Invasione migranti a Lampedusa: il sindaco minaccia sciopero generale, in arrivo altre 3 navi quarantena

Una situazione allarmante quella che si è venuta a creare a Lampedusa dopo l’ennesimo sbarco di migranti, tra proteste dei residenti che si trovano ormai da anni ad affrontare un flusso continuo di immigrati con tutto ciò che questo comporta. Ora più che mai, vista l’emergenza sanitaria in cui, stando a quanto dichiara il Governo, ci troviamo.

Quello che si teme è un collasso del sistema di accoglienza migranti, visto l’arrivo nei giorni scorsi di altri 370 profughi, che si vanno ad aggiungere agli oltre 1.500 già presenti sull’isola, che sono stati stipati in strutture in grado di accoglierne in realtà circa un decimo.

Il peschereccio che ha fatto porto a Lampedusa scaricando i suoi 370 migranti è solo l’ennesimo episodio che testimonia il protrarsi ad oltranza di una situazione che viene subita passivamente dal governo nazionale, senza di fatto provvedere ad implementarne la gestione.

Dopo che il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, aveva emanato un’ordinanza poi impugnata dal Tar e chiesto al Governo di convocare il Consiglio dei Ministri, il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, minaccia uno sciopero generale, nella speranza che le autorità nazionali si ricordino dei propri concittadini.

Emergenza coronavirus a porte aperte

Si parla ossessivamente del continuo aumento del numero dei contagi di coronavirus in Italia ed in Europa, e per questo si impongono procedure finalizzate al controllo degli spostamenti da e per alcune destinazioni ritenute a rischio in Europa, come Spagna, Grecia, Malta, Bulgaria, Romania, Portogallo.

E mentre i turisti si mettono in coda per i tamponi, indossano la mascherina in aereo, in treno e in autobus pena multe che possono arrivare a 4 mila euro, centinaia e centinaia di immigranti continuano ad arrivare sulle nostre coste in centri di accoglienza nei quali la capienza viene superata di 10 volte, e dove norme come il distanziamento sociale e l’uso della mascherina sono pura utopia.

Nelle strutture adibite all’accoglienza dei migranti che sbarcano a Lampedusa è già tanto se si riescono a garantire i diritti umani e norme igieniche minime. Difficile quindi sorprendersi se decine di questi migranti fuggono da suddette strutture che visti i limiti di capienza ampiamente superati ed il caldo della stagione estiva, diventano dei veri e propri forni.

Un’emergenza sanitaria all’italiana insomma, dove si depredano gli italiani che non indossano la mascherina, si comprimono centinaia di immigrati in ambienti che hanno un decimo della capienza necessaria, e si inviano navi quarantena su cui trasferire i migranti, ovviamente a spese dei contribuenti.

La soluzione dell’esecutivo: altre 3 navi quarantena

Mentre i cittadini di Lampedusa vengono accusati di razzismo, Roma parte da due punti fermi per decidere come gestire l’emergenza immigrazione: il primo è che i migranti devono poter continuare ad entrare in Italia; il secondo è che in qualche modo bisogna tenere in piedi la narrazione dell’emergenza sanitaria in atto, alla quale sempre più persone faticano a credere.

L’indizio, per chi non lo avesse colto, è che il virus al momento non è in grado di sviluppare alcun sintomo nell’80% dei casi, e per il restante 20% la stragrande maggioranza ha un solo sintomo, come tosse o decimi di febbre. Come si è soliti dire ormai, si tratta di un virus così pericoloso che per scoprire se ce l’hai devi fare il tampone.

La soluzione quindi non è quella di controllare i flussi migratori, respingendo coloro che non hanno diritto d’asilo in quanto non in fuga da guerre o altre crisi umanitarie, ed esigendo il rispetto degli accordi di Dublino che prevedono il contributo alla gestione dell’emergenza anche degli altri Paesi dell’Ue, con la conseguente redistribuzione dei migranti.

Chiudere i porti, e non solo come spunto propagandistico come fatto in passato, neanche a parlarne. Si possono privare i cittadini italiani dei propri diritti costituzionali come avvenuto durante il periodo di lockdown, ma se si tratta di immigrati, il diritto di entrare in Italia è intoccabile e non ci sono emergenze sanitarie che reggano.

Per inciso, siamo in stato di emergenza sanitaria ancora fino a metà settembre, dopo la proroga voluta dal premier Conte e votata dal parlamento, ma questo evidentemente non permette una gestione attenta dei flussi migratori. Ci ha provato il governatore della Sicilia, e ci prova il sindaco di Lampedusa a far sentire la voce dei cittadini, ma da Roma tutto quello che sono in grado di fare è inviare altre 3 navi quarantena.

Le tre navi si andranno ad unire alle due già presenti, una dovrebbe arrivare entro stanotte, mentre le altre due entro la giornata di mercoledì. I centri di accoglienza stanno per esplodere e bisogna alleggerire la pressione trasferendo circa 300 migranti con le motovedette della capitaneria di porto e la nave Dattilo.

Immigrazione fuori controllo e proteste a Lampedusa

Nei giorni scorsi è stato intercettato un peschereccio con un carico di 370 migranti, tra i quali 13 donne e 33 minori, che secondo quanto riportano i media stava per ribaltarsi in mare a causa dei forti venti da sud.

I profughi sono stati trasportati nella Casa della Freternità del parroco don Carmelo La Magra dal momento che l’hotspot preposto alla loro accoglienza era già pieno. Ad essere precisi la capienza del suddetto hotspot è già stata ampiamente superata, visto che ospita 10 volte il numero di migranti previsto.

Migranti schiacciati come sardine alla faccia del distanziamento sociale, e guai a dire che non si può andare avanti così perché l’accusa di razzismo scatta con una facilità impressionante.

Sull’isola però i cittadini non ce la fanno più, come in realtà non ce la fanno i migranti che infatti sono fuggiti dalle strutture di accoglienza in più di una occasione. Migranti sottoposti ad obbligo di quarantena a piede libero per l’Italia, difficile che il rischio di incorrere in una multa fino a 4.000 euro possa indurli a tornare nell’hotspot.

Così sono scoppiate delle proteste a Lampedusa, che hanno visto i residenti scendere in strada per impedire ai mezzi di soccorso di raggiungere la banchina sulla quale sarebbe stato scaricato l’ennesimo carico di vittime delle moderna tratta di schiavi.

Coi cittadini a protestare c’era anche il sindaco della città. “A Lampedusa lo Stato non esiste, ormai siamo di fronte a una situazione ingestibile” ha dichiarato il primo cittadino “non so ancora quando e come verrà organizzato il trasferimento di queste oltre 1.500 persone. Siamo in ginocchio“. Il sindaco ha poi annunciato anche la possibilità di ricorrere ad uno sciopero generale.

In molti continuano a domandarsi come sia riuscita, una imbarcazione di quelle dimensioni, ad aggirare i controlli raggiungendo del tutto indisturbata le coste siciliane. Eppure non c’è da stupirsi se si considera che nelle 24 ore precedenti erano avvenuti altri 30 sbarchi sull’isola.

Una situazione, quella di Lampedusa, che nelle prossime ore non può che peggiorare, con sbarchi dalla Libia che non accennano a fermarsi. Le ONG continuano intanto a lavorare a pieno regime per agevolare il recupero degli immigrati in mare e il loro sbarco in Italia, come fatto dalla Sea Watch 4, che in questi giorni ha lasciato alla Guardia Costiera italiana i 400 profughi che aveva a bordo.

Il problema dell’immigrazione, differenze Italia-Spagna

Quanto alla questione della collaborazione internazionale nella gestione dei flussi migratori, Roma non può contare sull’aiuto degli altri Paesi membri, che specie in considerazione del sussistere dell’emergenza sanitaria, difficilmente daranno il via libera al trasloco dei migranti sul loro territorio.

Il problema di fondo è che mentre in altri Paesi si tenta di arginare il fenomeno bloccando alla frontiera gli immigrati, in Italia si continua a sguazzare nella più totale indolenza nella gestione di un fenomeno che ha carattere assolutamente emergenziale.

In Spagna, senza che nessuno accusi il governo socialista di Pedro Sanchez di razzismo, solo qualche giorno fa è stata approvata la costruzione del muro anti-migranti più alto al mondo. La nuova barriera, che sarà alta quasi quanto una palazzina di tre piani, avrà la funzione di proteggere il confine spagnolo delle sue due enclave in terra marocchina, Ceuta e Melilla.

La barriere attuali, con il filo spinato in cima, verranno quindi sostituite con un muro quasi un metro più alto di quello voluto da Donald Trump al confine con il Messico. In Spagna la vecchia barriera che risale al 2005 fu invece realizzata dal governo di Zapatero, ed era alta poco più di 6 metri.

La realizzazione del nuovo muro, che sarà alto 10 metri, costerà circa 17 milioni di euro, che si vanno ad aggiungere a quelli spesi negli anni scorsi per la messa a punto di un intero sistema di controllo e protezione dei confini.

Il confine spagnolo è infatti dotato anche di un sofisticato impianto di vigilanza, con ben 66 telecamere che percorrono l’intero tratto frontaliero. Di queste telecamere ve ne sono 14 a rilevazione termica e sono presnti anche sensori di movimento, un’apparecchiatura per il ricnoscimento facciale ai varchi di Tarajal II (Ceuta), Beni Enzar, Barrio Chino, Mariguari e Farhana (Melilla).

In Italia nel frattempo continuano ad arrivare centinaia di migranti, tra i quali anche migranti con barboncino al seguito, che tutto sono fuorché rifugiati, e mentre decine e decine di profughi sottoposti ad obbligo di quarantena scappano dalle strutture sovraffollate, le forze dell’ordine vengono impiegate per multare gli Italiani che vengono sorpresi senza mascherina.

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