Autostrade per l’Italia, affari d’oro ma niente investimenti. Come non funziona la rete autostradale

Non ci sono ancora state ripercussioni tangibili, dopo il crollo del ponte Morandi, sugli introiti del gruppo Atlantia di proprietà della famiglia Benetton che controlla Autostrade per l’Italia. Intanto la rete autostradale italiana fa letteralmente acqua da tutte le parti, e solo qualche giorno fa è stata sfiorata un’altra tragedia, con il cedimento di un tratto della A6.

Si è parlato in molteplici occasioni di quanto il business della rete autostradale italiana frutti guadagni facili per chi la gestisce. Viene definita a ragione una gallina dalle uova d’oro, semplicemente perché a fronte di investimenti minimi permette di incassare utili da capogiro, esattamente come sembrerebbe sia avvenuto in questi anni di gestione del gruppo Atlantia.

Miliardi di euro che entrano nelle tasche della famiglia Benetton, ma niente investimenti specialmente nel campo della messa in sicurezza della rete autostradale. Investimenti in manutenzione e rinnovamento risultano essere vicini allo zero, con clausole dei crontratti che finiscono per essere del tutto ignorate perché tanto lo Stato non obbliga i privati a rispettarle.

Il contratto stipulato dallo Stato con il concessionario infatti non prevede alcuna penale, va da sé che il privato non ha nessun interesse a rispettare le clausole, ed è proprio da qui che inizia il calvario che si sta vivendo in Liguria.

Maurizio Rossi, imprenditore ed ex senatore eletto nella circoscrizione Liguria, nonché proprietario dell’emittente televisiva ligure Primocanale, ha scritto sul sito web dell’emittente: “una macchina apparentemente sgangherata che gioca solo a favore dei concessionari privati a cui non interessa il bene pubblico, neppure la sicurezza. Interessa solo che noi entriamo in autostrada, passiamo il casello e paghiamo sempre di più: tanto non abbiamo alternativa”.

Rossi affronta poi il tema dei mancati investimenti in ammodernamento e messa in sicurezza dei tratti autostradali. “Investimenti minimi” dice l’ex senatore “tanto contano solo gli utili. Conta la cassa! Conta trattare affari e vendere partecipazioni come il Gruppo Gavio che ha venduto solo 11 mesi fa ai Francesi il 40% a 800 milioni di euro”.

Impossibile non individuare le responsabilità, pesanti, del mondo politico, che ha favorito i privati, a cominciare dalla famiglia Benetton, in maniera spudorata. “Certo, se la politica gli ha consentito sempre di fare quello che volevano, le colpe sono ben ripartite tra imprenditori incoscienti e politici squallidi” dice Maurizio Rossi “di mezzo ci sono partiti interi con decenni di rapporti oscuri con i concessionari, fin da quando gli vennero ‘regalate’ le nostre autostrade, ormai interamente pagate da noi cittadini”.

E rincara poi: “il sistema delle concessioni autostradali è morto e sepolto. Vanno certamente revocate e si deve riaprire un capitolo nuovo. E’ un bene di cui turismo e commercio hanno necessità totale. Non può essere nelle mani di imprenditori che guardano unicamente all’utile”.

L’ex senatore prospetta poi una soluzione: “la società di gestione potrebbe anche essere in pareggio o in perdita, si tratta di un bene indispensabile a tutti. Si deve tornare alla gestione pubblica, diminuire le tariffe, come in Svizzera, avere solo un bollino annuale e poi si viaggia liberi”.

E conclude poi: “il futuro della Liguria e del Paese passa anche da questa decisione forte, ma l’interesse di un singolo concessionario non può condizionare l’economia del Paese e della nostra regione. Ora basta, siamo esasperati”.

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