Non accenna a migliorare la situazione economica globale con una ripresa che continua a non decollare per via di ostacoli quali scarsità di materie prime e di risorse energetiche con conseguenti rincari, carenza di manodopera ed inevitabili rallentamenti nelle catene di approvvigionamento.

L’aumento dell’inflazione cui stiamo assistendo, in questo contesto, appare come l’ultimo dei problemi che ostacolano la ripresa economica su scala globale, eppure anche questo fattore gioca un ruolo di tutt’altro che trascurabile importanza.

La crisi economica in cui si trovano tutte le più grandi potenze del mondo è legata alla gestione del Covid-19 ma gli interrogativi circa le sue reali cause non possono certo essere liquidati in modo così sbrigativo e superficiale. 

Ad essere interessati da questo fenomeno senza precedenti in tempi di pace sono tutti i più grandi Paesi del mondo, con ripercussioni evidenti sulla vita reale dei cittadini, soprattutto in quei casi in cui sono le stesse catene di approvvigionamento a non funzionare a dovere, senza contare il problema delle risorse energetiche che con l’inverno alle porte non può che acuirsi specie in quei Paesi che più dipendono dall’importazione.

Crisi catene di approvvigionamento negli Stati Uniti

Negli Usa il governo sta ancora lavorando al raggiungimento di un accordo circa la possibilità di aumentare o sospendere il tetto del debito in scadenza, eppure non è questa la principale preoccupazione per i cittadini americani che si trovano ora a fare i conti con seri problemi nei rifornimenti anche di generi base.

Mentre avanza il rischio di default per gli Stati Uniti, le navi cargo si accalcano al porto di Los Angeles, e l’attesa per lo scarico delle merci porta inevitabilmente ad una sempre più pesante carenza di vari generi e ad un aumento dei prezzi di qualsiasi prodotto.

I rivenditori hanno già iniziato ad avvertire che potrebbero mancare anche generi di base dalla carta igienica agli articoli per lo sport e il tempo libero.

E se da una parte abbiamo una lunga coda di navi container che non riescono a scaricare la propria merce, dall’altra negli Usa si stanno facendo i conti con una massiccia carenza di manodopera in particolare nel settore del tempo libero e dell’intrattenimento. Secondo quanto riportato da Money.it alla fine del mese di giugno “si sono registrate 10 milioni di offerte di lavoro, mostrando un deficit di lavoratori“.

Cina: le previsioni sulla crescita riviste al ribasso

Anche in Cina la situazione è tutt’altro che facile, con le banche di investimento Nomura e Goldman Sachs che hanno rivisto al ribasso le proprie previsioni di crescita dell’economia. L’outlook delle banche d’affari è peggiorato in particolare in seguito alle interruzioni di corrente che hanno bloccato nei giorni scorsi le fabbriche e rallentato il lavoro di carico e scarico nei porti del Paese.

Una crisi energetica senza precedenti quella che anche la Cina sta vivendo in queste settimane, e sulla quale iniziano a fioccare i commenti degli osservatori. Lauri Myllyvirta, analista del Centro indipendente per la ricerca sull’energia e l’aria pulita ha spiegato che il Paese è stato colto di sorpresa dall’improvvisa carenza di energia.

“Quando i prezzi del carburante hanno iniziato a salire sulla scia della ripresa globale, le centrali elettriche hanno ridotto gli acquisti di carbone e hanno esaurito le loro scorte per mesi” ha spiegato l’analista “ora questo ha significato che gli impianti hanno esaurito il carbone e sono riluttanti ad acquistarne di più poiché i prezzi sono saliti alle stelle”.

A frenare la ripresa in Cina contribuiscono anche gli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti, con alcune imprese che subiscono pressioni circa i limiti di inquinamento e si trovano costrette ad abbassare i ritmi della produzione.

In Germania picco di aumento dei costi dell’energia

In Germania si registra un vertiginoso aumento dei prezzi dell’energia e questo provoca una serie di rincari a catena. Sale il prezzo della benzina di circa il +20%, e il prezzo dei prodotti alimentari del +4,9%. L’inflazione cresce nel mese di settembre del +4,1%, il picco più alto da quasi 30 anni a questa parte.

Entro la fine dell’anno, stando alle previsioni della stessa Bundesbank, il tasso d’inflazione salirà al 5%. A trainare gli aumenti dei prezzi l’aumento dell’aliquota IVA dopo che era stata temporaneamente abbassata lo scorso anno per aiutare le imprese in crisi per via di chiusure e restrizioni in chiave anti Covid-19.

Le cause degli aumenti tuttavia sono da ricercarsi anche nell’incremento delle tariffe sulle emissioni inquinanti di Co2 e nella scarsità di metalli, legno e semiconduttori.

A complicare ulteriormente il quadro le crescenti proteste dei lavoratori tedeschi quali macchinisti, personale sanitario e lavoratori del settore dei camper che nelle ultime settimane hanno scioperato per chiedere salari più alti necessari per far fronte agli aumenti dei prezzi.

Per il momento in Germania la situazione è tutto sommato sotto controllo, o quanto meno non si parla ancora apertamente di crisi. Nonostante questo si fa sentire pesantemente anche la carenza di chip che complica la vita in particolare alle case automobilistiche.

In Russia inflazione al 7% ma nessun problema con risorse energetiche

A differenza di tutte le altre grandi potenze mondiali, la Russia non sta incontrando alcun problema in campo energetico. La cosa naturalmente non stupisce se si considera che si tratta del più grande esportatore netto mondiale di petrolio e gas.

Nonostante questo i problemi in campo economico non mancano, in particolare sotto due aspetti: inflazione e carenza di manodopera. In Russia infatti si registra un tasso di inflazione alimentare al 7%, un livello record negli ultimi 5 anni.

Quanto alla carenza di lavoratori, questa si registra soprattutto negli alberghi e nei ristoranti, e sembra essere legata alla crisi dei migranti in Russia. Manca però la manodopera anche nei settori dell’edilizia e dell’agricoltura, dove si registra una penuria di circa 600 mila lavoratori provenienti dall’Asia Centrale che hanno lasciato il Paese durante la fase acuta dell’emergenza Covid-19.

Regno Unito: la crisi è colpa anche della Brexit?

Dei problemi con gli approvvigionamenti si era già inziato a parlare diverse settimane fa, ed erano notizie che arrivavano in particolare dal Regno Unito. I media lo presentavano quasi come un caso isolato, e mettevano in relazione il problema con la questione Brexit.

Il Regno Unito insomma si trovava ad affrontare una lunga serie di disagi, che ora interessano tutti i più grandi Paesi del mondo, per via del divorzio dall’Ue, ma è davvero così? Può aver inciso sotto alcuni aspetti ma, evidentemente, quello che sta accadendo tanto in Gran Bretagna quanto nel resto del mondo ha origini da ricercare altrove.

Il problema della mancanza di lavoratori nel settore del trasporto merci viene correlato in particolare alla Brexit, anche per via del fatto che molti camionisti che ora mancano all’appello erano lavoratori UE, ed ora sono quindi fuori dal mercato e tenuti pertanto a rispettare regole più severe per l’ingresso.

In Regno Unito si registrano inoltre code chilometriche alle stazioni di servizio dove gli autisti sperano di accaparrarsi un pieno vista la scarsità dei rifornimenti. La carenza di benzina sta penalizzando pesantemente la ripresa economica del Paese ma non è l’unico fattore.

Attualmente l’economia britannica si trova ancora sotto i livelli di prima del Covid del 3,5% circa, mentre la produzione risulta ancora del 2,5% al di sotto del precedente massimo registrato a fine 2019.

I consumatori, compresi quelli che sono riusciti ad accumulare grossi risparmi negli ultimi 18 mesi, secondo le previsioni diventeranno più cauti nelle loro abitudini di acquisto. Ad incidere sui consumi frenandoli è anche l’aumento dei prezzi,  con un tasso di inflazione che secondo le stime della Bank of England potrebbe raggiungere entro la fine dell’anno il 4%.

In Australia mancano legname, acciaio e altri materiali

In Australia la carenza di materie prime si fa sentire ed incide negativamente specie sull’industria edile. A mancare infatti sono soprattutto legname, acciaio e altri materiali necessari per l’ediliza, motivo per cui i costruttori stanno riscontrando enormi difficoltà a tenere il passo con la domanda.

I prezzi delle case sono infatti in aumento al loro tasso più veloce dal 1989 proprio per via della rapida crescita della domanda e per via degli stimoli del Governo. Le imprese costruttrici nel frattempo non solo riscontrano problemi nel trovare i materiali di cui hanno bisogno, ma si trovano anche a pagare prezzi molto più elevati per le forniture.

Questo contenuto non deve essere considerato un consiglio di investimento. Non offriamo alcun tipo di consulenza finanziaria. L’articolo ha uno scopo soltanto informativo e alcuni contenuti sono Comunicati Stampa scritti direttamente dai nostri Clienti.
I lettori sono tenuti pertanto a effettuare le proprie ricerche per verificare l’aggiornamento dei dati. Questo sito NON è responsabile, direttamente o indirettamente, per qualsivoglia danno o perdita, reale o presunta, causata dall'utilizzo di qualunque contenuto o servizio menzionato sul sito https://www.borsainside.com.