Ne ha parlato La Stampa in un articolo di appena un paio di giorni fa, in Italia ma non solo, si sta consumando un vero e proprio dramma, e non si tratta solo dell’emergenza sanitaria in sé per sé. A preoccupare stavolta non sono i decessi, più o meno indirettamente riconducibili al Sars-nCoV-2, bensì i sempre più numerosi casi di depressione, ansia finanche suicidio.

Ad essere letteralmente flagellati da queste gravi forme di disagio psichico non sono gli anziani, che invece sono coloro che maggiormente patiscono gli effetti del Covid-19, ma sono invece i più giovani che sono stati sacrificati, inutilmente visti i numeri, con il dichiarato intento di proteggere le categorie più a rischio.

Dalla pandemia alla sindemia

E come dicevamo, ne ha parlato La Stampa ricordando che prima della pandemia, parliamo del 2018 in questo caso “i casi seguiti dal Dipartimento Internazionale di Salute Mentale sul territorio della AslTo3 erano più di 14.000, su un totale regionale di circa 65.000 e di oltre 800.000 in tutta Italia. Di questi i soli casi di depressione erano più di 4.000, e oltre 20.000 su tutto il territorio piemontese. Il numero di morti per suicidio in Italia è inferiore ad altri Paesi del Nord Europa; nel 2016 erano stati 3825 su tutto il territorio nazionale di cui 354 in Piemonte”.

Questa, per come ce la riporta il noto quotidiano piemontese, era la situazione prima che il Coronavirus facesse la sua comparsa nel nostro Paese, e che con esso il governo Conte decidesse di imporre il primo lockdown nella storia italiana. Adesso però gli psichiatri si aspettano un incremento di questi numeri del 30% circa.

Oggi anzitutto è sotto gli occhi di tutto il totale fallimento della politica di chiusure adottate sia dal governo Conte che dal governo Draghi, visto che in Italia abbiamo uno dei più alti numeri al mondo di decessi Covid per milione di abitanti.

Soprattutto però questa scelta politica, perché di scelta politica si tratta ed è bene non dimenticarlo, ha causato la più grave crisi economica dal dopoguerra. Non solo, perché quello che sta accadendo è che ci troviamo davanti ad un dramma che si sta consumando sotto i nostri occhi e che vede coinvolte le nuove generazioni, il futuro del nostro Paese.

Ed ecco che ci troviamo ora nel bel mezzo di una sindemia. Ma che cos’è la sindemia? Stando alla definizione che troviamo sulla Treccani si tratta dell’insieme “di patologie pandemiche non solo sanitarie, ma anche sociali, economiche, psicologiche, dei modelli di vita, di fruizione della cultura delle relazioni umane”.

Come sottolinea lo stesso quotidiano piemontese “si tratta di casi spesso difficili da intercettare perché, per motivi culturali o economici, non è sempre immediato che i pazienti si rivolgano ai servizi psichiatrici. E l’isolamento delle persone, soprattutto nelle zone montane, incrementa il rischio di suicidio”.

Per i bambini rischi irrilevanti legati al Covid-19

Di quanto il Covid non rappresenti un problema per la salute dei minori ne ha parlato anche Franco Locatelli, coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, il quale nel corso di una audizione alle commissioni riunite del Senato, Istruzione pubblica, beni culturali e Igiene e Sanità ha descritto un quadro molto chiaro e altrettanto preoccupante.

“Nella popolazione pediatrica il rischio di andare incontro a patologia indotta da Sars-Cov-2 è contenuto per non dire irrilevante. C’è stato quindi un risparmio della popolazione pediatrica. Fortunatamente il prezzo pagato in termini di vite perse è stato molto contenuto: a mia informazione, nell’ultima valutazione, sono 19 pazienti under 18 che hanno perso la vita e c’era spesso una patologia concomitante” ha prima di tutto chiarito il professor Locatelli.

Ciò premesso il professore ha sottolineato l’importanza della didattica in presenza prima di tutto, sottolineando che le restrizioni imposte anche fuori dall’ambito scolastico non possono che provocare delle conseguenze evidenti su giovani e ragazzi in particolare.

“Mi sono sempre espresso su quanto sia fondamentale la didattica in presenza” ha chiarito Locatelli “nella popolazione pediatrica il rischio di andare incontro a patologia grave da Covid è contenuto per non dire quasi irrilevante, d’altra parte i ragazzi sono stati sovraesposti a stress psicosociale dalle restrizioni imposte dalla pandemia. In particoalre una marcata interruzione della loro routine quotidiana”.

Aumentano gli accessi al pronto soccorso di adoloscenti che tentano il suicidio

Il professor Franco Locatelli nel corso dell’audizione al Senato ha anche sottolneato che in Italia alcuni neuropsichiatri infantili hanno riferito “l’incremento di accesso nei pronto soccorso di adolescenti che hanno compiuto atti suicidari, fortunatamente quasi sempre non andati a buon fine e atti di autolesionismo”.

Ma il problema dei suicidi non riguarda solo l’Italia naturalmente, visto che non è l’unico Paese ad aver adottato severe misure di contenimento nell’ambito dell’emergenza sanitaria, imponendo la chiusura delle scuole e di molte attività, imponendo la norma del distanziamento sociale persino lei luoghi aperti, e l’insensata misura del coprifuoco solo per citarne alcune.

E se in alcuni Paesi si è puntato invece su protocolli per la protezione delle categorie più a rischio – con risultati più che soddisfacenti peraltro, ma soprattutto evitando di danneggiare le nuove generazioni e preservando l’economia – in altri, come Italia, Francia, Germania, Spagna, Grecia, si è scelto di seguire la politica delle chiusure a tappeto.

Su Il Messaggero è stato pubblicato un articolo appena una settimana fa in cui si parla del grosso problema del disagio che vivono i giovani in Germania a causa del lockdown. In risposta a questo problema sociale è stata anche lanciata una chat che si pone l’obiettivo di rappresentare un primo soccorso, per indirizzare il giovane verso chi può aiutarlo concretamente a superare le difficoltà che sta incontrando.

La chat si chiama Krisenchat ed è unica in Europa. Ne ha parlato all’Ansa Bernd Janning, 38 anni, psicologo e operatore della piattaforma, che ha raccontato di come l’idea della chat sia nata da tre diciottenni la scorsa primavera. Jenning però ha anche sottolineato un dato decisamente allarmante: “un ragazzo su cinque, di quelli che ci contattano, ha pensieri suicidi”.

E stando al racconto dello psicologo a contattare la chat per chiedere aiuto sono in tanti. “Oggi abbiamo 350 operatori e siamo attivi 24 ore su 24, esclusivamente via chat. Abbiamo 5.000 contatti al mese, ma si sono già superati anche 10 mila più di una volta” racconta Jenning “dallo start il numero dei messaggi scambiati supera il milione”.

Una situazione drammatica che si presenta come diretta conseguenza di una politica di chiusure che ha stravolto anche le vite dei giovani. “I più giovani hanno 10 anni” racconta ancora l’operatore di Krisenchat “l’80% delle richieste arriva però da ragazzine di 13-14 anni. Ci contattano soprattutto di sera, per conversazioni che possono durare una, due ore, se non di più”.

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