
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 18149 del 3 luglio 2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da una società in accomandita semplice già cancellata dal registro delle imprese. La decisione chiarisce i principi giuridici relativi all’estinzione societaria e agli effetti sulla rappresentanza processuale.
I fatti del caso
Una società in accomandita semplice aveva presentato ricorso contro una sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna per controversie su Iva e Irap relative al 2006. Tuttavia, la società era stata cancellata dal registro delle imprese il 24 novembre 2011, molto prima dell’avvio del procedimento in Cassazione.
Durante il processo è deceduto anche il difensore della società. La Cancelleria ha informato i soci dell’estinta società della fissazione dell’udienza e uno dei soci si è costituito in giudizio.
Il principio dell’estinzione societaria
La Cassazione ha confermato il principio consolidato secondo cui la cancellazione dal registro delle imprese determina l’estinzione della società. Questo comporta automaticamente la cessazione della carica del legale rappresentante, che perde il potere di agire in nome dell’ente.
L’estinzione produce effetti immediati: viene meno la soggettività giuridica della società e di conseguenza la sua capacità processuale.
L’inapplicabilità dell’ultrattività del mandato
Un aspetto centrale della pronuncia riguarda l’inapplicabilità del principio di ultrattività del mandato difensivo. La Corte ha chiarito che questo principio presuppone l’esistenza di un soggetto capace di stare in giudizio.
Nel caso di società estinta, il difensore non può agire in nome di un ente inesistente, anche se aveva ricevuto mandato nei precedenti gradi di giudizio.
L’esclusione del differimento quinquennale
La Cassazione ha escluso l’applicazione dell’articolo 28, comma 4, del D.Lgs. n. 175/2014, che prevede un differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione societaria.
Questa norma si applica solo alle cancellazioni richieste dal 13 dicembre 2014 in poi, data la sua natura sostanziale e la mancanza di efficacia retroattiva. Nel caso specifico, la cancellazione del 2011 è avvenuta prima dell’entrata in vigore della disposizione.
L’irrilevanza della costituzione del socio
La Corte ha precisato che la costituzione in giudizio di uno dei soci non può sanare il difetto originario di rappresentanza. Tale atto non conferisce retroattivamente legittimazione a un ricorso presentato da chi non aveva poteri al momento della sua proposizione.
Il difetto di legittimazione originario comporta necessariamente l’inammissibilità del ricorso.
Le implicazioni pratiche
La sentenza ribadisce l’importanza della sincronizzazione tra vicende societarie e soggettività processuale. I professionisti devono verificare attentamente lo stato giuridico delle società clienti prima di intraprendere azioni legali.
La decisione conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in materia di capacità processuale e rappresentanza societaria.
Conclusioni
L’ordinanza n. 18149/2025 fornisce chiarimenti definitivi sugli effetti processuali dell’estinzione societaria. La cancellazione dal registro delle imprese produce conseguenze immediate e irreversibili sulla capacità di stare in giudizio.
La pronuncia sottolinea l’importanza del rispetto delle norme processuali e la necessità di una corretta valutazione della soggettività giuridica delle parti in causa. Questi principi garantiscono la certezza del diritto e l’effettività del contraddittorio nei procedimenti giudiziari.
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