Tassi di interesse sotto lo zero? Uno studio sconsiglia alle banche centrali il taglio sotto lo 0%

Sono passati sei anni da quando la Bce ha tagliato i tassi di interesse al di sotto dello 0%, ed ora potrebbe succedere nuovamente ma gli esperti della finanza comportamentale sconsigliano alle banche centrali di ricorrere a questa strategia.

Al momento i tassi di interesse sono particolarmente bassi negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Norvegia, in Australia, in Nuova Zelanda, in Israele e in Canada, attestandosi intorno allo 0,25%, e si profila quindi lo scenario di un abbassamento del costo del denaro sotto lo zero, cui le banche centrali potrebbero ricorrere per provare a contrastare la contrazione economica causata dai vari lockdown nazionali.

Il messaggio dei guru della finanza internazionale è chiaro e diretto: non fatelo. Attualmente i mercati monetari stanno scontando questa manovra per la Banca d’Inghilterra nel 2021, mentre per quel che riguarda la Nuova Zelanda, la banca centrale ha già informato gli istituti di credito chiedendo di prepararsi ai tassi di interesse sotto lo zero.

Alcuni nuovi studi però affermano che si tratta di una strategia fallimentare, confermando timori di vecchia data dei legislatori. Non solo i tassi negativi rischiano di non funzionare, ma potrebbero persino risultare controproducenti.

“Se l’obiettivo è motivare le persone a indebitarsi ulteriormente e aumentare gli investimenti in asset rischiosi, allora i tassi di interesse a zero sono in realtà più efficaci dei tassi negativi” ha spiegato il responsabile dell’unità di gestione del debito pubblico d’Israele, Lior David-Pur.

Proprio il mese scorso sul Journal of Behavioral and Experimental Economics è stato pubblicato un saggio di David-Pur, nel quale si evidenzia che il miglior risultato in termini di incremento della propensione all’indebitamento è stato ottenuto con un taglio dei tassi dall’1% allo 0%.

In questo caso parliamo di un taglio in linea con quelli decisi quest’anno dalle varie banche centrali, dalla Federal Reserve alla banca centrale australiana.

Lo studio in questione, che opera una rara analisi nelle reazioni dei consumatori ai tassi negtivi, ha esaminato le decisioni d’investimento di 205 studenti universitari della facoltà di Economia, divisi in quattro gruppi, ognuno con 10.000 shekel israeliani, che corrispondono a 2.921 dollari americani, da allocare a scelta tra depositi bancari a rischio zero e investimenti in asset rischiosi, come per esempio le azioni.

Inizialmente i tassi di interesse oscillavano tra il 2% ed il -1%, poi però venivano tagliati di un punto percentuale. A quel punto i partecipanti allo studio dovevano decidere se e quanti fondi prendere in prestito per poi investirli.

È emerso che il gruppo che aveva avuto un taglio dei tassi di interesse al -1% ha preferito ridurre il proprio indebitamento dell’1,75%. Nel gruppo che ha visto un taglio dei tassi allo 0% invece la propensione all’indebitamento è aumentata del 20%.

David-Pur ha quindi spiegato che “lo 0% ha un significato speciale per le persone, come numero”, osservando che nel momento in cui il taglio degli interessi arriva in zona negativa, la propensione a richiedere prestiti per investimenti subisce un calo.

Questo comportamento potrebbe dipendere dal fatto che i tassi negativi rischiano di suggerire l’esistenza di “una specie di situazione di emergenza”, spiega Anatoli Annenkov, ex economista della Bce, ora impiegato presso Societé Generale.

“Ciò suggerisce di per sé che non otterrai l’impatto desiderato” spiega ancora l’esperto “perché le persone potrebbero semplicemente risparmiare, anziché spendere ulteriormente”.

È possibile osservare questo tipo di comportamento anche in quanto accaduto in zona euro, quando la propensione al risparmio è calata leggermente dopo il 2014, per poi aumentare quando i tassi ufficiali sono scesi al di sotto della soglia dello 0%.

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