Si parte con la terza dose del vaccino anti-Covid. Ecco dove e per chi

La notizia è già stata riportata in Italia da diversi media, a partire da domenica prossima tutti i cittadini di età superiore a 60 anni potranno ricevere la somministrazione della terza dose di vaccino. Succede in Israele, uno dei Paesi con la più alta percentuale di popolazione completamente vaccinata contro il Covid, e al contempo uno dei Paesi con la più estesa diffusione della cosiddetta variante Delta.

Chi riceverà la terza dose del vaccino?

A ricevere la terza dose saranno i vaccinati con due dosi Pfizer con più di 60 anni di età. Ad annunciare la decisione del governo è stato lo stesso premier Naftali Bennet che durante uno dei suoi discorsi alla nazione ha precisato di essere giunto a questa decisione dopo essersi consultato con gli esperti.

In base ad alcuni recenti studi scientifici infatti, sembrerebbe che l’efficacia del vaccino Pfizer diminuisca a distanza di alcuni mesi dalla seconda somministrazione, motivo per cui sarebbe necessario ricorrere ad una terza dose per completare il primo ciclo.

Come sappiamo però la vaccinazione dovrà essere ripetuta ogni anno, indipendentemente da quale sia il farmaco somministrato (Moderna, Johnson & Johnson o AstraZeneca) il che significa nel caso del vaccino Pfizer mediamente una somministrazione ogni 4 mesi per gli anni a venire.

“Chiamate i vostri genitori e i vostri nonni, assicuratevi che ricevano la terza dose” ha detto il premier israeliano nell’annunciare la nuova somministrazione per gli over 60. “La realtà dimostra che i vaccini sono sicuri e dimostra che proteggono dalla forma grave della malattia e dalla morte” ha poi tenuto a precisare “in questo caso vale ciò che accade per il vaccino contro l’influenza, che va rifatto di volta in volta”.

Il messaggio del premier non contiene ulteriori precisazioni riguardo quale sia effettivamente il livello di sicurezza del vaccino, ed il suo livello di efficacia. Ma se in tal senso manca chiarezza, non vi sono dubbi invece circa il fatto che la somministrazione dovrà essere ripetuta ogni anno.

Lo Stato di Israele diventa quindi il primo ad introdurre la terza dose di vaccino, destinata inizialmente solo alle persone con oltre 60 anni che hanno ricevuto la seconda dose già da almeno 5 mesi.

In prima fila per ricevere una ulteriore dose di vaccino troviamo anche il presidente Isaac Herzog, che come riferito dal quotidiano Haarez, ha ricevuto la somministrazione nella giornata di ieri 30 luglio, quindi con due giorni di anticipo rispetto alla partenza fissata per domenica 1 agosto.

Il parere degli esperti sulla somministrazione della terza dose di vaccino

La comunità scientifica, anche su questo tema, si trova in realtà divisa tra posizioni anche piuttosto distanti, una spaccatura che dipende in parte anche dal fatto che della terapia genica sperimentale si sa ancora troppo poco sotto una serie di aspetti compreso quello della sua efficacia in termini di grado e durata appunto.

Non tutti gli esperti ritengono infatti che introdurre una terza dose del vaccino sia la scelta giusta, ma sembra esserne convinto Gianni Rezza, direttore generale Prevenzione del ministero della Salute il quale ha affermato che “probabilmente un richiamo vaccinale sarà nelle cose, anche se non sappiamo ancora quando, come e per chi”.

Sulla stessa linea di Rezza anche Francesco Le Foche, immunologo del Policlinico Umberto I di Roma, secondo il quale la terza iniezione potrebbe risultare necessaria per alcune tipologie di pazienti, come coloro che hanno ricevuto un trapianto o coloro che sono affetti da malattie autoimmuni o patologie infiammatorie croniche.

Nelle parole di Le Foche anche una previsione tutt’altro che rosea “se vaccineremo almeno l’80-85 per cento della popolazione, possiamo pensare di ritornare a una quasi normalità”. Visto l’andamento della campagna vaccinale in Italia infatti sarà difficile raggiungere simili percentuali, e anche se ci si riuscisse di un vero e proprio ritorno alla normalità neppure a parlarne.

Massimo Galli sulla somministrazione della terza dose: “sconcertato, imposizione politica”

Ma il mondo scientifico, anche nel caso della questione terza dose, come accennato risulta diviso. Non condivide ad esempio la visione di Rezza e Le Foche il professor Massimo Galli che in una intervista a Morning News alla presentatrice Simona Branchetti si è mostrato piuttosto scettico.

Il professore ordinario di Malattie Infettive dell’Università di Milano ha infatti spiegato: “su questa cosa della terza dose sono sconcertato nel senso che mi pare che parli molto di terza dose solo la casa farmaceutica che produce il vaccino sulla base di un numero molto limitato di dati scientifici”.

“Non abbiamo significativi dati, mi aspetto senz’altro che facendo la terza dose avrai un’impennata degli anticorpi ma il punto è: serve? O meglio serve farlo a quelli che hanno ancora una risposta immune più che accettabile? Direi che il punto è che non si vuole andare a vedere se la gente ha risposto o non ha risposto comunque si dichiara di non poterlo fare e questo secondo me è un importante errore” ha aggiunto Galli.

Ma il docente dell’Università di Milano ha poi rincarato la dose: “prima che mi convincano dell’opportunità di vaccinarmi con una terza dose, con un vaccino che è stato impostato su un virus che girava a marzo del 2020 bisogna che mi dimostrino che non ho una risposta immune. Altrimenti vogliamo far fare ai sanitari di tutta Italia da elementi di sperimentazione sulla terza dose su imposizione burocratica? Se sono queste le intenzioni io personalmente sono contrario”.

Il professor Galli ha anche definito la terza dose come “una sparata di ordine politico” e ha poi aggiunto: “bisogna tranquillizzare la pubblica opinione dicendo che mal che vada facciamo la terza. Una terza dose appunto di un vaccino che ti vaccina contro l’ospedale, la rianimazione e meglio ancora contro il cimitero ma non contro la possibilità di reinfettarti”.

E proprio sulla possibilità di contrarre il virus e di trasmetterlo in questi giorni è intervenuto persino Anthony Fauci che ha detto senza mezzi termini che la carica virale di una persona positiva alla variante Delta completamente vaccinata è esattamente la stessa di una persona positiva non vaccinata.

La possibilità di infettarsi e infettare è infatti dovuta alla variante Delta, come spiega lo stesso Galli, che poi conclude: “la domanda è se non sarebbe stato molto più serio cercare di capire qual è lo stato effettivo delle persone che sono immunodepresse e hanno dei problemi sanitari”.

“E per quanto riguarda gli operatori sanitari sapere se c’è una capacità di risposta immune, anche questo ce lo stiamo facendo per i fatti nostri noi medici. Chiariamo che queste sono le cose importanti altrimenti continuiamo a fare cose per imposizione che non sono utili, come ad esempio vaccinare i guariti” ha infine concluso l’esperto.

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