Coronavirus: perché Conte ha rinviato l’inizio della Fase 2? Ecco il rapporto che preoccupa il Governo

Potrebbe non essere l’unica ragione ad aver spinto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a rinviare l’inizio della Fase 2, che fino a pochi giorni fa era previsto per il 4 maggio, ma molto probabilmente ha influito in maniera determinante.

Stiamo parlando dell’ultimo rapporto del Comitato tecnico scientifico, secondo il quale la riapertura del Paese potrebbe portare ad un forte aumento del numero dei contagi, e ad un preoccupante picco del numero dei malati che avrebbero bisogno di essere ricoverati in terapia intensiva.

Il comitato ha infatti sottolineato che riaprire le scuole in questo momento “innescherebbe una nuova e rapida crescita dell’epidemia”. Il ritorno di alunni e studenti tra i banchi delle scuole di vari ordini e gradi “potrebbe portare allo sforamento del numero di posti letto in terapia intensiva attualmente disponibili a livello nazionale” precisano gli esperti.

La decisione da parte del premier Conte era quasi scontata: le scuole non riapriranno prima di settembre. Il report del comitato presenta anche una tabella nella quale vengono evidenziati i rischi connessi alla ripartenza di ogni singola attività, e basterebbe la riapertura delle scuole a spingere la situazione fuori controllo.

Invece nell’ipotesi in cui venissero aperti tutti i comparti, dalle scuole alle attività commerciali dell’intero territorio nazionale, senza l’adozione dello smart working, quello che si presenterebbe all’Italia sarebbe uno scenario disastroso secondo il comitato, che prevede una domanda di 151 mila posti letto in terapia intensiva già nel mese di giugno.

Entro la fine dell’anno si arriverebbe a circa 430.866 ricoveri. e dal comitato avvertono: “lo spazio di manovra sulle riaperture non è molto”.

“La riapertura dei settori manifatturiero, edile, commercio e ristorazione avrebbe un impatto minimale sulla trasmissibilità dell’infezione. Tuttavia, mentre per il settore edile e manifatturiero questo scenario può considerarsi realistico, per il settore commerciale e di ristorazione un aumento di contatti in comunità è da considerarsi un’inevitabile conseguenza dell’apertura di tali settori al pubblico, e può potenzialmente innescare nuove epidemie”.

Sempre secondo il report del comitato tecnico scientifico, in sintesi “nella maggior parte degli scenari di riapertura dei soli settori professionali (a scuole chiuse) anche qualora la trasmissibilità superi la soglia epidemica, il numero di terapie intensive al picco risulterebbe comunque inferiore all’attuale disponibilità di posti letto (circa 9.000)”.

Quanto al rischio, la più alta esposizione la si avrebbe con l’apertura di negozi, bar e ristoranti, che al momento è stata fissata al 18 maggio per i negozi e al 1° giugno per bar e ristornati. Qui diverrà di importanza fondamentale il distanziamento sociale e l’uso di dispositivi di protezione come la mascherina.

Il comitato ha quindi formulato due ipotesi riguardanti le modalità con cui si svolgerà la riapertura. Nella prima delle due si parla della riapertura dei negozi (18 maggio): “se l’adozione diffusa di dispositivi di protezione individuale riducesse la trasmissibilità del 15%, gli scenari di riapertura dei settori commerciali potrebbero permettere un contenimento riuscendo a limitare la trasmissione in comunità negli over 60 anni”.

Nella seconda ipotesi invece si valuta la riapertura di negozi ma anche di ristoranti e bar alla stessa data. “Se l’adozione diffusa di dispositivi di protezione individuale riducesse la trasmissibilità del 25% gli scenari di riapertura del settore commerciale e di quello della ristorazione potrebbero permettere un contenimento riuscendo a limitare la trasmissione in comunità negli over 65 anni”.

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