il ruolo pesante della Cina nel segmento del mining rischia di aprire un altro fronte. Pare che l’amministrazione Trump non veda di buon occhio la concentrazione dei siti di estrazione di bitcoin a Pechino e dintorni. Lo ha rivelato Corey Johnson, il chief market strategist di Ripple:
“La Casa Bianca, in particolare, sembra pensare a cosa significa avere l’80% delle miniere di bitcoin in Cina e la maggior parte delle miniere di ether in Cina”.
Questa riflessione, suggerisce Johnson, sta costruendo le basi per un interesse di Washington nei confronti di Ripple e del suo token XRP.
“Quando si guarda a XRP, non c’è mining, quindi da un aspetto di controllo straniero o di impatto ambientale. XRP è una bestia molto diversa. E nelle conversazioni che abbiamo avuto con l’amministrazione, sembra che lo capiscano e pensino che possa avere importanza”.
A cura di Matteo Oddi
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