Nella giornata di ieri il dollaro USA si è reso protagonista di un movimento di correzione piuttosto evidente, non determinato però da dati deludenti sul fronte interno, bensì da quanto accaduto al di fuori dei confini nazionali.

In particolare, stando a quanto citato da Bloomberg – che a sua volta riporta quanto reso noto da fonti anonime – le autorità cinesi che si occupano della gestione delle riserve valutarie obbligatorie starebbero valutando di ridurre o di arrestare gli acquisti di titoli di stato USA, sia perché divenuti meno appetibili rispetto ad altre asset class, sia a causa delle tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti.

Ricordiamo che al momento la Cina è il principale detentore mondiale di titoli di Stato USA, e che i comportamenti del colosso asiatico sono analizzati con particolare costanza e focalizzazione da parte degli analisti. Sulla notizia i rendimenti USA sono pertanto saliti in maniera rilevante, soprattutto sulla scadenza a dieci anni, dove hanno avvicinato i massimi dal mese di marzo scorso, salvo rientrare successivamente sui livelli di partenza. Prontamente, comunque, il SAFE (State Administration of Foreign Exchange) cinese ha poi smentito la notizia, indicando che potrebbe essere falsa.

Ne deriva che da oggi ai prossimi giorni, è molto probabile che la dinamica del dollaro possa tornare a seguire più ordinariamente gli sviluppi macro in attesa, con particolare attenzione a quello dell’inflazione, il vero elemento al centro delle “ossessioni” di policy da parte della Fed. In tale ambito, Evans qualche giorno fa ha affermato che vorrebbe rinviare il prossimo rialzo a non prima di metà anno per via dell’incerta dinamica dell’inflazione, mentre per la stessa ragione Bullard ha affermato che per il momento i tassi non dovrebbero essere alzati affatto.

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