Il nuovo disegno di legge dedicato ai caregiver familiari, collegato alla Legge di Bilancio 2026, introduce finalmente un riconoscimento formale per chi si occupa in modo continuativo di un familiare con disabilità grave. Il provvedimento, che sarà portato in Consiglio dei Ministri all’inizio del 2026, mira a offrire non solo una tutela normativa, ma anche un contributo economico a chi svolge un ruolo di assistenza intensa e totale.
L’obiettivo è costruire una risposta strutturale per le famiglie che vivono ogni giorno la realtà della disabilità e che spesso sostengono da sole un impegno fisico, economico ed emotivo molto elevato.
Chi è considerato caregiver familiare
Il caregiver familiare è chi assiste in modo continuativo e gratuito un parente con disabilità grave. Può essere il coniuge, la parte dell’unione civile, un familiare entro il secondo grado, oppure entro il terzo grado se la persona da assistere non ha altri parenti disponibili. Il disabile deve essere riconosciuto ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della Legge 104/1992, oppure essere titolare di indennità di accompagnamento o non autosufficienza certificata.
Il disegno di legge definisce quattro livelli di intensità dell’assistenza, in base alle ore settimanali di cura:
• caregiver prevalente convivente: almeno 91 ore settimanali, con convivenza
• caregiver convivente con assistenza tra 30 e 91 ore settimanali
• caregiver familiare con almeno 30 ore settimanali
• caregiver con assistenza tra 10 e 30 ore settimanali
Solo il primo livello, quello del caregiver prevalente convivente, avrà diritto al contributo economico.
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Bonus caregiver 2026: importi, requisiti e durata
Il bonus verrà riconosciuto esclusivamente ai caregiver prevalenti conviventi, cioè coloro che assistono un familiare con disabilità grave per almeno 91 ore a settimana, spesso senza delegare ad altri figure professionali. Si tratta di un’assistenza diurna e notturna, continua e totalizzante.
Per accedere al contributo è necessario rispettare alcuni requisiti:
• assistenza minima: almeno 91 ore settimanali
• convivenza con la persona disabile
• reddito da lavoro non superiore a 3.000 euro annui
• ISEE familiare entro i 15.000 euro
L’importo previsto è di un contributo trimestrale fino a 1.200 euro, che può essere cumulato con altre misure di sostegno, come assegno di inclusione, assegno unico o eventuali aiuti regionali per i caregiver.
Il bonus rappresenta una prima forma di riconoscimento economico del lavoro di cura, in attesa che le risorse possano essere rafforzate negli anni successivi.
Come funziona il criterio delle 91 ore settimanali
La soglia delle 91 ore è stata scelta per individuare chi dedica gran parte del proprio tempo alla cura del familiare, senza alternarsi con altri caregiver o assistenti professionali. Si tratta di un criterio che mira a distinguere chi svolge un ruolo totalizzante, non solo occasionale o limitato a poche ore al giorno.
Questo parametro ha anche una funzione selettiva: inizialmente le risorse sono limitate e la misura è destinata a chi vive una condizione particolarmente intensiva di assistenza continuativa. In futuro, secondo la ministra, potrebbero essere introdotte forme di sostegno anche per chi presta assistenza meno intensa ma comunque significativa.
Quante risorse sono previste
La Legge di Bilancio 2026 non finanzierà subito i contributi, ma istituirà una piattaforma INPS dove verranno raccolte le domande e definite le categorie dei beneficiari. Il finanziamento concreto dovrebbe partire nel 2027, con uno stanziamento iniziale di 250 milioni di euro. La platea potenziale è molto ampia e diversificata, poiché include tutte le famiglie che da anni svolgono un ruolo assistenziale spesso non riconosciuto.
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi
Dopo l’approvazione preliminare del Consiglio dei Ministri, il disegno di legge passerà al Parlamento per l’iter definitivo. Nel frattempo, l’INPS lavorerà alla costruzione della piattaforma dedicata ai caregiver, utile per l’accesso alle agevolazioni future e per raccogliere dati su chi assiste un familiare con disabilità.
Questa misura rappresenta il primo passo verso un riconoscimento concreto e strutturale del lavoro di cura, non solo come impegno affettivo ma anche come funzione sociale che richiede tutele, diritti e sostegni adeguati.
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