In Europa nuove sentenze contro i lockdown. Restrizioni giudicate incostituzionali in Belgio e Finlandia

Mentre in Italia i mass media continuano a parlare di no mask e no vax, lasciando intendere che a manifestare contro le restrizioni imposte siano solo sparuti gruppetti di persone di basso livello culturale e del tutto incapaci di comprendere anche le più basilari nozioni scientifiche, quello che accade in realtà nel mondo risulta essere tutt’altra storia.

Da tempo ormai si susseguono manifestazioni di protesta contro le misure restrittive imposte dai vari governi europei nel dichiarato intento di contenere la diffusione del Covid-19, e queste iniziative hanno preso sempre più forza man mano che la situazione si fa più insostenibile e l’assurdità di queste scelte politiche appare in tutta la sua evidente follia.

Contro il lockdown sentenze e azioni legali in tutto il mondo

Se da una parte abbiamo moti di protesta popolare sempre più partecipati, dall’altra iniziano anche a fioccare le prime sentenze che di fatto confermano quanto i cittadini affermano da tempo e via via con rinnovato vigore.

In Belgio un tribunale di Bruxelles ha dichiarato che le misure restrittive imposte dal governo sono di fatto incostituzionali, e ne ha chiesto la revoca. E questo è solo uno degli episodi che si stanno susseguendo in questi giorni in varie parti del mondo: in Australia, a Melbourne per l’esattezza, i residenti di un palazzo di case popolari hanno intentato contro il governo un’azione collettiva in tribunale per essere stati chiusi in casa durante il lockown.

Anche in Spagna sta accadendo qualcosa di simile, sia a Madrid, dove le autorità regionali hanno ribaltato le restrizioni nazionali loro imposte lo scorso ottobre ricorrendo a un’azione legale, sia nelle isole Baleari, dove le autorità locali hanno opposto un chiaro No alla decisione del governo centrale di imporre la mascherina anche all’aperto ovunque.

Anche in Finlandia è stata emessa una sentenza importante che ha costretto il governo a ritirare una proposta di legge che avrebbe dovuto imporre lockdown stringenti in cinque grandi città del Paese tra cui la capitale Helsinki.

Un tribunale di Bruxelles chiede al governo di revocare tutte le misure restrittive entro 30 giorni

Quello che è accaduto in Belgio è probabilmente l’episodio più eclatante per quel che riguarda l’incostituzionalità delle restrizioni imposte in molti Paesi europei.

Un tribunale di Bruxelles nei giorni scorsi ha chiesto al governo belga di revocare tutte le misure di blocco entro 30 giorni in quanto incostituzionali, e se la richiesta non dovesse essere soddisfatta, lo Stato sarà tenuto a pagare una multa di 5.000 euro al giorno per ogni violazione dell’ordinanza fino ad un massimo di 200 mila euro.

Questa sentenza giunge in seguito all’iniziativa intrapresa da attivisti per i diritti umani per conto degli 11,5 milioni di cittadini del Belgio, ma il risultato sarà determinante anche per i cittadini di molti altri Paesi oppressi da simili misure repressive.

Si tratta di un evento con pochi precedenti in quanto tentativi simili raramente hanno prodotto risultati apprezzabili. Ad impegnarsi per raggiungere questo traguardo sono stati gli attivisti della Lega fiamminga per i diritti umani (Liga von Mensenrechten) insieme agli attivisti della controparte in lingua francese (Ligue des Droits Humains).

Anche in Belgio come in Italia, le autorità hanno preferito imporre le restrizioni senza seguire la normale procedura parlamentare, facendo leva sulla situazione di ’emergenza’ sanitaria che a loro dire giustifica l’utilizzo di decreti ministeriali sulla base di circostanze eccezionali.

Il presidente della Ligue des Droits Humains a febbraio aveva lanciato la sfida dichiarando: “questa concentrazione del potere nelle mani dell’esecutivo, senza alcun controllo parlamentare, non è più accettabile” ed ora il Tribunale di Bruxelles si è sostanzialmente pronunciato sulla stessa linea.

La sentenza spiega che il governo dovrà ritirare le misure restrittive o pagare una sanzione di 5.000 euro al giorno fino a 200.000 euro “in considerazione delle complesse circostanze legate alla crisi sanitaria e senza metterle in discussione”. Il governo belga molto probabilmente farà ricorso, come ha già annunciato Annelies Verlinden, ministero dell’Interno.

Il governo della Finlandia costretto a fare marcia indietro sulla stretta contenuta nel disegno di legge

In Finlandia a pronunciarsi è stata la Commissione di diritto costituzionale costringendo il governo a ritirare il disegno di legge con il quale avrebbe operato una nuova stretta sulle misure di contenimento imposte nel Paese.

Il governo finlandese infatti a ritirato la proposta che prevedeva di imporre blocchi rigorosi in cinque grandi città tra le quali anche la capitale Helsinki. Il primo ministro Sanna Marin ha dovuto quindi fare marcia indietro a causa delle obiezioni mosse dalla commissione per gli affari costituzionali ed ha infatti dichiarato: “il governo è del parere che la proposta di restrizione temporanea della libertà di movimento e contatti stretti debba essere ritirata dal Parlamento”.

Nel suo post pubblicato su Twitter il premier finlandese ha aggiunto che la situazione per quel che riguarda l’andamento dell’epidemia di Covid-19 è rimasta “grave” nel Paese, anche se a conti fatti la Finlandia è tra le nazioni europee che risultano meno colpite dalla diffusione del Coronavirus.

In tutta la Finlandia si registrano ad oggi quasi 77.000 casi e circa 850 decessi, tant’è che la gestione finlandese ha ricevuto una serie di elogi per gli ottimi risultati ottenuti nell’ambito della gestione del Covid-19.

Il primo ministro Marin ha dovuto però accontentarsi di lanciare un appello ai cittadini chiedendo di passare la Pasqua insieme alle proprie famiglie cercando di evitre contatti e viaggi non necessari. “Dobbiamo ancora lavorare insieme per rendere l’estate più luminosa per tutti noi” ha scritto nel suo tweet.

Alle parole del premier hanno risposto dal comitato di diritto costituzionale affermando che la proposta del primo blocco in Finlandia era troppo vaga e non era conforme alla costituzione del Paese. Quello che era stato proposto erano misure restrittive simili a quelle che sono in vigore in Italia da oltre un anno, e che tanti danni hanno provocato in ogni ambito senza peraltro il conseguimento di risultati apprezzabili sotto l’aspetto del contenimento del contagio.

La bozza del disegno di legge proponeva che ai cittadini finlandesi fosse permesso di uscire di casa solo per ragioni ritenute valide quali acquisto di generi di prima necessità, o spostamenti verso una seconda casa, con la previsione di sanzionare i trasgressori in caso di inadempienza.

Spagna: obbligo di indossare la mascherina all’aperto? Le isole Baleari dicono No

In realtà in Spagna si stanno susseguendo diversi confronti in ambito politico sulla legittimità delle misure restrittive recentemente inasprite dal governo centrale. Di recente infatti è stato imposto l’obbligo di indossare sempre la mascherina anche all’aperto, ma sono numerose le autorità regionali che stanno approvando dei regolamenti di segno opposto.

Questo è reso possibile dal federalismo, infatti in Spagna una legge nazionale non può sovrastare una legge regionale. Ed è per questo che le Isole Balerari hanno potuto dire di no all’obbligo di indossare le mascherine sempre e dovunque anche all’aperto.

Si tratta di un ben misero risultato in realtà, perché l’obbligo viene meno solo nelle piscine e nelle spiagge locali, e a patto che sia mantenuta la distanza di sicurezza interpersonale. Questo dovrebbe in qualche modo contribuire a salvare il salvabile di una stagione turistica che non parte esattamente coi migliori presupposti.

Germania: migliaia di cittadini protestano contro la stretta annunciata dalla Merkel che fa un passo indietro

Per le vacanze di Pasqua in Germania sarebbero dovute entrare in vigore nuove misure anti contagio, ma la cancelliera tedesca si è trovata costretta a fare un passo indietro, chiedendo persino scusa al Paese.

Da come la vicenda ci viene narrata in Italia dai maggiori media sembra che a convincere Angela Merkel a tornare sui suoi passi sia stata la sua coscienza, ma è più facile che abbia influito soprattutto la presenza di migliaia e migliaia di cittadini che sono scesi in strada a manifestare contro le nuove restrizioni annunciate dal governo, senza contare il dissenso di alcune forze politiche.

Il disegno di legge non aveva solo scatenato manifestazioni di protesta in tutto il Paese, ma aveva anche scontentato alcuni esponenti dello stesso partito di Angela Merkel. Nel corso di una videochiamata, mercoledì la cancelliera tedesca ha detto di aver deciso di lasciar perdere l’idea del blocco di cinque giorni che avrebbe interessato tutte le attività compreso i negozi di alimentari, autorizzati ad aprire solo per un giorno su cinque.

Tra le misure che sarebbero state introdotte per il periodo di Pasqua anche severe limitazioni agli incontri tra parenti o amici. Infatti sarebbe stato vietato incontrarsi in ambito privato in più di cinque adulti apparenenti a più di un nucleo familiare. Non solo, sarebbero state vietate le funzioni religiose dal vivo, imponendo che si svolgessero invece online.

“Questo errore è solo un mio errore” ha dichiarato Angela Merkel dopo le numerose manifestazioni che hanno invaso le strade della Germania. La cancelliera ha provato a giustificarsi affermando che la stretta era stata pensata “con le migliori intenzioni” ma non era una proposta fattibile in quanto sarebbe stato impossibile metterla in pratica correttamente.

Il passo indietro di Angela Merkel ha trovato l’approvazione anche di molti esponenti della sua stessa alleanza politica democristiana. Il governatore della Bavaria Markus Soder ha detto di rispettare il ripensamento della Merkel, sottolineando che la legalità delle restrizioni era stata messa in discussione.

Ad esprimersi in modo molto critico rispetto all’idea di operare la stretta annunciata dalla Merkel è stato lo stesso ministro dell’Interno, Horst Seehofer, suo alleato politico di vecchia data, il quale ha invitato la cancelliera a desistere dai suoi intenti.

Lo stesso governatore della Sassonia, Michael Kretschmer aveva dichiarato che il suo Stato non avrebbe impedito alle chiese di tenere le funzioni religiose.

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