Dopo i rincari sulle bollette di gas e luce e il caro-benzina entro dicembre anche la stangata sulla pasta

Un aumento dei prezzi, per quel che riguarda la pasta, in realtà c’è già stato nel corso dei mesi passati, e per rendersene conto basta fare un giro tra gli scaffali di qualsiasi supermercato in qualsiasi Regione del Paese. Il punto è però che questi aumenti, comunque tutt’altro che irrilevanti, sono destinati ad essere seguiti da ulteriori rincari molto più consistenti nelle settimane a venire.

Per ora gli aumenti del prezzo della pasta che riscontriamo nei supermercati sono nell’ordine di qualche centesimo, ma non dimentichiamo che la pasta è un bene di largo consumo i cui costi sono sempre stati molto contenuti.

Il vero rincaro però si registrerà, secondo gli esperti, entro le prime settimane di dicembre, insomma a ridosso del Natale. Si tratterà, stando a quanto riportato da Il Giornale, di aumenti fino a 20 centesimi al pacco, quindi per le famiglie italiane, specie in questo periodo dell’anno, sarà una vera e propria stangata.

L’aumento interesserà infatti uno dei beni di primissima necessità, e sarà quantificabile intorno al 20%. La causa? In parte sembra dipenda dal cambiamento climatico, o quantomeno questa è la spiegazione addotta da alcuni produttori.

Un così sostanzioso aumento del prezzo della pasta risulta tanto più preoccupante quanto maggiore è l’importanza del bene in questione, e in questo caso parliamo di un prodotto del quale gli Italiani sono il maggior consumatore su scala mondiale.

In Italia secondo alcune statistiche ogni cittadino consuma mediamente tra i 23 e i 24 chili di pasta all’anno, contro i 17 chili circa consumati in Tunisia. Il nostro Paese insomma non teme rivali quanto a consumo di pasta, il che significa che saremo i consumatori più penalizzato da questo ulteriore rincaro.

Anche in questo caso siamo di fronte ad un evento senza precedenti nella storia recente, un evento che tra l’altro preoccupa anche gli esperti, i quali sono arrivati a parlare di “inflazione dei carboidrati”.

E tuttavia si tratta di una strada già imboccata alcuni mesi fa, anche se gli effetti dell’aumento dei prezzi dei prodotti cerearicoli sulla grande distribuzione stiamo iniziando a vederli da poco.

Ricordiamo infatti che l’indice dei prezzi stilato dalla Fao per il mese di agosto ha segnato un +3,4% rispetto al mese di luglio. Sembrerebbe poca cosa ad un ‘occhio inesperto’ ma in relatà se ampliamo lo spettro di analisi e consideriamo una finestra temporale che abbraccia l’intero arco temporale dell’anno scopriamo che complessivamente gli aumenti hanno superato il 30%.

La causa principale sembra sia il drastico calo della produzione in Canada, primo produttore di cereali al mondo, e primo fornitore dell’Italia. I motivi del calo sarebbero da ricondurre ancora una volta ai cambiamenti climatici, ed ora la carenza di grano duro a livello globale sta determinando l’aumento del prezzo di vendita di molti beni di prima necessità, tra cui la pasta appunto.

Ma a subire forti rincari non è solo la pasta naturalmente, troviamo anche il pane, che rischia di subire rincari simili, e allo stesso modo i dolci. L’aumento dei prezzi determinato dalla carenza di materie prime cui stiamo assistendo sta preoccupando tanto i consumatori quanto i produttori, basti pensare che in Campania i rincari potrebbero essere talmente pesanti da portare il prezzo del pane fino a 1 euro al chilo.

E quale potrebbe essere la soluzione? Sembra di fare un salto nel passato ad ascoltare il suggerimento di Coldiretti. “Con una adeguata programmazione che consenta di aumentare la produzione di grano duro italiano in una situazione in cui l’Italia importa circa il 40% del grano di cui ha bisogno” si potrebbe risolvere il problema secondo l’associazione dei coltivatori diretti.

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