Green pass per i lavoratori: quali sono le regole, come avverranno i controlli e quali saranno le sanzioni

Nella giornata di ieri il ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini ha confermato che il governo estenderà l’obbligo del Green Pass a tutti i lavoratori del pubblico e del privato con unico decreto che verrà approvato entro la fine di questa settimana.

L’esecutivo guidato da Mario Draghi “è pronto ad accelerare” per estendere l’obbligo del pass verde “non solo per i lavoratori del pubblico impiego, ma anche per quelli del settore privato” ha annunciato ieri mattina il ministro Gelmini. Ma come funzioneranno i controlli, quali saranno le sanzioni e soprattutto quali le alternative per chi non intende fare il vaccino?

A chi saranno affidati i controlli del green pass nei luoghi di lavoro?

A quanto pare restano pochi dubbi sulla ormai prossima estensione dell’obbligo di Green Pass per tutti i lavoratori sia del pubblico che del privato. Ma chi sarà incaricato di effettuare eventuali controlli nelle aziende? Prima di tutto non dobbiamo dimenticare l’aspetto della privacy, che sarebbe tutelata dal fatto che l’azienda non saprà se il lavoratore ha il green pass per avvenuta guarigione, per vaccino o per tampone negativo.

Ma per quanto riguarda i controlli del Green Pass dall’Anma, l’associazione di categoria dei medici aziendali, fanno sapere che non potranno essere coinvolti. Nel caso in cui un medico aziendale dovesse esprimere la non idoneità dei lavoratori che non risultano in possesso del pass verde infatti, spiegano dall’Anma “il lavoratore interessato potrebbe adire ad un ricorso avverso il giudizio ed è facile immaginare che gli organi competenti accoglierebbero il ricorso”.

Cosa succede ai lavoratori senza Green Pass?

Quello del Green Pass per tutti i lavoratori è un obbligo che per buona parte, se non interamente, dovrà essere fatto rispettare dalle stesse aziende nel caso dei dipendenti del settore privato. Sarà l’azienda infatti ad occuparsi dei controlli dei Green pass nel limite delle proprie possibilità, e sarà ancora l’azienda a prendere i primi provvedimenti in caso di inadempimento da parte del lavoratore.

Non abbiamo ancora il testo definitivo che stabilisce con precisione tutti i dettagli dell’estensione dell’obbligo del Green Pass per i lavoratori, ma sulla base di quel che sappiamo possiamo senza dubbio svolgere alcune considerazioni.

Per quanto riguarda i lavoratori che dovessero rifiutarsi di esibire il Green Pass, secondo la giuslavorista Tatiana Biagioni, “la disposizione più probabile in casi del genere è la sospensione della prestazione lavorativa senza retribuzione finché continuerà lo stato di emergenza. Ma il posto di lavoro non può che essere conservato”.

Abbiamo quindi un lavoratore sospeso in quanto risultato privo di Green Pass nell’ambito dei controlli svolti dalla stessa azienda. Nessuna sanzione viene comminata fino a questo punto, scatta semplicemente la sospensione senza stipendio fino al 31 dicembre 2021, cioè fino alla fine dello stato di emergenza.

Il lavoratore sospeso in quanto risultato senza Green Pass viene quindi allontanato dal posto di lavoro e rimane a casa senza stipendio. Può anche succedere però che l’azienda non effettui i dovuti controlli e che al lavoratore senza Green Pass sia permesso di lavorare ugualmente, in tal caso almeno in teoria scatterebbero le sanzioni.

Si parla di multe da 400 a 1.000 euro a carico del lavoratore privo di Green Pass ma anche per il datore di lavoro che non ha adempiuto all’obbligo di controllare e di allontanare il lavoratore senza pass.

Obbligo Green Pass preoccupa datori di lavoro e lavoratori

Quali sono i punti deboli di questo meccanismo? Ad essere preoccupati sono sia i lavoratori che i datori di lavoro anche se naturalmente per ragioni diverse. Il datore di lavoro per esempio potrebbe sfruttare a proprio vantaggio la sospensione senza stipendio prevista per chi non ha il Green Pass per allontanare eventuali dipendenti senza dover fornire particolari giustificazioni.

Ci sono però anche degli svantaggi per i datori di lavoro che al contempo rischiano di ritrovarsi senza personale da un giorno all’altro, ad esempio nell’ipotesi in cui a non voler fare il vaccino vi sia un certo numero di lavoratori.

Resta in piedi la pratica dello smart working

Non viene ancora messo da parte lo smart working, infatti lavorare da casa continua ad essere un’opzione consigliata in tutti i casi in cui è possibile metterla in atto.

Le imprese hanno quindi ancora la possibilità di mettere in smart working i propri dipendenti con mansioni compatibili con tale pratica, ma per gli altri, cioè per coloro che si recano fisicamente sul posto di lavoro, ci sarà l’obbligo del Green Pass.

Nel caso della Siemens tale obbligo scatta già a partire dal 27 settembre, ma al tempo stesso resta la possibilità di optare per lo smart working, opzione che il governo intende prorogare fino alla fine dello stato di emergenza.

Quali saranno i costi per chi non si vaccina?

L’obbligo di Green Pass sarà esteso a tutti i lavoratori del pubblico e del privato, ma non vi sarà alcun obbligo di vaccinarsi, quanto meno nessun obbligo diretto.

Il problema è che chi non vuole vaccinarsi, a meno che non possa ottenere il Green Pass per guarigione dal Covid, si trova costretto a fare un tampone ogni due giorni, e a sostenere dei costi tutt’altro che trascurabili.

L’idea infatti era quella di spingere per l’approvazione dei tamponi gratis per tutti i lavoratori per offrire una valida alternativa alla vaccinazione, ma questa proposta dei sindacati alla fine non è stata accolta dall’esecutivo il che significa che chi non si vaccina andrà a spendere come minimo dai 20 ai 40 euro a tampone.

Se ipotizziamo la necessità di sottoporsi a 3 tamponi a settimana stiamo parlano di una spesa per singolo lavoratore che si aggirerebbe al costo medio di 30 euro a tampone intorno ai 360 euro al mese. Un costo che non tutti possono sostenere ma in ogni caso si tratta di una pesante discriminazione in quanto chi non si vaccina si troverebbe costretto a pagare una sorta di ‘tassa per lavorare’.

E non si tratta solo di un costo da sostenere in termini strettamente economici, ma anche in termini di tempo in quanto sottoporsi a un tampone significa (ogni due giorni) doversi recare fisicamente presso uno dei centri autorizzati, che può essere anche una farmacia o un laboratorio di analisi, attendere il proprio turno, fare il test, aspettare il responso, pagare e tornare a casa.

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