Nel dibattito sulla Legge di Bilancio 2026 torna al centro la no tax area, ovvero la soglia di reddito entro la quale non si pagano imposte grazie alle detrazioni fiscali. Alcuni emendamenti avanzati dalle opposizioni propongono un innalzamento significativo del limite, portandolo da 8.500 a 15.000 euro per lavoratori dipendenti e pensionati, con applicazione temporanea dal 2026 al 2028. L’obiettivo è alleggerire la pressione fiscale sui redditi medio-bassi e sostenere il potere d’acquisto eroso dall’inflazione.
Come funziona oggi la no tax area e cosa cambierebbe
Attualmente, la soglia esente da Irpef è fissata a:
- 8.500 euro per dipendenti e pensionati
- 5.500 euro per lavoratori autonomi
Con la proposta di innalzamento a 15.000 euro, la fascia di reddito esentata dall’imposta diventerebbe molto più ampia, producendo vantaggi non solo per chi guadagna fino a 15.000 euro, ma anche per chi possiede redditi superiori. Infatti, per aumentare la no tax area è inevitabile intervenire sulle detrazioni fiscali, che continuerebbero a ridurre l’Irpef anche in presenza di redditi più alti.
👉 Esempio pratico:
Un lavoratore dipendente con un reddito di 30.000 euro vedrebbe comunque diminuire le imposte da pagare, poiché beneficerebbe di detrazioni più elevate. Il vantaggio fiscale continuerebbe fino alla soglia di 60.000 euro, oltre la quale l’effetto si annullerebbe completamente.
La misura interesserebbe esclusivamente lavoratori dipendenti e pensionati, escludendo quindi i lavoratori autonomi.
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Quanto costerebbe allo Stato?
L’estensione della no tax area fino a 15.000 euro avrebbe un costo stimato di 4 miliardi di euro l’anno, per un totale di 12 miliardi nel triennio 2026-2028. Le coperture ipotizzate punterebbero su:
- Razionalizzazione della spesa pubblica
- Rafforzamento del contrasto all’evasione fiscale
Una proposta simile, con soglia fissata a 12.000 euro, era già stata avanzata nel 2024, ma non trovò spazio nella manovra proprio per l’impatto significativo sulle finanze pubbliche.
Adeguamento Irpef all’inflazione: la proposta contro il drenaggio fiscale
Tra gli emendamenti compare anche una misura per contrastare il drenaggio fiscale, ossia il meccanismo che porta i contribuenti a pagare più tasse per effetto dell’aumento nominale di stipendi e pensioni, senza un reale incremento del potere d’acquisto. Si propone quindi l’adeguamento automatico degli scaglioni Irpef all’inflazione.
Ecco come cambierebbero gli scaglioni in presenza di un’inflazione dell’1,5%:
| Scaglioni attuali | Aliquota | Scaglioni adeguati | Aliquota |
|---|---|---|---|
| Fino a 28.000 € | 23% | Fino a 28.400 € | 23% |
| 28.000 – 50.000 € | 35% | 28.400 – 50.750 € | 35% |
| Oltre 50.000 € | 43% | Oltre 50.750 € | 43% |
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