Sfida Musk-Bezos, i due miliardari competono per la conquista dello spazio

Spesso quando si pensa alla corsa allo spazio, si fa regolarmente riferimento a Stati Uniti, Russia, Cina ed Emirati Arabi, i quali da tempo sono coinvolti in una continua gara per dimostrare chi ha dalla propria parte i tecnici migliori del settore, eppure esiste un aspetto che spesso non viene considerato e che ha poco o nulla a che vedere con gli interessi scientifici, che sarebbe quello degli interessi delle aziende private.

In questi giorni lo scontro tra le varie corporazioni ha raggiunto davvero le stelle. Lo SpaceX del miliardario Elon Musk si è infatti aggiudicato un bando da parte della NASA, del valore di 2,9 miliardi di dollari, per costruire il modulo di allunaggio che, secondo i progetti, dovrebbe consentire agli statunitensi di tornare sulla Luna nel 2024.

L’offerta di Elon Musk ha però scavalcato le proposte dei due rivali, ossia Blue Origin, guidato dal CEO di Amazon, Jeff Bezos, e Dynetics. Le due aziende sono state quindi tagliate del tutto fuori dai giochi, ma non senza polemiche. Entrambi gli avversari, infatti, hanno formalmente contestato i risultati della selezione, sostenendo che le regole dell’appalto siano state modificate mentre il bando era ancora in corso.

In sostanza, la NASA avrebbe dovuto finanziare ben due fra i progetti proposti, ma in seguito ha rivisto questa decisione “per mancanza di fondi“. L’agenzia spaziale statunitense in realtà ha preso la scelta più ovvia, selezionando l’unica impresa che fino ad ora ha dimostrato di aver raggiunto dei risultati concreti e dimostrabili nell’ambito dell’esplorazione dello spazio.

Bisogna però sottolineare che ad oggi i prototipi di SpaceX tendono ad esplodere con una certa frequenza, ma questo sembra non rappresentare un grosso problema, anzi si allinea perfettamente con la filosofia del “move fast and break things” che sembra essere molto diffusa nel mondo occidentale.

La NASA non è del tutto entusiasta di dover stringere questa collaborazione con lo SpaceX, ma al tempo stesso è costretta a farlo perché i contendenti non possono offrire nulla di più che semplici progetti, buone idee e una disperata voglia di emergere.

Tutto ciò Elon Musk non ha mancato di sottolinearlo con un’eleganza non da poco, lanciando addirittura su Twitter delle frecciatine rivolte a Jeff Bezos, e in particolare ironizzava su come quest’ultimo non riesca neppure “a tirarlo su (in orbita)”. Ma a parte le battutine infantili sull’impotenza maschile, Musk non ha tutti i torti, perché per dar vita alla sua rete satellitare, il CEO di Amazon non ha potuto contare sul progetto (ancora acerbo) di Blue Origin, ma ha dovuto chiedere assistenza alla rivale United Launch Alliance.

In realtà appoggiarsi direttamente allo SpaceX sarebbe stato molto più semplice ma Bezos rifiuta di finanziare colui che pian piano sta diventando la sua “nemesi“. Inoltre alla base delle contestazioni mosse da Blue Origin e Dynetics ci sono proprio le offerte irrangiungibili di Musk. Secondo le due aziende, l’influenza spaziale dello SpaceX sta assumendo via via delle proporzioni sempre più monopolistiche, e il fatto di finanziare con dei soldi pubblici colui che già si trova in testa alla competizione non farà che aumentare questo enorme divario.

Anche la stessa NASA ha affermato che si tratta di una scelta molto rischiosa, anche perché il miliardario sudafricano ha già dimostrato una certa presunzione e un’arroganza non da poco, come testimonia un episodio avvenuto nel 2019.

In quell’occasione un satellite dell’ESA (European Space Agency) era a rischio collisione con un satellite di SpaceX. I tecnici europei, ovviamente allarmati, sono intervenuti subito per cercare di entrare in contatto con il team americano e avvisarlo del problema, ma questo, in tutta risposta, ha semplicemente affermato di non avere alcuna intenzione di partecipare alle manovre di evasione. A seguito della decisione dell’azienda di Elon Musk di mantenere inalterata la rotta del proprio satellite, l’agenzia internazionale è stata costretta a farsi da parte.

Jeff Bezos non è però intenzionato a farsi da parte. Questo appalto gli consentirebbe infatti di riscattare la sua Blue Origin, ma, ancora più importante, quei 2,9 miliardi gli consentirebbero di compiere delle ricerche in ambito ingegneristico da poter essere poi applicate ai suoi progetti privati. In passato, infatti, a seguito della perdita del contratto con la Space Force statunitense, le ambizioni spaziali di Bezos hanno subito un fortissimo rallentamento. Se dovesse ripetersi un episodio simile, quindi, Musk guadagnerebbe un vantaggio tale da risultare definitivamente irraggiungibile.

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